SENTENZA
CORTE CASSAZIONE
31
gennaio 2014, n. 5009
LA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA
SEZIONE PENALE
Composta
dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Presidente:
Gaetanino
ZECCA
Consigliere:
Fausto
IZZO, Felicetta MARINELLI, Salvatore DOVERE
Rel.
Consigliere:
Eugenia
SERRAO
ha pronunciato
la seguente
Sentenza
Ritenuto
in fatto
1.
Il 22/04/2013 la Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza
emessa il 3/05/2011 dal Tribunale di Benevento, con cui A. A. era
stato dichiarato colpevole del reato di cui all'art. 186 d.lgs. 30
aprile 1992, n. 285 per aver circolato alla guida di un'autovettura
in stato di ebbrezza con tasso accertato pari a g/I 1,65 e
condannato, previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena
di mesi 2 di arresto ed euro 2.000,00 di ammenda, con sospensione
della patente per anni 1 e confisca dell'autovettura.
2.
Ricorre per cassazione A. A. sulla base dei seguenti motivi:
a)
inosservanza dell'art.
114 disp. att. cod. proc. pen. in relazione
all'art. 356 cod. proc. pen. per omessa
informativa, al momento dell'esame del tasso alcolemico, della
facoltà di farsi assistere da un difensore. Il ricorrente,
evidenziando come nel verbale redatto dalla Polizia Giudiziaria sia
stata indicata erroneamente la data del fatto e sia stato attestato
che il controllo del tasso alcolemico era
stato eseguito nell'immediatezza del fatto, nonostante tale
operazione fosse stata eseguita a distanza di tre ore e mezza,
ritiene che gli agenti avrebbero barrato la casella riguardante
l'avviso al difensore in modo automatico, senza procedere
effettivamente a tale adempimento;
b)
inosservanza ed
erronea applicazione dell'art. 186 cod. strada per avere la sentenza
indicato che il ricorrente, trasportato in ospedale, si era rifiutato
di sottoporsi all'accertamento del tasso alcolemico, senza
tuttavia prendere in considerazione l'ipotesi prevista dall'art. 186,
comma 7, cod. strada;
c)
vizio motivazionale,
per avere la sentenza ritenuto accertata la sussistenza del reato
nonostante avesse dato atto che il sinistro si era verificato alle
4:35 mentre il primo controllo del tasso alcolemico era
avvenuto alle 8:13, con una frattura di continuità tra la guida
dell'auto e l'alcoltest che rendeva impossibile raggiungere la
certezza sul dato quantitativo della concentrazione alveolare. Il
giudice di merito, si assume, avrebbe giustificato la pronuncia di
condanna sostenendo che il lasso di tempo trascorso non fosse
imputabile ai Carabinieri in quanto l'imputato si era rifiutato di
sottoporsi all'esame quando era in ospedale, ma quest'ultimo aveva
appreso di dovervisi sottoporre solo una volta tornato sul luogo del
sinistro ed era, per contro, obbligo della polizia giudiziaria
acquisire il referto redatto in ospedale. La sentenza impugnata, pur
prendendo in esame tali circostanze, nonché la dichiarazione
dell'imputato di' aver ingerito un caffè corretto una volta uscito
dall'ospedale, aveva illogicamente ritenuto valido il valore
accertato dopo quattro ore dal fermo;
d)
erronea applicazione
delle statuizioni relative al giudizio di comparazione.
La
sentenza impugnata, secondo il ricorrente, ha negato la richiesta
modifica del trattamento sanzionatorio richiamando la condotta
dell'imputato, che tuttavia non ha cagionato alcun incidente ed è
ritornato spontaneamente sul luogo del sinistro sottoponendosi
all'alcoltest, con soluzione disancorata dalle risultanze processuali
e dai requisiti soggettivi.
3.
Con nota pervenuta il 9/01/2014 il difensore del ricorrente ha
formulato istanza di rinvio per impedimento della parte, allegando
certificato medico.
Considerato
in diritto
1.
Occorre, preliminarmente, considerare che il termine di prescrizione
del reato contravvenzionale previsto dall'art. 186 cod. strada,
commesso in data 25/12/2008, alla data odierna non risulta spirato in
ragione della sospensione del processo dal 12/04/2011 al 3/05/2011.
Tale sospensione è stata disposta, come emerge dal verbale
dell'udienza del 12/04/2011, a seguito della richiesta istruttoria di
esame dell'imputato contumace formulata dalla difesa, su istanza di
rinvio presentata dal difensore dell'imputato al fine di procedere
all'esame di quest'ultimo. Trattasi, quindi, di sospensione del
processo che incide, sospendendolo, sul corso di prescrizione del
reato a norma dell'art. 159, comma 1, n. 3 cod. pen., non
essendo il rinvio riconducibile ad altre, concomitanti, ragioni o
richieste di rinvio (Sez. 1, n. 27676 del 17/05/2013, Fiumara, Rv.
256363; Sez. 5, n. 49647 del 02/10/2009, Delli Santi, Rv.
245823; per la distinzione tra le diverse ipotesi di cui all'art.
159, comma 1, n. 3 cod. pen. Sez. 3, n. 45968 del 27/10/2011,
Diso, Rv. 251629).
2.
Risulta, poi, inapplicabile nel giudizio di cassazione la norma
dettata dall'art. 420 ter cod. proc. pen., che
impone il rinvio dell'udienza preliminare qualora risulti il
legittimo impedimento dell'imputato. Né è prevista da alcuna norma
la presenza dell'imputato all'udienza pubblica dinanzi alla Corte di
Cassazione, espressamente disciplinata per il giudizio camerale dagli
artt. 127 e 599 cod. proc. pen., tanto
più che, come affermato con riferimento al previgente art. 536
cod. proc. pen., il
concetto di assistenza difensiva non si identifica necessariamente in
quello di presenza personale dell'imputato nel giudizio, ma va inteso
come inderogabile garanzia della possibilità di difesa, che nel
giudizio innanzi alla Corte di Cassazione è ampiamente assicurata
attraverso il riconoscimento e la tutela di vari diritti processuali
connessi, appunto, alla assistenza difensiva (Sez. 1, n. 15479 del
22/03/1988, dep. 11/11/1989, Fochetti, Rv. 182483).
3.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
3.1.
Nel caso in cui l'accertamento del tasso alcolemico muova
dalla ritenuta emersione di una notizia di reato, esso si concreta in
un atto di polizia giudiziaria urgente ed indifferibile, da
ricondursi alla tipologia richiamata dall'art. 354, comma 3,
cod. proc. pen.; di
conseguenza, in ragione del disposto dell'art. 114 disp. att.
cod. proc .pen.,
la polizia giudiziaria, nel compimento dell'atto, avverte la persona
sottoposta alle indagini che ha facoltà di farsi assistere dal
difensore di fiducia, senza che sia necessario procedere alla nomina
di un difensore d'ufficio, qualora quello di fiducia non sia stato
nominato o, nominato, non sia comparso, per procedere
nell'accertamento. La giurisprudenza di legittimità è consolidata
nel senso che la violazione del disposto dell'art. 114 disp. att.
cod. proc. pen. dia luogo
ad una nullità di ordine generale ma non assoluta e richiama l'art.
182, comma 2, cod. proc. pen. per affermare
che tale nullità deve essere eccepita prima del compimento dell'atto
ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo, senza
attendere il compimento del primo atto successivo. La nullità in
parola può essere anche rilevata d'ufficio, secondo quanto previsto
dall'art. 182 cod. proc. pen., ma
ciò non è possibile quando la parte sia decaduta dalla possibilità
di proporre la relativa eccezione e comunque quando la nullità si
sia sanata. Nel caso in esame, peraltro, a prescindere dalla
sanatoria e dalla preclusione derivanti dal fatto che non risulta
dedotto che il difensore abbia eccepito la nullità nei termini
sopra indicati, essendosi limitato a menzionarla tra i motivi di
appello (Sez. 4, n. 31358 del 4/07/2013, Rotani, Rv.
256213; Sez. 4, n. 38003 del 19/09/2012, Avventuroso, Rv.
254374), il ricorrente non contesta che il verbale di accertamento
urgente redatto ai sensi dell'art. 354, comma 3,
cod. proc. pen. dai Carabinieri
della Compagnia di Montesarchio, in atti, indichi che al conducente è
stato formulato l'avviso di cui all'art. 114 disp. att.
cod. proc.pen., così
come correttamente riportato nel provvedimento impugnato, ma ipotizza
che quanto attestato dal pubblico ufficiale redigente non corrisponda
al vero. Trattasi, peraltro, di atto pubblico che fa fede fino a
querela di falso dei fatti che siano caduti sotto la percezione
diretta dell'autore o che siano dallo stesso riferiti; la non
corrispondenza al vero di quanto ivi attestato avrebbe dovuto,
quindi, essere accertata previa rituale proposizione di querela di
falso dinanzi al giudice di merito, al quale è stata invece eccepita
la mera inutilizzabilità dell'esame tecnico.
4.
Il secondo motivo è manifestamente infondato.
4.1.
Il ricorrente si duole dell'errata sussunzione del fatto nell'ipotesi
prevista e disciplinata dall'art. 186, comma 2, anziché nell'ipotesi
prevista dall'art. 186, comma 7, cod. strada, emergendo dalla stessa
sentenza impugnata che l'imputato si sarebbe rifiutato di sottoporsi
all'accertamento del tasso alcolemico al
momento del ricovero.
4.2.
Come anche di recente affermato da questa Corte (Sez. 4, n. 6755 del
06/11/2012, dep. 11/02/2013, Guardabascio, Rv.
254931), la richiesta degli organi di polizia giudiziaria di
effettuare l'analisi del tasso alcolemico, in presenza di un
dissenso espresso dell'interessato, è illegittima e, quindi,
l'eventuale accertamento, comunque effettuato a mezzo del prelievo
ematico da parte dei sanitari, è inutilizzabile ai fini
dell'affermazione di responsabilità per una delle ipotesi di reato
previste dall'art. 186, comma 2, cod. strada (Sez. 4, n. 26108 del
16/05/2012, Pesaresi, Rv. 253596 secondo cui i risultati del
prelievo ematico effettuato per le terapie di pronto soccorso
successive ad incidente stradale e non preordinato a fini di prova
della responsabilità penale sono utilizzabili per l'accertamento del
reato di guida in stato di ebbrezza, senza che rilevi l'assenza di
consenso dell'interessato. In applicazione di tale principio la Corte
ha affermato che, per il suo carattere invasivo, il conducente può
opporre un rifiuto al prelievo ematico se sia finalizzato
esclusivamente all'accertamento della presenza di alcol nel sangue).
4.3.
Ma è bene ricordare che la Corte Costituzionale, nella motivazione
della sentenza con cui ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
dell'art. 224 cod. proc. pen. (Corte Cost. n. 238 del
9/07/1996), nel momento in cui censurava la genericità della
disciplina del rito penale, ha segnalato come invece, ".... in
un diverso contesto, che è quello del nuovo codice della strada
(artt. 186 e 187), il legislatore - operando specificamente il
bilanciamento tra l'esigenza probatoria di accertamento del reato e
la garanzia costituzionale della libertà personale - abbia dettato
una disciplina specifica (e settoriale) dell'accertamento (sulla
persona del conducente in apparente stato di ebbrezza alcolica o di
assunzione di sostanze stupefacenti) della concentrazione di alcool
nell'aria alveolare espirata e del prelievo di campioni di liquidi
biologici, prevedendo in entrambi i casi la possibilità del rifiuto
dell'accertamento, ma con la comminatoria di una sanzione penale per
tale indisponibilità del conducente ad offrirsi e cooperare
all'acquisizione probatoria.
4.4.
Ora, secondo quanto dedotto dallo stesso ricorrente, non risulta che
egli abbia opposto un rifiuto a sottoporsi all'esame del
tasso alcolemico a
mezzo etilometro, emergendo con evidenza la corretta sussunzione
della condotta al medesimo ascrivibile nella disciplina dettata
dall'art. 186, comma 2, cod. strada piuttosto che nell'alveo della
diversa ipotesi di reato prevista e disciplinata dall'art. 186, comma
7, cod. strada che, come detto, presuppone la totale indisponibilità
del conducente a cooperare all'acquisizione probatoria.
5.
Il terzo motivo di ricorso è infondato.
5.1.
La sentenza impugnata, premesso che l'imputato era stato fermato per
aver invaso con la propria autovettura l'opposta corsia di marcia
investendo altro veicolo e che lo stato di ebbrezza alcolica del
conducente di un autoveicolo può essere provato con qualsiasi mezzo
e che non è, dunque, indispensabile l'utilizzo della strumentazione
e della procedura indicate dall'art. 379 del regolamento di
attuazione cod. strada, è giunta con motivazione congrua ed esente
da illogicità a desumere lo stato di ebbrezza dell'appellante dagli
elementi indiziari, specificamente indicati a pag. 3, concretati
dalle difficoltà di espressione e di coordinamento descritte dagli
agenti della polizia giudiziaria, dal fatto che l'esame mediante
etilometro fosse stato eseguito a distanza di tre ore e mezza
dall'incidente a seguito del rifiuto dell'indagato di sottoporsi
all'esame ematico richiesto dai Carabinieri, dal risultato dell'esame
che, pur a distanza di tempo, indicava un tasso di alcol nel sangue
elevato, dall'assenza di prova che l'imputato avesse, come da lui
solo dichiarato, bevuto un caffè corretto alla sambuca appena uscito
dall'ospedale.
5.2.
Deve, in proposito, essere ribadito il principio già affermato nella
giurisprudenza di questa Corte per cui, ai fini della configurazione
del reato di guida in stato di ebbrezza, tale stato può essere
accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste dall'art. 186
cod. strada, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica,
indipendentemente dall'accertamento strumentale, dovendosi comunque
ravvisare l'ipotesi più lieve, priva di rilievo penale, quando, pur
risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia
possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la
condotta dell'agente rientri nell'ambito di una delle due altre
ipotesi, che conservano rilievo penale (Sez. 4, n. 28787 del
09/06/2011, P.G. in proc. Rata, Rv. 250714; Sez. 4,
Sentenza n. 45122 del 06/11/2008, Corzani, Rv. 241764).
Tale principio può essere ulteriormente sviluppato, con la
precisazione che il decorso di un intervallo temporale di alcune ore
tra la condotta di guida incriminata e l'esecuzione del
test alcolemico rende
necessario, ai fini della sussunzione del fatto in una delle due
ipotesi di rilievo penale, verificare la presenza di altri elementi
indiziari. La motivazione espressa dalla Corte territoriale risulta
esente da contraddittorietà proprio perché, tenendo conto del lasso
di tempo intercorso tra l'incidente e l'esame alcolemico, ha
fornito adeguata giustificazione del percorso logico seguito per
pervenire alla conferma della sentenza di primo grado, applicando
correttamente il principio indicato e pervenendo alla sussunzione del
fatto nella più grave delle ipotesi disciplinate dall'art. 186,
comma 2, cod. strada in ragione del concorrente accertamento di una
serie di elementi indiziari idonei a corroborare il dato, acquisito
mediante etilometro, di un tasso alcolemico superiore
a g/I 1,65.
6.
Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
6.1.
La censura risulta genericamente formulata e deduce come ipotesi di
violazione di legge una critica al provvedimento impugnato tendente
ad ottenere una diversa valutazione della determinazione della pena e
dei benefici applicabili. La mancanza di specificità del motivo, in
vero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa
come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra
le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell'impugnazione, non potendo il ricorrente ignorare
l'esplicitazione del giudice censurato senza cadere nel vizio
di aspecificità conducente,
mente dell'art. 591, comma 1, lett. c)
cod. proc. pen. all'inammissibilità.
6.2.
Trattasi, inoltre, di censura che concerne un giudizio, quale quello
riguardante la determinazione della pena e la concessione dei
benefici come la sospensione condizionale, riservato al giudice di
merito ed insindacabile in sede di legittimità ove, come nel caso in
esame, congruamente motivato.
7.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato con la conseguente
condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., al
pagamento delle spese processuali.
Per
questi motivi
Rigettata
l'istanza di rinvio, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così
deciso il 10 gennaio 2014.
Il
Presidente: ZECCA
Il
Consigliere estensore: SERRAO
Depositato
in Cancelleria il 31 gennaio 2014.
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