Corte
costituzionale 18/7/2013 n. 203; Pres. Gallo, F., Rel. Cartabia, M.
Natura
giuridica
2.
Congedo straordinario - Assistenza di portatore di handicap grave -
Soggetti aventi diritto - Art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del
2001 - Illegittimità costituzionale
1.
Il congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n.
151/2001, fruibile per l’assistenza delle persone portatrici di
handicap grave, costituisce uno strumento di politica
socio-assistenziale, basato sia sul riconoscimento della cura
prestata dai congiunti sia sulla valorizzazione delle relazioni di
solidarietà interpersonale e intergenerazionale, di cui la famiglia
costituisce esperienza primaria in base alle norme costituzionali.
2.
E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 42, comma 5, del d.lgs.
n. 151 del 2001 nella parte in cui non include nel novero dei
soggetti legittimati a fruire del congedo, il parente o l’affine
entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o in
presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati
dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona
in situazione di disabilità grave.
(Omissis)
Ritenuto
in fatto
1.–
Con ordinanza del 7 novembre 2012, il Tribunale amministrativo
regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, ha
sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo
42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo
unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno
della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8
marzo 2000, n. 53), per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32, 118,
quarto comma, nonché 4 e 35 della Costituzione.
L’art.
42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 rubricato «Riposi e permessi
per i figli con handicap grave» prevede, nel testo in vigore, che:
«Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di
gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5
febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al
comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro
sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in
presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto
a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di
decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e
della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei
figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di
patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del
congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi».
Ad
avviso del Tribunale rimettente, la norma contrasterebbe con i citati
parametri costituzionali «nella parte in cui, in assenza di altri
soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di
persona con handicap in situazione di gravità, debitamente
accertata, di poter fruire del congedo straordinario; solo in via
subordinata, «nella parte in cui non include nel novero dei soggetti
legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo
grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi
cura della persona in situazione di disabilità grave, debitamente
accertata».
1.1.–
Il giudizio principale ha a oggetto il ricorso promosso da F.U.,
assistente capo di Polizia penitenziaria in servizio presso la casa
circondariale di Palmi, contro due decreti del Ministero della
giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria,
Direzione generale del personale e della formazione.
Con
il primo decreto l’amministrazione ha rigettato l’istanza di
trasferimento, presentata da F.U., ai sensi della legge 5 febbraio
1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione
sociale e i diritti delle persone handicappate), per poter assistere
il proprio zio materno S.A., nominato nel 1985 protutore e fattosi
carico del mantenimento del ricorrente, rimasto orfano, con lui
convivente. La domanda di annullamento di questo primo decreto è
stata definita con sentenza parziale.
Con
il secondo decreto l’ufficio dell’organizzazione delle relazioni
del personale e della formazione del Ministero della giustizia aveva
annullato ex tunc due provvedimenti con i quali il ricorrente era
stato collocato in congedo straordinario per assistenza a disabile in
situazione di gravità per un totale di 120 giorni. Con lo stesso
decreto era stata disposta nei confronti del sig. F.U. la contestuale
decadenza da ogni trattamento economico.
L’istanza
è stata rigettata, afferma il TAR, innanzitutto, per il fatto che
S.A. non era il padre, come affermato dal ricorrente, ma il marito
della sorella della madre; in secondo luogo, poiché S.A., essendosi
rivelato lo zio, non rientrava nel novero dei congiunti disabili, per
i quali l’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 prevede il
beneficio del congedo straordinario a favore del lavoratore che con
lui convive.
Il
sig. F.U. afferma di aver utilizzato l’appellativo di padre e non
di zio per un’abitudine basata su un legame affettivo rafforzato
dalle particolari vicende della sua vita, e comunque sottolinea che
la diversità dei cognomi escludeva ogni possibilità di equivoco per
l’amministrazione. Ciò premesso sostiene che la particolare
posizione di S.A. potrebbe farsi rientrare nell’ambito dei soggetti
individuati dall’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001, tenuto conto
anche del fatto che nessun altro familiare può farsi carico
dell’assistenza dello zio. In subordine, il ricorrente eccepisce
l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs.
n. 151 del 2001 per violazione degli artt. 2, 3, 29 e 32 Cost.
2.–
Il Tribunale rimettente, premesso che gli elementi evidenziati nel
ricorso inducono a ritenere che vi sia stato un involontario errore
materiale, indotto dalle particolari vicissitudini della sua vita,
non aderisce alla proposta del ricorrente secondo cui dovrebbe essere
accolta un’interpretazione estensiva della disposizione richiamata,
in modo da ricomprendere, tra i soggetti che possono fruire del
beneficio, in assenza di parenti o affini espressamente inclusi nel
comma 5 dell’art. 42, anche i nipoti conviventi. Tale beneficio,
infatti, determinerebbe una deroga rispetto alla disciplina generale
del rapporto di lavoro, cosicché le ipotesi di congedo straordinario
retribuito contemplate dalla legge sarebbero da considerarsi
tassative.
Esclusa
la possibilità di una interpretazione estensiva, capace di portare
all’ammissione di detto beneficio a favore di un ulteriore soggetto
non previsto ex lege, il Tribunale ritiene che sussistano i
presupposti per dubitare della legittimità costituzionale della
norma in esame.
2.1.–
Il giudice a quo ravvisa la rilevanza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001,
in quanto la pretesa azionata dal ricorrente deve essere esaminata
necessariamente in riferimento alla disposizione censurata che –
così come formulata e stante l’impossibilità di attribuirle un
significato diverso e più ampio – non gli consentirebbe di
mantenere il congedo parentale retribuito, espressamente previsto
solo per coniuge, genitore, figlio, fratello o sorella convivente di
soggetto con handicap in situazione di gravità accertata, laddove il
provvedimento impugnato si regge proprio sulla mancata inclusione del
nipote (affine di terzo grado in via collaterale) nel novero dei
lavoratori legittimati.
Il
TAR precisa, inoltre, che il testo dell’art. 42, comma 5, del
d.lgs. n. 151 del 2001 nella sua formulazione attuale non contiene,
con riguardo ai soggetti legittimati a chiedere il congedo,
previsioni rilevanti in relazione alla posizione del ricorrente
nemmeno in seguito all’inserimento, tramite il decreto legislativo
18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell’articolo 23 della legge 4
novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino
della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi), dei
commi 5-bis, 5-ter, 5-quater e 5-quinquies, finalizzati a recepire
gli interventi additivi della Corte costituzionale.
Alla
luce di tale quadro normativo, il giudice a quo ritiene che il
ricorso dovrebbe essere rigettato, conseguendone la rilevanza della
prospettata questione di costituzionalità.
2.2.–
Quanto alla non manifesta infondatezza, il Tribunale rimettente
osserva che la disposizione impugnata viola gli artt. 2, 3, 4, 29,
32, 35 e 118, quarto comma, Cost.
Il
TAR ricorda che la Corte costituzionale, con le sentenze n. 233 del
2005, n. 158 del 2007 e n. 19 del 2009, ha esteso il novero dei
soggetti legittimati al beneficio, sottolineando che la ratio
dell’istituto in esame consiste essenzialmente nel favorire
l’assistenza al disabile grave in ambito familiare e
nell’assicurare continuità nelle cure e nell’assistenza.
3.–
Alla luce di tali premesse, secondo il giudice, l’esclusione del
nipote convivente del disabile dal novero dei soggetti legittimati a
fruire del congedo, previsto dall’art. 42, comma 5, del d.lgs. n.
151 del 2001, in mancanza di altre persone idonee ad occuparsi dello
stesso, contrasterebbe, in primo luogo, con l’art. 32 Cost., poiché
la tutela del diritto alla salute va intesa, una volta che siano
insorte malattie, come predisposizione degli strumenti necessari per
rendere possibili le relative cure e l’assistenza più opportuna.
In
secondo luogo, sempre ad avviso del giudice a quo, detta esclusione
violerebbe l’art. 2 Cost., in quanto esso, nel richiedere il
rispetto dei doveri inderogabili di solidarietà, implica la
conseguente messa a disposizione di misure che consentano
l’adempimento dei medesimi, nonché, in terzo luogo, l’art. 29
Cost., poiché l’assistenza rappresenta anche una forma di tutela
della famiglia e i soggetti ammessi a fruire del congedo sono tutti
in rapporto di parentela con la persona affetta da patologie. Del
resto, tale assistenza permette al soggetto bisognoso di cure la sua
più piena e duratura integrazione nell’ambito del nucleo
familiare. A parere del giudice rimettente, dalla lettura combinata
degli artt. 2, 29 e 32 Cost. emergerebbe una legittimazione della
famiglia nel suo insieme a divenire strumento di assistenza del
disabile.
In
quarto luogo, secondo il TAR, sussiste anche la violazione dell’art.
118, quarto comma, Cost., inteso come espressione del principio di
sussidiarietà orizzontale. Una lettura combinata degli artt. 29 e
118, quarto comma, Cost. indurrebbe, infatti, a valorizzare la
famiglia anche come «strumento di attuazione di interessi generali,
quali il benessere della persona e l’assistenza sociale». In
quest’ottica l’attuale formulazione dell’art. 42, comma 5, del
d.lgs. n. 151 del 2001, fissando in modo rigoroso e restrittivo i
soggetti lavoratori che possono fruire del congedo straordinario,
frustrerebbe quella prospettiva sussidiaria e dinamica nella quale, a
parere del giudice a quo, si è andata inserendo a pieno titolo anche
la famiglia.
In
quinto luogo, appaiono violati anche gli articoli 4 e 35 Cost.,
poiché il congiunto del disabile, per poter garantire cure ed
assistenza, è costretto a rinunciare alla propria attività
lavorativa o a ridurne il numero di ore, o a sceglierne una diversa,
maggiormente compatibile con detta finalità.
Infine,
il TAR rileva anche la violazione dell’art. 3 Cost., poiché «di
fronte ad una posizione sostanzialmente identica di un congiunto
convivente rispetto a quella degli altri soggetti già previsti dalla
norma e ad una pari esigenza di tutela della salute psico-fisica
della persona affetta da handicap grave e di promozione della sua
integrazione nella famiglia, la mancata inclusione di ulteriori
ipotesi appare ingiustamente discriminatoria».
4.–
In conclusione, il Tribunale ritiene che il rispetto dei medesimi
principi costituzionali esige che la norma sia emendata con una
previsione di chiusura, operante in via residuale, tale che, in
mancanza dei parenti e degli affini già annoverati nel testo
normativo, si consenta ad altro parente o affine convivente di fruire
del congedo straordinario. In via subordinata, solleva la questione
di legittimità costituzionale limitatamente al mancato
riconoscimento del beneficio del congedo straordinario agli affini di
terzo grado conviventi (ai quali peraltro è consentito fruire dei
permessi ex art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992).
5.–
Il Presidente del Consiglio dei Ministri non è intervenuto in
giudizio.
Considerato
in diritto
1.–
Il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione
staccata di Reggio Calabria, dubita della legittimità costituzionale
dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001,
n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di
tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art.
15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), «nella parte in cui, in assenza
di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine
convivente di persona con handicap in situazione di gravità,
debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario»,
ovvero, solo in via subordinata, «nella parte in cui non include nel
novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto
l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti
idonei a prendersi cura della persona» in situazione di disabilità
grave, debitamente accertata, per violazione degli artt. 2, 3, 29,
32, 118, quarto comma, nonché 4 e 35 della Costituzione.
Ad
avviso del giudice rimettente, infatti, la norma censurata si
porrebbe in contrasto con l’art. 32 Cost., poiché la tutela del
diritto alla salute va intesa come predisposizione degli strumenti
necessari per rendere possibili le cure e l’assistenza più
opportuna; con l’art. 2 Cost., in quanto esso, nel richiedere il
rispetto dei doveri inderogabili di solidarietà, implica la
conseguente messa a disposizione di misure che consentano l’esercizio
dei medesimi; con l’art. 29 Cost., poiché l’assistenza
rappresenta anche una forma di tutela della famiglia e i soggetti
ammessi a fruire del congedo sono tutti in rapporto di parentela con
la persona affetta da patologie. Del resto, l’assistenza prestata
da parenti e affini conviventi permette al soggetto bisognoso di cure
la sua più piena e duratura integrazione in ambito familiare. A
parere del giudice a quo, in virtù di una lettura combinata degli
artt. 2, 29 e 32 Cost., la famiglia costituirebbe un ambito
privilegiato di assistenza del disabile, anche alla luce del
combinato disposto degli artt. 29 e 118, quarto comma, Cost. in base
al quale andrebbe valorizzata la famiglia intesa come «strumento di
attuazione di interessi generali, quali il benessere della persona e
l’assistenza sociale». La norma in questione contrasterebbe anche
con gli artt. 4 e 35 Cost., poiché il congiunto del disabile, per
poter garantire a quest’ultimo cure ed assistenza, è costretto a
rinunciare alla propria attività lavorativa o a ridurne il numero di
ore, o a sceglierne una diversa, maggiormente compatibile con detta
finalità; infine, sarebbe leso anche l’art. 3 Cost., poiché di
fronte ad una posizione sostanzialmente identica di un congiunto
convivente rispetto a quella degli altri soggetti già previsti dalla
norma e ad una pari esigenza di tutela della salute psico-fisica
della persona affetta da handicap grave e di promozione della sua
integrazione nella famiglia, la mancata inclusione di ulteriori
ipotesi appare ingiustamente discriminatoria.
2.–
Il TAR rimettente sottopone all’esame di questa Corte una richiesta
di pronuncia additiva, volta a colmare una lacuna nella legislazione,
ritenuta contraria ai principi costituzionali invocati. Due sono le
questioni prospettate, in via gradata, dal giudice a quo.
2.1.–
La prima mira ad una declaratoria di illegittimità costituzionale
della disposizione impugnata «nella parte in cui, in assenza di
altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine
convivente di persona con handicap in situazione di gravità,
debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario».
Tale
questione non può essere considerata ammissibile, in ragione del
fatto che esigerebbe dalla Corte una pronuncia volta ad introdurre
nella disposizione impugnata una previsione di chiusura, di contenuto
ampio e indeterminato, in quanto mirante ad estendere la fruibilità
del congedo straordinario ad una platea indefinita di soggetti.
La
questione va dichiarata, pertanto, inammissibile.
Come
questa Corte ha già avuto modo di evidenziare in altri giudizi
analoghi per oggetto, una tale questione, oltre ad eccedere dai
limiti della rilevanza nel caso di specie, avrebbe un petitum
indeterminato e chiederebbe alla Corte un intervento additivo, in
assenza di una soluzione costituzionalmente necessitata (sentenza n.
251 del 2008 su oggetto diverso, ex plurimis, sentenze n. 301 e n.
134 del 2012, n. 16 del 2011, n. 271 del 2010, ordinanze n. 138 e n.
113 del 2012).
2.2.–
La seconda questione, avente ad oggetto il medesimo art. 42, comma 5,
del d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non include nel novero
dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine
di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a
prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave,
debitamente accertata, è fondata.
3.–
Per un adeguato inquadramento della questione sollevata, occorre,
preliminarmente, ricostruire la ratio legis dell’istituto del
congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n.
151 del 2001, alla luce dei suoi presupposti e delle vicende
normative e giurisprudenziali che lo hanno caratterizzato.
3.1.–
Il congedo straordinario oggi all’esame di questa Corte costituisce
uno sviluppo o, meglio, una gemmazione di analoga provvidenza,
originariamente prevista dall’art. 4 della legge 8 marzo 2000, n.
53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità,
per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei
tempi delle città). La suddetta disposizione, al comma 2, ha
riconosciuto per la prima volta ai lavoratori dipendenti pubblici e
privati la possibilità chiedere, per gravi e documentati motivi
familiari, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non
superiore a due anni, durante il quale il dipendente conserva il
posto di lavoro, senza diritto alla retribuzione. Detta previsione è
tuttora in vigore.
Successivamente,
l’art. 80, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge finanziaria 2001), ha aggiunto all’art. 4
della legge n. 53 del 2000 il comma 4-bis in base al quale i
genitori, anche adottivi, o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli
o delle sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di
gravità accertata, hanno diritto a fruire del congedo previsto
all’art. 4, comma 2, percependo un’indennità corrispondente
all’ultima retribuzione.
In
tal modo, dalla previsione generale del congedo straordinario non
retribuito, per gravi motivi familiari, di cui all’art. 4, comma 2,
della legge n. 53 del 2000, è derivato un analogo, ma autonomo,
congedo per l’assistenza a persone in situazione di handicap grave,
assistito dal diritto di percepire un’indennità corrispondente
all’ultima retribuzione, nonché coperto da contribuzione
figurativa e fruibile alternativamente da parte dei genitori (anche
adottivi, o, dopo la loro scomparsa, da uno dei fratelli o delle
sorelle conviventi) lavoratori, dipendenti pubblici o privati, i cui
figli si trovassero in situazione di disabilità grave da almeno
cinque anni, ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992,
n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i
diritti delle persone handicappate).
A
seguito dell’emanazione del d.lgs. n. 151 del 2001, l’istituto
del congedo straordinario fu inserito al comma 5 dell’art. 42,
rubricato «Riposi e permessi per i figli con handicap grave» e, con
la modifica operata dall’art. 3, comma 106, della legge 24 dicembre
2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), il beneficio fu
riconosciuto a prescindere dal presupposto della permanenza da almeno
cinque anni della situazione di disabilità grave.
3.2.–
Giova ancora ricordare che il congedo straordinario per l’assistenza
a persone portatrici di handicap grave, così come si è venuto
configurando a seguito dei ripetuti interventi del legislatore fin
qui ricordati, è stato più volte portato all’esame di questa
Corte che, con successive pronunce, ha progressivamente ampliato il
novero dei soggetti aventi diritto al beneficio.
Ad
un primo vaglio della problematica, questa Corte ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs.
n. 151 del 2001, nella parte in cui non prevedeva il diritto di uno
dei fratelli o delle sorelle conviventi con un disabile grave di
fruire del congedo straordinario ivi indicato, nell’ipotesi in cui
i genitori fossero impossibilitati a provvedere all’assistenza del
figlio affetto da handicap, perché totalmente inabili (sentenza n.
233 del 2005).
In
una seconda occasione, è stata poi dichiarata l’illegittimità
costituzionale della medesima disposizione, nella parte in cui non
includeva, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti già
indicati dalla norma, il coniuge convivente della persona in
situazione di disabilità grave (sentenza n. 158 del 2007).
Da
ultimo, l’illegittimità costituzionale ha colpito la medesima
disposizione nella parte in cui non includeva nel novero dei soggetti
beneficiari il figlio convivente, anche qualora questi fosse l’unico
soggetto in grado di provvedere all’assistenza della persona
affetta da handicap grave (sentenza n. 19 del 2009).
3.3.–
Successivamente alle ricordate decisioni della Corte costituzionale,
il legislatore è intervenuto nuovamente nella materia dei congedi
spettanti per l’assistenza a persone con disabilità grave, in sede
di attuazione della delega contenuta nell’art. 23 della legge 4
novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori
usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e
permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di
incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione
femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in
tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro). Tale delega è
stata attuata dal decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119
(Attuazione dell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183,
recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia
di congedi, aspettative e permessi), in particolare dagli artt. 3 e
4.
Il
testo oggi in vigore dell’art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001,
come modificato dal d.lgs. n. 119 del 2011, ha ampliato la platea dei
soggetti a cui tale diritto è riconosciuto, recependo gli interventi
della giurisprudenza costituzionale succedutesi in questi anni, poco
sopra ricordati, ma altresì individuando un rigido ordine gerarchico
tra i possibili beneficiari, che non può essere alterato in base ad
una libera scelta della persona disabile.
Va
ricordato che il d.lgs. n. 119 del 2011 ha inciso anche sugli
istituti indiretti della retribuzione, che in passato erano
riconosciuti anche in relazione ai periodi di fruizione del congedo,
stabilendo che il periodo straordinario di congedo non rileva ai fini
della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del
trattamento di fine rapporto. Il legislatore ha inoltre stabilito un
tetto massimo all’indennità dovuta al lavoratore e alla relativa
contribuzione figurativa. D’altra parte il datore di lavoro privato
detrae l’importo dell’indennità dall’ammontare dei contributi
previdenziali dovuti.
In
tal modo, lo Stato eroga una provvidenza sociale in forma indiretta,
sostenendo gli oneri relativi al congedo straordinario retribuito,
che consentono al lavoratore di farsi carico dell’assistenza di un
parente disabile grave, percependo un’indennità commisurata alla
retribuzione.
3.4.–
Da quanto fin qui esposto, si può osservare che l’istituto dei
congedi per assistere familiari portatori di handicap grave ha subito
una profonda trasformazione, sotto un duplice profilo: il primo
riguarda gli aspetti economici e il secondo i soggetti destinatari
della norma.
Sotto
il primo profilo, la disposizione impugnata, nel testo oggi in
vigore, delinea un beneficio che assicura al lavoratore una entrata
per tutto il periodo in cui è esonerato dall’attività lavorativa;
detta indennità è commisurata all’ultima retribuzione percepita,
anche se non del tutto coincidente con la stessa, entro un tetto
massimo annuale e per una durata non superiore ai due anni nell’arco
dell’intera vita lavorativa; d’altra parte, l’onere economico
non resta totalmente a carico del datore di lavoro, in particolare di
quello privato, il quale a sua volta lo deduce dagli oneri
previdenziali. In tal modo il legislatore ha istituito una forma
indiretta o mediata di assistenza per i disabili gravi, basata sulla
valorizzazione delle espressioni di solidarietà esistenti nel
tessuto sociale e, in particolare, in ambito familiare, conformemente
alla lettera e allo spirito della Costituzione, a partire dai
principi di solidarietà e di sussidiarietà di cui agli artt. 2 e
118, quarto comma, Cost. Il legislatore ha inteso, dunque, farsi
carico della situazione della persona in stato di bisogno,
predisponendo anche i necessari mezzi economici, attraverso il
riconoscimento di un diritto al congedo in capo ad un suo congiunto,
il quale ne fruirà a beneficio dell’assistito e nell’interesse
generale. Il congedo straordinario è, dunque, espressione dello
Stato sociale che si realizza, piuttosto che con i più noti
strumenti dell’erogazione diretta di prestazioni assistenziali o di
benefici economici, tramite facilitazioni e incentivi alle
manifestazioni di solidarietà fra congiunti.
Sotto
il secondo profilo, il congedo straordinario di cui si discute,
benché fosse originariamente concepito come strumento di tutela
rafforzata della maternità in caso di figli portatori di handicap
grave e sia tuttora inserito in un testo normativo dedicato alla
tutela e al sostegno della maternità e della paternità (come recita
il titolo del d.lgs. n. 151 del 2001), ha assunto una portata più
ampia. La progressiva estensione del complesso dei soggetti aventi
titolo a richiedere il congedo, operata soprattutto da questa Corte,
ne ha dilatato l’ambito di applicazione oltre i rapporti
genitoriali, per ricomprendere anche le relazioni tra figli e
genitori disabili, e ancora, in altra direzione, i rapporti tra
coniugi o tra fratelli.
Al
fine di adeguare le misure di assistenza alle emergenti situazioni di
bisogno e alla crescente richiesta di cura che origina, tra l’altro,
dai cambiamenti demografici in atto, questa Corte ha ritenuto che il
legislatore avesse illegittimamente trascurato quelle situazioni di
disabilità che si possono verificare in dipendenza di eventi
successivi alla nascita o in esito a malattie di natura progressiva
o, ancora, a causa del naturale decorso del tempo. Anche per tali
situazioni, come nel caso di figli portatori di handicap, vale il
principio che la cura della persona disabile in ambito familiare è
in ogni caso preferibile e, ciò che più rileva, più rispondente ai
principi costituzionali, indipendentemente dall’età e dalla
condizione di figlio dell’assistito (sentenza n. 158 del 2007).
Nella
sua formulazione attuale, dunque, il congedo straordinario di cui
all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, fruibile per
l’assistenza delle persone portatrici di handicap grave,
costituisce uno strumento di politica socio-assistenziale, basato sia
sul riconoscimento della cura prestata dai congiunti sia sulla
valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale e
intergenerazionale, di cui la famiglia costituisce esperienza
primaria, in attuazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto comma,
Cost.
3.5.–
Del resto, tale evoluzione si pone in linea con i principi affermati
nella giurisprudenza di questa Corte, la quale ha da tempo chiarito
che la tutela della salute psico-fisica del disabile postula anche
l’adozione di interventi economici integrativi di sostegno delle
famiglie «il cui ruolo resta fondamentale nella cura e
nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap» (sentenze n.
19 del 2009, n. 158 del 2007 e n. 233 del 2005), tra cui rientra
anche il congedo in esame.
Sottolineando
l’essenziale ruolo della famiglia nell’assistenza e nella
socializzazione del soggetto disabile (ex plurimis sentenza n. 233
del 2005, che si richiama a principi già affermati sin dalle
sentenze n. 215 del 1987 e n. 350 del 2003), la Corte vuol mettere in
rilievo che una tutela piena dei soggetti deboli richiede, oltre alle
necessarie prestazioni sanitarie e di riabilitazione, anche la cura,
l’inserimento sociale e, soprattutto, la continuità delle
relazioni costitutive della personalità umana.
4.–
Alla luce dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale sin qui
esposta, della ratio legislativa che ne è emersa e, soprattutto, dei
principi costituzionali che il congedo straordinario concorre ad
attuare, consegue la fondatezza della prospettata questione di
legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n.151
del 2001, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti
legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo
grado convivente – nonché, per evidenti motivi di coerenza e
ragionevolezza, gli altri parenti e affini più prossimi
all’assistito, comunque conviventi ed entro il terzo grado – in
caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti
degli altri soggetti indicati dalla legge secondo un ordine di
priorità, idonei a prendersi cura della persona in situazione di
disabilità grave, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118,
quarto comma, Cost.
La
limitazione della sfera soggettiva attualmente vigente può infatti
pregiudicare l’assistenza del disabile grave in ambito familiare,
allorché nessuno di tali soggetti sia disponibile o in condizione di
prendersi cura dello stesso. La dichiarazione di illegittimità
costituzionale è volta precisamente a consentire che, in caso di
mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri
soggetti menzionati nella disposizione censurata, e rispettando il
rigoroso ordine di priorità da essa prestabilito, un parente o
affine entro il terzo grado, convivente con il disabile, possa
sopperire alle esigenze di cura dell’assistito, sospendendo
l’attività lavorativa per un tempo determinato, beneficiando di
un’adeguata tranquillità sul piano economico.
D’altra
parte occorre ricordare che il congedo straordinario di cui si
discute è fruibile solo per l’assistenza alle persone portatrici
di handicap in situazione di gravità debitamente accertata ai sensi
degli artt. 3 e 4 della legge n. 104 del 1992, cioè a quelle che
presentano una minorazione tale da «rendere necessario un intervento
assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera
individuale o in quella di relazione».
Infine,
non è superfluo rammentare che il legislatore ha già riconosciuto
il ruolo dei parenti e degli affini entro il terzo grado proprio
nell’assistenza ai disabili in condizioni di gravità, attribuendo
loro il diritto a tre giorni di permessi retribuiti su base mensile,
ai sensi dell’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992.
Di
conseguenza, l’ordinamento già assicura un rilievo giuridico ai
legami di parentela e di affinità entro il terzo grado a determinati
fini legati alla cura e all’assistenza di persone disabili gravi,
qualora si verifichino alcune condizioni, che sono del tutto
assimilabili a quelle stabilite dal legislatore per la fruizione del
congedo straordinario retribuito di cui all’art. 42, comma 5,
d.lgs. n. 151 del 2001, cioè a dire che la persona disabile sia in
situazione di gravità accertata, non sia ricoverata a tempo pieno e
esclusivamente in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti
di parenti o affini più prossimi. Né si può comprendere perché il
riconoscimento dell’apporto dei parenti e degli affini entro il
terzo grado all’assistenza dei disabili gravi debba essere
circoscritto ai permessi di cui all’art. 33, comma 3 della legge n.
104 del 1992; tale asimmetria normativa costituisce un ulteriore
argomento a sostegno della dichiarazione di illegittimità
costituzionale dell’omessa menzione di tali soggetti tra quelli
legittimati a richiedere il congedo straordinario disciplinato nella
disposizione impugnata.
5.–
Restano assorbiti gli altri motivi di censura.
per
questi motivi
LA
CORTE COSTITUZIONALE
1)
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5,
del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle
disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della
maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo
2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti
legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi
stabilite, il parente o l’affine entro il terzo grado convivente,
in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti
degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei
a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave.
2)
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n.
151, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 29, 32, 35 e 118,
quarto comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, nella
parte in cui «in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad
altro parente o affine convivente di persona con handicap in
situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del
congedo straordinario», con ricorso indicato in epigrafe.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 3 luglio 2013.
F.to:
Franco
GALLO, Presidente
Marta
CARTABIA, Redattore
Gabriella
MELATTI, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 18 luglio 2013.