N.
59 SENTENZA del 29 marzo 2013
Giudizio
di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Ordinanza
dibattimentale - Intervento in giudizio - Soggetti che non sono stati
parti nei giudizi a quibus, titolari di interessi soltanto analoghi a
quelli dedotti nel giudizio principale -
Necessaria
titolarita' di un interesse qualificato - Mancanza -
Inammissibilita'.
-Previdenza
- Determinazione della retribuzione da assumere quale base di calcolo
dei contributi previdenziali, nel caso di pluralita' di contratti
intervenuti per la medesima categoria . Questione concernente il
rapporto previdenziale tra il datore di lavoro, societa' cooperativa
e l'ente previdenziale - Censura di norma concernente il rapporto di
lavoro tra societa' e socio lavoratore - Erronea individuazione della
norma denunciata (aberratio ictus) - Inammissibilita' della questione
- Assorbimento di ulteriori profili.
-
Decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (convertito nella legge 28
febbraio 2008, n. 31), art. 7, comma 4.
- Costituzione, art. 39.
(GU
n.14 del 3-4-2013 )
LA
CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
Presidente:Franco
GALLO;
Giudici
:Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO,
Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo
GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio
MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, ha pronunciato
la seguente
SENTENZA
nei
giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 7, comma 4, del
decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti
da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1 della
legge 28 febbraio 2008, n. 31, promossi dal Tribunale di Lucca con
due ordinanze del 14 aprile 2011, iscritte ai numeri 232 e 240 del
registro ordinanze 2011 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 47 e n. 49, prima serie speciale, dell'anno 2011.
Visti
gli atti di costituzione dell'Istituto nazionale della previdenza
sociale (INPS), in proprio e quale mandatario della Societa' di
cartolarizzazione dei crediti INPS-S.C.C.I. s.p.a., nonche' gli atti
di intervento della Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue, della
Confederazione Cooperative Italiane, della Associazione Generale
Cooperative Italiane e del Presidente delConsiglio dei ministri;
udito
nell'udienza pubblica del 26 febbraio 2013 il Giudice relatore
Alessandro Criscuolo;
uditi
gli avvocati Livia Salvini e Angelo Pandolfo per la Lega Nazionale
delle Cooperative e Mutue, per la Confederazione Cooperative Italiane
e per la Associazione Generale Cooperative Italiane, Antonino Sgroi
per l'INPS in proprio e quale mandatario della Societa' di
cartolarizzazione dei crediti INPS-S.C.C.I. s.p.a e l'avvocato dello
Stato Vittorio Cesaroni per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto
in fatto
1.-
Il Tribunale di Lucca, in funzione di giudice del lavoro, con
due
ordinanze emesse il 14 aprile 2011 (r.o. n. 232 del 2011 e r.o. n.
240 del 2011), ha sollevato, in riferimento all'articolo 39 della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo
7, comma 4, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di
termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti
in materia finanziaria) convertito, con modificazioni, dall'art. 1
della legge 28 febbraio 2008, n. 31.
2.-
Nell'ordinanza r.o. n. 232 del 2011, il rimettente premette di essere
chiamato a pronunciarsi su un ricorso in opposizione ad iscrizione a
ruolo di credito previdenziale, ai sensi dell'art. 24 del decreto
legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della
riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della legge 28
settembre 1998, n. 337), proposto da una societa' cooperativa nei
confronti dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e
della s.p.a. Societa' di cartolarizzazione dei crediti INPS-S.C.C.I.
Il
Tribunale espone che la cartella esattoriale opposta ha come oggetto
i contributi previdenziali richiesti dall'INPS alla
societa'cooperativa ricorrente, in relazione al maggior imponibile
retributivo e contributivo determinato ai sensi dell'art. 7, comma 4,
del d.l. n. 248 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 31 del 2008. Infatti, ad avviso del detto Istituto, l'opponente
avrebbe dovuto fare applicazione, quanto al trattamento retributivo e
normativo (e, quindi, previdenziale), del contratto collettivo
nazionale di lavoro AGCI, ANST-LEGACOOP, CONFCOOPERATIVE (parte
datoriale) - FILT-CGIL, FIT-CISL e UIL TRASPORTI (parte dei
lavoratori), anziche' del diverso contratto collettivo nazionale di
lavoro UNCI (parte datoriale) - CONFSAL (parte dei lavoratori), come
da verbale di accertamento.
Il
giudice a quo riporta il contenuto del citato art. 7, comma 4, ai
sensi del quale: «Fino alla completa attuazione della normativa in
materia di socio lavoratore di societa' cooperative, in presenza di
una pluralita' di contratti collettivi della medesima categoria, le
societa' cooperative che svolgono attivita' ricomprese nell'ambito di
applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci
lavoratori, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile
2001, n. 142, i trattamenti economici complessivi non inferiori a
quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle
organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente piu'
rappresentative a livello nazionale nella categoria».
2.1.-
In punto di rilevanza, il rimettente osserva che la
pretesacontributiva dell'ente previdenziale, oggetto del giudizio
principale, si fonda sull'applicazione dell'art. 7, comma 4, ora
trascritto, sicche' «dall'eventuale accoglimento della questione di
costituzionalita' discenderebbe un mutamento nel quadro normativo di
riferimento».
2.2.-
In punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo dubita della
legittimita' costituzionale della disposizione censurata, in
riferimento all'art. 39 Cost.
Ad
avviso del rimettente, detta disposizione attribuirebbe efficacia
erga omnes a contratti collettivi di tipo "normativo" e non
semplicemente ad "accordi gestionali" (e' richiamata la
sentenza della Corte costituzionale n. 268 del 1994). E', altresi',
citata la sentenza n. 106 del 1962 della medesima Corte, secondo cui
«L'art. 39 pone due principi, che possono intitolarsi alla liberta'
sindacale e alla autonomia collettiva professionale. Col primo si
garantiscono la liberta' dei cittadini di organizzarsi in sindacati e
la liberta' delle associazioni che ne derivano; con l'altro si
garantisce alle associazioni sindacali di regolare i conflitti di
interessi che sorgono tra le contrapposte categorie mediante il
contratto, al quale poi si riconosce efficacia obbligatoria erga
omnes, una volta che sia stipulato in conformita' di una determinata
procedura e da soggetti forniti di determinati requisiti. Una legge,
la quale cercasse di conseguire questo medesimo risultato della
dilatazione ed estensione, che e' una tendenza propria della natura
del contratto collettivo, a tutti gli appartenenti alla categoria
alla quale il contratto si riferisce, in maniera diversa da quella
stabilita dal precetto costituzionale, sarebbe palesemente
illegittima». Inoltre - prosegue il giudicante - l'attribuzione di
tale efficacia obbligatoria erga omnes, al di fuori delle condizioni
previste dall'art. 39 Cost., prescinderebbe da qualsiasi valutazione
in ordine al rispetto o meno, da parte del diverso contratto
collettivo nazionale di lavoro applicato, dei precetti di cui
all'art. 36 Cost. Infine, la disposizione, pur avendo carattere
apparentemente transitorio, non individuerebbe, in realta', alcun
limite temporale preciso di efficacia.
In
questo quadro, e' sollevata la questione di legittimita'
costituzionale in esame.
3.-
Nell'ordinanza r.o. n. 240 del 2011, il Tribunale premette di essere
investito di un ricorso in opposizione ad iscrizione a ruolo di
credito previdenziale, ai sensi dell'art. 24 del d.lgs. n. 46 del
1999, proposto da una societa' cooperativa a r.l. nei confronti
dell'INPS e della s.p.a. Societa' di Cartolarizzazione dei Crediti
INPS-S.C.C.I.
Il
rimettente espone che la cartella esattoriale opposta ha ad oggetto i
contributi previdenziali richiesti dall'INPS alla societa'cooperativa
ricorrente, in relazione al maggior imponibile
retributivo
e contributivo determinato, ai sensi dell'art. 7, comma 4, del d.l.
n. 248 del 2007, convertito dalla legge n. 31 del 2008; che, ad
avviso dell'ente previdenziale, la societa' cooperativa opponente
avrebbe dovuto fare applicazione, quanto al trattamento retributivo e
normativo (e, per conseguenza, previdenziale), del contratto
collettivo nazionale di lavoro AGCI, ANST-LEGACOOP, CONFCOOPERATIVE
(parte datoriale) - FILT-CGIL, FIT-CISL e UIL TRASPORTI (parte dei
lavoratori), anziche' del diverso contratto collettivo nazionale di
lavoro UNCI (parte datoriale) – CONFSAL (parte dei lavoratori).
3.1.-
In punto di rilevanza e di non manifesta infondatezza, il giudice a
quo svolge le stesse argomentazioni di cui alla ordinanza di
rimessione r.o. n. 232 del 2011.
4.-
Nel giudizio di cui all'ordinanza di rimessione r.o. n. 232 del 2011,
con memoria depositata in data 29 novembre 2011, si e' costituito in
giudizio l'INPS, in proprio e nella qualita' di mandatario della
s.p.a. Societa' di Cartolarizzazione dei Crediti INPS-S.C.C.I.,
chiedendo che la sollevata questione di legittimita' costituzionale
sia dichiarata inammissibile e, comunque, non fondata.
Preliminarmente, l'Istituto deduce l'inammissibilita' della
questione, non avendo il rimettente verificato - nonostante la
contestazione della stessa societa' ricorrente in opposizione – se,
in considerazione della concreta attivita' svolta dalla societa'
cooperativa, fosse possibile una concorrente applicazione di
contratti collettivi con riferimento ai contratti di lavoro
subordinato stipulati con i propri soci, disciplinanti la medesima
attivita', come affermato dall'INPS, ovvero fosse applicabile
soltanto uno dei contratti, senza alcuna predicabile concorrenza di
disciplina pattizia, come ritenuto dalla cooperativa stessa. In
particolare, ad avviso dell'INPS, la prospettata questione di
legittimita' costituzionale potrebbe essere logicamente e
giuridicamente rilevante solo dopo avere chiarito l'esistenza o meno
di una disciplina concorrente.
Altro
motivo di inammissibilita' della questione, sarebbe costituito dalla
non pertinenza dell'art. 7, comma 4, del d.l. n. 248 del 2007,
convertito dalla legge n. 31 del 2008, rispetto ai vizi denunciati
dal rimettente.
Al
riguardo, la controversia sarebbe incentrata sull'individuazione
della disciplina legislativa applicabile per l'accertamento della
misura della contribuzione previdenziale obbligatoria che la societa'
cooperativa deve versare all'INPS in favore dei propri soci
lavoratori, con i quali ha stipulato un contratto di lavoro
subordinato. Tale disciplina, in virtu' del richiamo operato
dall'art. 4, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142 (Revisione
della legislazione in materia cooperativistica, con particolare
riferimento alla posizione del socio lavoratore) alle normative
vigenti, con riferimento alla contribuzione previdenziale e
assicurativa, sarebbe, nell'ipotesi di stipula di rapporti di lavoro
subordinato, l'art. 1 del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338
(Disposizioni urgenti in materia di evasione contributiva, di
fiscalizzazione degli oneri sociali, di sgravi contributivi nel
Mezzogiorno e di finanziamento dei patronati), convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389. Nel merito,
l'ente previdenziale deduce la non fondatezza della questione sulla
base delle seguenti argomentazioni. In primo luogo, esso sottolinea
come il legislatore abbia implicitamente previsto un'efficacia
temporalmente limitata della disposizione censurata, pur senza
l'individuazione di un termine certo. Inoltre, lo stesso legislatore
non avrebbe previsto alcuna efficacia erga omnes di una
contrattazione collettiva rispetto ad un'altra, essendosi limitato a
prevedere - con riferimento ai soli aspetti retributivi e al fine di
garantire il diritto inviolabile del lavoratore ad una retribuzione
proporzionata alla qualita' e quantita' del proprio lavoro ed, in
ogni caso, sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua
famiglia un'esistenza libera e
dignitosa
- che, a parita' di attivita' lavorativa esercitata, la
contrattazione collettiva, che assicura una retribuzione piu'
elevata, sottoscritta dalle organizzazioni sindacali comparativamente
piu' rappresentative a livello nazionale nella categoria economica
dove opera il datore di lavoro, costituisca parametro retributivo non
derogabile verso il basso.
5.-
Nel giudizio di cui all'ordinanza di rimessione r.o. n. 240 del 2011,
con memoria depositata in data 12 dicembre 2011, si e' costituito
l'INPS, in proprio e nella qualita' di mandatario della
s.p.a.
Societa' di Cartolarizzazione dei Crediti INPS-S.C.C.I., chiedendo
che la sollevata questione di legittimita' costituzionale sia
dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata, sulla base delle
medesime argomentazioni di cui alla memoria di costituzione
depositata dall'Istituto, in proprio e nella qualita', in data 29
novembre 2011, nel giudizio r.o. n. 232 del 2011, cui si fa rinvio.
6.-
In quest'ultimo giudizio, con atto depositato in data 29 novembre
2011, e' intervenuta (ad opponendum) la Confederazione Cooperative
italiane ("Confcooperative" o "L'Associazione"),
in persona del legale rappresentante pro tempore, chiedendo che la
sollevata questione di legittimita' costituzionale sia dichiarata
inammissibile o, comunque, non fondata.
7.-
In data 5 febbraio 2013, la detta Confederazione ha depositato
memoria illustrativa nella quale ribadisce le conclusioni i cui
all'atto di intervento del 29 novembre 2011.
8.-
Nel giudizio r.o. n. 240 del 2011, con atto depositato in data 13
dicembre 2011 e' intervenuta (ad opponendum) la Confederazione
Cooperative italiane ("Confcooperative" o
"L'Associazione"), in persona del legale rappresentante pro
tempore, chiedendo che la sollevata questione di legittimita'
costituzionale sia dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata
sulla base delle medesime argomentazioni di cui all'atto di
intervento depositato in data 29 novembre 2011, nel giudizio r.o. n.
232 del 2011.
9.-
In data 5 febbraio 2013, la Confederazione Cooperative italiane, in
persona del legale rappresentante pro tempore, ha depositato memoria
illustrativa nella quale ribadisce le conclusioni di cui all'atto di
intervento del 13 dicembre 2011.
10.-
Nel giudizio r.o. n. 232 del 2011, con atto depositato in data 29
novembre 2011, e' intervenuta in giudizio (ad opponendum) la Lega
Nazionale delle Cooperative e Mutue (Legacoop o "L'Associazione"),
in persona del legale rappresentante pro tempore, chiedendo che la
sollevata questione di legittimita' costituzionale sia dichiarata
inammissibile o, comunque, non fondata, sulla base delle medesime
argomentazioni di cui all'atto di intervento della Confederazione
Cooperative italiane del 29 novembre 2011.
11.-
In data 5 febbraio 2013, la Lega Nazionale delle Cooperative
e
Mutue, in persona del legale rappresentante pro tempore, ha
depositato memoria illustrativa nella quale ribadisce le conclusioni
di cui all'atto di intervento del 29 novembre 2011.
12.-
Nel giudizio r.o. n. 240 del 2011, con atto depositato in data 13
dicembre 2011, e' intervenuta in giudizio (ad opponendum) la Lega
Nazionale delle Cooperative e Mutue (Legacoop o "L'Associazione"),
in persona del legale rappresentante pro tempore, chiedendo che la
sollevata questione di legittimita' costituzionale sia dichiarata
inammissibile o, comunque, non fondata, sulla base delle medesime
argomentazioni di cui all'atto di intervento depositato dalla
Confederazione Cooperative italiane in data 29 novembre 2011, nel
giudizio r.o. n. 232 del 2011.
13.-
In data 5 febbraio 2013 la Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue,
in persona del legale rappresentante pro tempore, ha depositato
memoria illustrativa nella quale ribadisce le conclusioni di cui
all'atto di intervento del 13 dicembre 2011.
14.-
Nel giudizio r.o. n. 240 del 2011, con atto depositato in data 13
dicembre 2011, e' intervenuta in giudizio (ad opponendum) la
Associazione Generale Cooperative Italiane ("A.G.C.I." o
"L'Associazione"), in persona del legale rappresentante pro
tempore, chiedendo che la sollevata questione di legittimita'
costituzionale sia dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata,
sulla base delle medesime argomentazioni di cui all'atto di
intervento depositato dalla Confederazione Cooperative italiane in
data 29 novembre 2011, nel giudizio r.o. n. 232 del 2015.
15.-
In data 5 febbraio 2013 la Associazione Generale Cooperative
Italiane, in persona del legale rappresentante pro tempore, ha
depositato memoria illustrativa nella quale ribadisce le conclusioni
di cui all'atto di intervento del 13 dicembre 2011.
16.-
Nel giudizio r.o. n. 232 del 2011, con atto depositato in data 29
novembre 2011, e' intervenuto il Presidente del Consiglio del
ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la sollevata questione di legittimita'
costituzionale sia dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata.
In primo luogo, la difesa erariale pone in evidenza come, ai fini
della determinazione degli imponibili contributivi, la norma da
applicare sia l'art. 1, comma 1, del d.l. n. 338 del 1989,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 389 del 1989 (nonche'
la successiva norma interpretativa dettata dall'art. 2, comma 25,
della legge 28 dicembre 1995, n. 549 recante: «Misure di
razionalizzazione
della finanza pubblica»). In base a tale normativa, la retribuzione
da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali ed
assistenziali sarebbe quella stabilita dai contratti collettivi
nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei
datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu'
rappresentative su base nazionale di categoria.
Il
Presidente del Consiglio rileva come tale previsione risponda alla
necessita' di garantire una minore disparita' nell'assolvimento degli
obblighi contributivi tra datori di lavoro nonche' la sostenibilita'
finanziaria dell'Ente previdenziale.
Diversamente,
la norma censurata - attinente al profilo dell'obbligazione
retributiva e non a quello della contribuzione previdenziale dovuta -
prevede, nel solo settore della cooperazione e per un periodo
transitorio, una specifica e piu' incisiva tutela dei lavoratori
della categoria sotto il profilo retributivo. La difesa dello Stato
osserva come l'art. 3 della legge n. 142 del 2001 abbia introdotto
nell'ordinamento cooperativistico il principio dell'equa retribuzione
del lavoro svolto in relazione alla quantita' e qualita' del lavoro
stesso. Risulterebbe evidente, dunque, il collegamento della norma
richiamata con il disposto dell'art. 36 Cost., relativo ad una
retribuzione sufficiente e proporzionata.
La
difesa erariale ritiene che, diversamente da quanto prospettato
nell'ordinanza di rimessione, la norma denunciata non contrasti con
l'art. 39 Cost.
Il
Presidente del Consiglio dei ministri rileva come, in una fattispecie
analoga a quella in esame, la Corte costituzionale, dopo avere
evidenziato la mancata attuazione dell'art. 39 Cost. - e la mancata
applicabilita' del procedimento e delle forme dallo stesso previsti -
ha escluso la illegittimita' di quelle leggi transitorie, provvisorie
ed eccezionali che, al fine di «tutelare l'interesse pubblico alla
parita' di trattamento dei lavoratori», collegano il regime dei
contratti di diritto comune a quello dei contratti ad efficacia
generale (sentenza n. 106 del 1962).
Ad
avviso dell'interveniente, la questione di legittimita'
costituzionale sarebbe non fondata in quanto il censurato art. 7,
comma 4, avrebbe: 1) lo scopo di garantire la "invarianza"
del trattamento economico complessivo minimo dei lavoratori mediante
l'adozione di un medesimo parametro di riferimento; 2) natura
dichiaratamente transitoria, in vista di una completa attuazione
della normativa in materia di socio lavoratore di societa'
cooperative (solo in ragione della complessita' della fattispecie
giuridica da ultimo menzionata, non sarebbe stato possibile
specificare alcun limite temporale preciso di efficacia della
disposizione in oggetto).
Infine,
il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che non possa essere
condivisa la tesi, sostenuta nell'ordinanza di rimessione, secondo
cui la disposizione censurata avrebbe attribuito efficacia erga omnes
ai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e
sindacali comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale
nella categoria, in quanto la norma in questione avrebbe soltanto
assunto il contenuto economico dei contratti in questione quale
parametro di congruita' del trattamento economico, in conformita' con
i principi sanciti dall'art. 36 Cost. 17.- In data 5 febbraio 2013,
il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria
illustrativa nella quale ribadisce le conclusioni di cui all'atto di
intervento del 29 novembre 2011.
18.-
Nel giudizio r.o. n. 240 del 2011, con atto depositato in data 13
dicembre 2011, e' intervenuto il Presidente del Consiglio del
ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale sia
dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata.
In
primo luogo, la difesa erariale sottolinea l'esistenza di un limite
temporale di efficacia della norma censurata, indicato nella
«completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore
di societa' cooperative».
In
secondo luogo, essa osserva come la sentenza n. 268 del 1994,
richiamata nella ordinanza di rimessione, si riferisca ad un'ipotesi
opposta a quella oggetto del giudizio a quo e, cioe', all'ipotesi in
cui la stessa legge prevedeva che un accordo sindacale potesse
derogare alla legge, nella specie in materia di licenziamenti.
Nel
merito, la difesa erariale evidenzia come la norma della cui
legittimita' si dubita non abbia attribuito efficacia erga omnes ai
contratti collettivi in essa indicati. Invece, avrebbe previsto, in
via transitoria ed in attesa di una piu' specifica regolamentazione,
una disciplina del rapporto di lavoro dei soci lavoratori delle
societa' cooperative richiamando, sotto il profilo retributivo, una
regolamentazione gia' prevista in contratti collettivi per categorie
analoghe, espressamente specificando che i trattamenti economici non
possono essere inferiori a quelli previsti da tali contratti.
Sarebbe,
dunque, evidente che i contratti collettivi richiamati nella norma
censurata costituiscono solo un parametro di riferimento per
commisurare una retribuzione - la cui fonte e' normativa e discende
dal citato art. 7 - che, nelle more di una regolamentazione organica
ed uniforme, potrebbe non essere adeguata per il lavoratore.
La
difesa erariale eccepisce, altresi', l'inammissibilita' della
prospettata questione di legittimita' costituzionale, in quanto il
rimettente,
nel rilevare che l'applicabilita' di un sistema retributivo piuttosto
che un altro incide sugli obblighi previdenziali gravanti sul datore
di lavoro, non avrebbe valutato se il sistema retributivo applicato
in concreto fosse il piu' favorevole per il lavoratore. Cio' in
aperto contrasto con la evidente finalita' della normativa che,
facendo riferimento, nei limiti indicati, alla contrattazione
collettiva relativa ad attivita' analoghe a quelle poste in essere
dai soci lavoratori di societa' cooperative, avrebbe inteso
effettuare una equiparazione dei vari sistemi retributivi proprio in
attuazione degli artt. 3 e 36 Cost.
19.-
In data 1°ottobre 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri ha
depositato memoria illustrativa nella quale svolge ulteriori
argomentazioni, di tenore identico a quelle di cui all'atto di
intervento depositato dallo stesso Presidente del Consiglio dei
ministri in data 29 novembre 2011, nel giudizio r.o. n. 232 del 2011.
Considerato
in diritto
1.-
Il Tribunale di Lucca, in funzione di giudice del lavoro, con le due
ordinanze indicate in epigrafe, dubita - in riferimento all'articolo
39 della Costituzione - della legittimita' costituzionale
dell'articolo 7, comma 4, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248
(Proroga di termini previsti da disposizioni
legislative
e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con
modificazioni, dall'art. 1 della legge 28 febbraio
2008,
n. 31.
2.-
In entrambe le ordinanze di rimessione, il Tribunale premette
che,
nei giudizi principali, due societa' cooperative, opponenti avverso
iscrizioni a ruolo di crediti previdenziali ai sensi dell'articolo 24
del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della
disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1
della legge 18 settembre 1998, n. 337), contestano la pretesa
contributiva dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS)
«in relazione al maggior imponibile retributivo e contributivo
determinato ai sensi dell'art 7, comma 4, del decreto-legge 31
dicembre 2007, n. 248 convertito, con modificazioni, dall'art. 1
della legge 28 febbraio 2008, n. 31».
3.-
Ad avviso del rimettente, considerato che, come gia' chiarito da
questa Corte nella sentenza n. 106 del 1962, una legge che cercasse
di conseguire il risultato della efficacia obbligatoria erga omnes
per tutti gli appartenenti alla categoria alla quale il contratto
collettivo si riferisce in maniera diversa da quella stabilita
dall'art. 39 Cost. sarebbe palesemente illegittima, la norma
censurata violerebbe il parametro costituzionale sopra indicato, in
quanto:
a)
attribuirebbe efficacia "erga omnes" a contratti collettivi
di tipo "normativo" e non semplicemente ad "accordi
gestionali" (e' citata, al riguardo, la sentenza n. 268 del
1994);
b)
l'attribuzione di tale efficacia obbligatoria erga omnes, al di fuori
dei requisiti - soggettivi e procedurali stabiliti dall'art. 39
Cost., prescinderebbe totalmente da qualsiasi valutazione in ordine
al rispetto o meno, da parte del diverso contratto collettivo
nazionale di lavoro applicato, dei precetti di cui all'art. 36 Cost.;
c)
avrebbe carattere solo apparentemente transitorio, non individuando
alcun limite temporale preciso di efficacia.
4.-
Le due ordinanze indicate in epigrafe censurano la medesima
disposizione di legge con argomentazioni identiche o analoghe.
Pertanto,
i relativi giudizi di legittimita' costituzionale vanno riuniti per
essere definiti con unica decisione.
5.-
Gli interventi, di cui in narrativa, spiegati, nel giudizio r.o. n.
232 del 2011, dalla Confederazione Cooperative Italiane e dalla Lega
Nazionale delle Cooperative e Mutue, e nel giudizio r.o. n. 240 del
2011, dalla Confederazione Cooperative Italiane, dalla Lega Nazionale
delle Cooperative e Mutue, nonche' dalla Associazione Generale
Cooperative Italiane, sono inammissibili, dovendosi al riguardo
confermare le considerazioni esposte nell'ordinanza letta nella
pubblica udienza del 26 febbraio 2013.
Invero,
premesso che le suddette intervenienti (ad opponendum) non risultano
essere parti nei giudizi a quibus, per costante giurisprudenza di
questa Corte sono ammessi ad intervenire nel giudizio incidentale di
legittimita' costituzionale (oltre al Presidente del Consiglio dei
ministri e, nel caso di legge regionale,
al
Presidente della Giunta regionale), le sole parti del giudizio
principale. L'intervento di soggetti estranei a questo e' ammissibile
soltanto per i terzi titolari di un interesse qualificato, inerente
in modo diretto e immediato al rapporto sostanziale dedotto in
giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla
norma o dalle norme oggetto di censura (ex plurimis: ordinanza letta
all'udienza del 23 ottobre 2012, confermata con la sentenza n. 272
del 2012; ordinanza letta all'udienza del 23 marzo 2010, confermata
con la sentenza n. 138 del 2010; ordinanza letta all'udienza del 31
marzo 2009, confermata con la sentenza n. 151 del 2009; sentenze n.
94 del 2009, n. 96 del 2008 e n. 245 del 2007).
Nei
giudizi, da cui traggono origine le questioni di legittimita'
costituzionale in esame, le posizioni sostanziali dedotte in causa
concernono profili attinenti a contributi previdenziali richiesti
alle societa' cooperative, ricorrenti in opposizione avverso le
relative cartelle esattoriali, e dunque riguardano rapporti tra
l'ente previdenziale e le dette societa' ricorrenti, ma non toccano
in modo diretto ed immediato le posizioni soggettive e le prerogative
delle associazioni intervenienti.
Sotto
altro profilo, l'ammissibilita' d'interventi ad opera di terzi,
titolari di interessi soltanto analoghi a quelli dedotti nel giudizio
principale, contrasterebbe con il carattere incidentale del giudizio
di legittimita' costituzionale, in quanto l'accesso delle parti al
detto giudizio avverrebbe senza la previa verifica della rilevanza e
della non manifesta infondatezza della questione da parte del giudice
a quo.
Da
quanto esposto consegue l'inammissibilita' degli interventi sopra
indicati.
6.-
La questione di legittimita' costituzionale, sollevata in entrambe le
ordinanze di rimessione, e' inammissibile.
In
primo luogo, il ricorrente e' incorso in errore nell'individuazione
della norma denunciata (cosiddetta aberratio ictus), avendo
sottoposto a scrutinio una disposizione non pertinente rispetto
all'oggetto delle censure.
Al
riguardo, si deve premettere che, come risulta dalle due ordinanze di
rimessione, i giudizi a quibus concernono opposizioni a cartelle
esattoriali aventi ad oggetto i (maggiori) contributi previdenziali
richiesti dall'INPS alle societa' cooperative opponenti, in relazione
a rapporti lavorativi da tali societa'instaurati con propri soci
lavoratori. Nelle due cause di cui alle ordinanze, dunque, sono in
discussione i rapporti giuridici previdenziali tra le due cooperative
e l'INPS, ancorche' l'imponibile contributivo risulti determinato nel
quantum con riferimento all'ammontare retributivo spettante ai
lavoratori, nel quadro dei rapporti di lavoro correnti tra questi
ultimi e le societa'. Orbene, l'art. 7, comma 4, del d.l. n. 248 del
2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31 del 2008,
cosi' dispone: «Fino alla completa attuazione della normativa in
materia di socio lavoratore di societa' cooperative, in presenza di
una pluralita' di contratti collettivi della medesima categoria, le
societa' cooperative che svolgono attivita' ricomprese nell'ambito di
applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci
lavoratori, ai sensi dell'art. 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001,
n. 142, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli
dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni
datoriali e sindacali comparativamente piu' rappresentative a livello
nazionale nella categoria».
A
sua volta il richiamato art. 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001,
n. 142 (Revisione della legislazione in materia cooperativistica, con
particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore), sotto
la rubrica "Trattamento economico del socio lavoratore",
stabilisce quanto segue: «Fermo restando quanto previsto dall'art.
36 della legge 20 maggio 1970, n. 300, le societa' cooperative sono
tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico
complessivo proporzionato alla qualita' e quantita' del lavoro
prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni
analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o
della categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi da
quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi
specifici, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in
forma di lavoro autonomo».
La
finalita', perseguita da entrambe le norme, e' quella di garantire
l'estensione dei minimi di trattamento economico (cosiddetto minimale
retributivo) agli appartenenti ad una determinata categoria,
assicurando la parita' di trattamento tra i
datori
di lavoro e tra i lavoratori. Invece, la normativa pertinente alla
determinazione della retribuzione da assumere quale base di calcolo
dei contributiprevidenziali (e, quindi, nel quadro del rapporto
previdenziale) si rinviene non gia' nella norma censurata, ma
nell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338
(Disposizioni urgenti in materia di evasione contributiva, di
fiscalizzazione degli oneri sociali, di sgravi contributivi nel
Mezzogiorno e di finanziamento dei patronati), convertito, con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 1989, n.
389, nonche' nell'art. 2, comma 25,della legge 28 dicembre 1995, n.
549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), e nell'art.
3, comma 4, del decreto legislativo 6 novembre 2001, n. 423
(Disposizioni in materia di contribuzione previdenziale ed
assistenziale per i soci di cooperative, a norma dell'articolo 4,
comma 3, della legge 3 aprile 2001, n. 142).
La
prima norma cosi' dispone: «La retribuzione da assumere come base
per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale
non puo' essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da
leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle
organizzazioni sindacali piu' rappresentative su base nazionale,
ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne
derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal
contratto collettivo».
L'art.
2, comma 25, della legge n. 549 del 1995 stabilisce:
«L'articolo
1 del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, si interpreta nel
senso che, in caso di pluralita' di contratti collettivi intervenuti
per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base dei
contributi previdenziali e assistenziali e' quella stabilita dai
contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei
lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative nella categoria». Infine, l'art. 3, comma 4, del
d.lgs. n. 403 del 2001, con riferimento alla misura della
contribuzione previdenziale per i soci lavoratori di cooperative,
stabilisce che: «A decorrere dal 1°gennaio 2007, per la
determinazione della retribuzione imponibile, ai fini del versamento
dei contributi previdenziali ed assistenziali, trova pplicazione
l'art. 1, comma 1, del citato decreto-legge n. 338 del 1989».
Come
il testuale tenore delle norme ora richiamate pone in luce, i
rapporti previdenziali oggetto dei giudizi di cui alle ordinanze di
rimessione trovano una disciplina specifica e distinta rispetto a
quella dettata dall'art. 7, comma 4, qui censurata.
In
particolare, l'art. 2, comma 25, della legge n. 549 del 1995 (norma
di interpretazione autentica dell'art. 1 del d.l. n. 338 del 1989)
detta una regolamentazione parallela a quella recata dall'art. 7,
comma 4, del d.l. n. 248 del 2007, in questa sede censurata.
Tuttavia, gli ambiti di operativita' delle due norme sono diversi.
Infatti, la prima norma - nell'individuare la retribuzione imponibile
a fini previdenziali o assistenziali, nel caso di pluralita' di
contratti intervenuti per la medesima categoria - attiene al rapporto
previdenziale tra il datore di lavoro (societa' cooperativa) e l'ente
previdenziale, cioe' al rapporto oggetto dei giudizi a quibus, mentre
il denunziato art. 7, comma 4, concerne il rapporto di lavoro tra
societa' e socio lavoratore, con il relativo profilo retributivo,
rapporto che non risulta in discussione nei detti giudizi.
Ne
deriva che il Tribunale di Lucca ha sottoposto allo scrutinio di
legittimita' costituzionale una norma non conferente rispetto al
thema decidendi demandato al suo esame (ex plurimis: sentenze n. 241
del 2012 e n. 47 del 2008; ordinanze n. 180 e n. 120 del 2011 e n. 92
del 2009), soggetto invece alle disposizioni normative dianzi
indicate, sulle quali l'eventuale declaratoria d'illegittimita' non
avrebbe incidenza.
Di
qui l'inammissibilita' della questione.
Ogni
altro profilo rimane assorbito.
per
questi motivi
LA
CORTE COSTITUZIONALE
riuniti
i giudizi;
dichiara
inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
dell'articolo 7, comma 4, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248
(Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e
disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con
modificazioni, dall'articolo 1 della legge 28 febbraio 2008, n. 31,
sollevata dal Tribunale di Lucca, in funzioni di giudice del lavoro,
in riferimento all'articolo 39 della Costituzione, con le ordinanze
indicate in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale,
Palazzo
della Consulta, il 25 marzo 2013.
F.to:
Franco
GALLO, Presidente
Alessandro
CRISCUOLO, Redattore
Gabriella
MELATTI, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 29 marzo 2013.
Il
Direttore della Cancelleria
F.to:
Gabriella MELATTI
Allegato
ordinanza
letta all'udienza del 26 febbraio 2013
ORDINANZA
Visti
gli atti relativi al giudizio di legittimita'costituzionale promosso,
con ordinanza del Tribunale di Lucca, in funzione di giudice del
lavoro, depositata il 14 aprile 2011 (r.o. n. 232 del 2011); Visti
gli atti relativi al giudizio di legittimita' costituzionale
promosso, con ordinanza del Tribunale di Lucca, in
funzione
di giudice del lavoro, depositata il 14 aprile 2011 (r.o. n. 240 del
2011);
Rilevato
che nel primo dei detti giudizi (r.o. n. 232 del 2011) sono
intervenute la Confederazione Cooperative Italiane e la Lega
Nazionale delle Cooperative e Mutue, in persona dei rispettivi legali
rappresentanti pro tempore;
che
nel secondo dei detti giudizi (r.o. n. 240 del 2011) sono intervenute
la Confederazione Cooperative Italiane, la Lega Nazionale delle
Cooperative e Mutue e l'Associazione Generale Cooperative Italiane,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore;
che
i soggetti sopra indicati non sono stati parti nei giudizi a quibus;
che,
per costante giurisprudenza di questa Corte, sono ammessi ad
intervenire nel giudizio incidentale di legittimita' costituzionale
(oltre al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge
regionale, al Presidente della Giunta regionale) le sole parti del
giudizio principale, mentre l'intervento di soggetti estranei a
questo e' ammissibile soltanto per i terzi titolari di un interesse
qualificato, inerente in modo diretto ed immediato al rapporto
sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari
di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura (ex
plurimis: ordinanza letta all'udienza del 23 ottobre 2012, confermata
con la sentenza n. 272 del 2012; ordinanza letta all'udienza del 23
marzo 2010, confermata la con sentenza n. 138 del 2010; ordinanza
letta all'udienza del 31 marzo 2009, confermata con la sentenza n.
151 del 2009; sentenze n. 94 del 2009, n. 96 del 2008, n. 245 del
2007);
che
nei giudizi da cui traggono origine le questioni di costituzionalita'
in esame, le posizioni sostanziali dedotte in causa concernono
profili attinenti ai rapporti previdenziali tra le societa'
cooperative ricorrenti e l'ente previdenziale che non mettono in
gioco le prerogative delle Associazioni intervenienti, ne' toccano in
modo diretto e immediato le loro posizioni soggettive;
che,
peraltro, l'ammissibilita' di interventi ad opera di terzi titolari
di interessi soltanto analoghi a quelli dedotti nel giudizio
principale contrasterebbe con il carattere incidentale del giudizio
di legittimita' costituzionale, in quanto l'accesso delle parti a
detto giudizio avverrebbe senza la previa verifica della rilevanza e
della non manifesta infondatezza della questione da parte del giudice
a quo;
che,
pertanto, gli interventi spiegati nei giudizi di legittimita'
costituzionale sopra indicati dai soggetti di cui in motivazione
devono essere dichiarati inammissibili.
per
questi motivi
LA
CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara
inammissibili gli interventi spiegati dai soggetti di cui in
motivazione nei giudizi di legittimita' costituzionale r.o. n.
232
del 2011 e n. 240 del 2011.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
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