Cass. Civ. Lav. 21 luglio 2015, n. 15218
Svolgimento del processo
Con sentenza 23/2/09 la Corte d'Appello di Napoli, in riforma della pronuncia resa dal giudice di
prima istanza, dichiarava l'illegittimità della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con
privazione della retribuzione per quattro giorni, irrogata dal Comune di Lauro nei confronti di
P.A.M. con provvedimento in data 4/7/03, per violazione consistita nell'aver disatteso la specifica
disposizione impartitale dal dirigente di usufruire di un protocollo interno del settore di competenza
per il deposito di documentazione attinente ad una pratica relativa ad un invalido, avendo la
dipendente affidato a persona estranea alla Amministrazione, i documenti da recapitare al protocollo
generale.
La Corte territoriale fondava il proprio convincimento essenzialmente sul rilievo della intervenuta
violazione dell'obbligo di affissione del codice disciplinare sancito dalla L. 20 maggio 1970 n. 300,
art. 7.
Osservava che nella specie si verteva in tema di applicazione di una sanzione conservativa; che il
Comune non aveva dedotto né tantomeno provato, di aver pubblicizzato mediante affissione in
luogo accessibile a tutti, il codice disciplinare (così come previsto dall'art. 23 comparto regioniautonomie
locali); che detto adempimento, diversamente dall'ipotesi di contestazione di
comportamenti contrari agli interessi dell'impresa o ai doveri morali generalmente condivisi, era
irrinunciabile, non essendo oggetto di addebito, fattispecie integranti ipotesi di reato o violazione di
regole elementari di vita, bensì illeciti consistiti nella violazione di prescrizioni strettamente
attinenti all'organizzazione datoriale.
Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione il Comune di Lauro affidato a tre motivi.
P.A.M. non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si denuncia, ex art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 2697
c.c., art. 7 L. 20 maggio 1970 n. 300, artt. 112- 420- 421 c.p.c. nonché difetto di motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c.
Si critica la decisione impugnata per aver argomentato in ordine alla mancata allegazione della
affissione in luogo accessibile a tutti, del codice disciplinare, tralasciando di considerare che in sede
di memoria di costituzione nel giudizio di primo grado, era stata espressamente dedotta la
circostanza della intervenuta affissione della normativa del c.c.n.l. applicabile ratione temporis
relativa alle infrazioni e sanzioni disciplinari, era stata regolarmente affissa nell'Albo Pretorio, e che
detta circostanza non era stata oggetto di contestazione ex adverso.
Con il secondo mezzo di impugnazione, si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c.,
art. 7 L. 20 maggio 1970 n. 300, nonché difetto di motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio.
Parte ricorrente stigmatizza l'argomentare dei giudici del gravame, laddove hanno reputato
l'adempimento concernente l'affissione del codice disciplinare in luogo visibile a tutti, come
indefettibile ai fini della validità della sanzione irrogata e si richiama all'orientamento espresso in
sede di legittimità che estende l'interpretazione flessibile dell'art. 7 L. 300/70 (secondo cui la
pubblicità del codice disciplinare non è necessaria se la mancanza addebitata dipende dalla
violazione di norme di legge e, comunque, di doveri fondamentali del lavoratore), anche alle
sanzioni disciplinari conservative.
Con il terzo motivo si denuncia, ex art. 360 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 47 e
55 d.lgs. 30 marzo 2001 n.165 nonché dell'art. 7 L. 20 maggio 1970 n. 300.
Si lamenta che la sentenza impugnata abbia tralasciato di considerare il dettato normativo di cui
all'art. 47 comma 8 d.lgsl. 165/01, alla cui stregua per i contratti collettivi di lavoro nel pubblico
impiego privatizzato, è prescritta la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Si osserva, quindi, che i
contratti collettivi di lavoro nella P.A. sono atti normativi che configurano una categoria di fonti di
diritto oggettivo ed, in quanto tali, non rendono necessario l'obbligo di procedere alla pubblica
affissione.
I motivi, che per presupporre la soluzione di questioni giuridiche fra loro connesse possono essere
esaminati congiuntamente, sono infondati.
Occorre premettere che giurisprudenza di questa Corte, anche relativamente alle sanzioni
disciplinari conservative - e non per le sole sanzioni espulsive - ha ritenuto che, in tutti i casi nei
quali il comportamento sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito,
perché contrario al c.d. minimo etico o a norme di rilevanza penale, non sia necessario provvedere
alla affissione del codice disciplinare, in quanto il lavoratore ben può rendersi conto, anche al di là
di una analitica predeterminazione dei comportamenti vietati e delle relative sanzioni da parte del
codice disciplinare, della illiceità della propria condotta (vedi ex plurimis, Cass. 27 gennaio 2011 n.
1926).
Da quanto esposto emerge, tuttavia, che quando la condotta contestata al lavoratore appaia
violatrice non di generali obblighi di legge ma di puntuali regole comportamentali negozialmente
previste e funzionali al miglior svolgimento del rapporto di lavoro, l'affissione si presenta
necessaria.
Orbene, in linea con tale orientamento, la Corte territoriale, muovendo dalla constatazione che,
nella specie, la contestazione riguardava illeciti consistenti nella violazione di prescrizioni
strettamente attinenti alla organizzazione aziendale, ha ritenuto la essenzialità della affissione del
codice disciplinare.
Va inoltre, considerato che, in tema di procedimento disciplinare nei confronti di dipendenti
pubblici, la disposizione di cui all'art. 25, n.10, del c.c.n.l. del 6 luglio 1995 per il personale degli
enti locali- prevede che al codice disciplinare deve essere data la massima pubblicità mediante
affissione in luogo accessibile a tutti i dipendenti. La particolare disciplina contenuta nel CCNL di
settore - di natura pubblicistica e quindi oggetto di accertamento ed interpretazione diretta da parte
della Corte di Cassazione - prevede che al codice disciplinare deve essere data una particolare
forma di pubblicità, che è tassativa e non può essere sostituita con altre (vedi, in tali sensi, Cass. 23
marzo 2010 n. 6976).
In tale prospettiva resta superato anche il rilievo sollevato dal ricorrente con riferimento alla natura
"normativa" dei contratti collettivi di lavoro nelle pubbliche amministrazione, che sono l'esito di un
procedimento regolato ex lege (art. 47 d.lgsl. n. 165/01) la cui efficacia si perfezione con la
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Non può, infatti, ritenersi in questa sede invocabile il principio, pur enunciato da questa Corte, alla
cui stregua la previsione nella disposizione di legge, pubblicata nella Gazzetta ufficiale, è
sufficiente alla conoscenza da parte della generalità e rende inutile la suddetta affissione (vedi Cass.
8 gennaio 2007 n. 56).
Ciò in quanto è il contenuto stesso della disposizione collettiva che disciplina la fattispecie
scrutinata - relativa all'obbligo di idonea pubblicità del codice disciplinare - che palesa come
inderogabile siffatto obbligo, e rende inapplicabile sia quella giurisprudenza la quale ha ritenuto non
necessaria l'affissione del codice disciplinare quando la violazione è percepita come tale dal senso
comune o in base ai principi generali (vedi Cass. cit. n. 6976/10), sia quell'orientamento che sulla
natura "normativa" delle disposizioni collettive di comparto, fonda il giudizio di non necessità della
affissione del codice disciplinare in luogo accessibile a tutti.
Conclusivamente, essendo la norma pattizia chiara nel senso di negare che la pubblicazione per
affissione ammetta equipollenti, deve ritenersi che la statuizione della Corte di Appello, che su detta
disposizione si fonda (vedi pag. 5), è ineccepibile e si sottrae alle censure svolte.
Né, onde pervenire a diverse conclusioni, può aderirsi alla tesi prospettata con il primo motivo di
doglianza, secondo cui sarebbe stato onere della lavoratrice contestare la allegazione contenuta in
sede di memoria di costituzione nel giudizio di primo grado, e relativa alla circostanza della
intervenuta affissione della normativa del c.c.n.l. applicabile ratione temporis concernente le
infrazioni e sanzioni disciplinari nell'Albo Pretorio, oltre che fornire prova contraria.
Nella specie, infatti, nel ricorso introduttivo la P. ha lamentato la mancata affissione del codice
disciplinare con la conseguenza che, di fronte a tale doglianza, era onere del Comune convenuto
non solo contestare tale assunto, ma anche fornire la prova del relativo adempimento (vedi ex
plurimis, Cass. n. 4572 del 1995), ciò che non è avvenuto.
In definitiva, sotto tutti i profili delineati, il ricorso si presenta privo di pregio e va pertanto respinto.
Nessuna statuizione va emessa in punto spese, non avendo l'intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.