CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 febbraio 2013, n. 7070
Sicurezza
sul lavoro - Somministrazione - Imprenditore che si avvale di
lavoratori di altra azienda - Azienda priva di un’adeguata
struttura - Mancanza di requisiti previsti dalla legge -
Responsabilità penale - Sussistenza.
Ritenuto
in fatto
1.
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Udine, sezione distaccata
di Palmanova, ha affermato la colpevolezza di G.P. in ordine al reato
di cui all'art. 18, comma 2, del D. Lgs n. 276/2003, a lui ascritto
perché, quale legale rappresentante della società A.. S.r.l.,
ricorreva alla somministrazione di manodopera, per un totale di 924
giornate per ciascun dipendente, fornita dalla società A. D.O.O. di
Fola (Croazia) non avente i requisiti dell'agenzia di
somministrazione di lavoro abilitata.
Il
giudice di merito ha accertato in punto di fatto che l'azienda di cui
è legale rappresentante l'imputato aveva utilizzato due operai, tali
L.M. e Li.M., in base a due contratti di appalto stipulati in data 10
novembre 2004 e 14 dicembre 2007 tra la società A.. e la A. Doo
aventi ad oggetto l'incarico di svolgere attività di revisione di
motori, cambi e differenziali. Tali contratti, secondo l'accertamento
di merito, dovevano riferirsi in effetti ad un rapporto di
somministrazione di mano d'opera illecito, non sussistendo gli
elementi propri del contratto di appalto.
2.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso, tramite il difensore,
l'imputato che la denuncia con quattro mezzi di annullamento.
2.1
Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità con
riferimento agli art. 521 e 522 c.p.p..
L'Imputato
è stato condannato per un fatto diverso da quello oggetto di
contestazione in quanto dall'accertamento di merito è esclusivamente
emerso il carattere non genuino dei contratti di appalto intercorsi
tra le parti; ipotesi da ricondursi alla diversa fattispecie di cui
all'art. 18, comma 5 bis, del D. Lgs n. n. 276/2003.
2.2
Violazione ed errata applicazione degli art. 157 e 158 c.p..
Anche,
se si segue la tesi più rigorosa della natura permanente del reato
di utilizzazione di mano in violazione delle prescrizioni in materia,
i fatti concernenti Il primo contratto, avente una durata di 24 mesi,
erano comunque prescritti alla data della sentenza impugnata.
2.3
Carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
rispetto agli atti del processo.
In
sintesi, si deduce che dall'istruttoria dibattimentale espletata era
emersa l'effettività dei contratti di appalto aventi ad oggetto la
somministrazione di servizi da parte della società A. D.O.O. alla A.
Il giudice di merito è pervenuto alla opposta conclusione svilendo
ingiustificatamente le risultanze probatorie sul punto, ritenute
inattendibili, e in alcuni casi travisandone il contenuto, mentre ha
valorizzato le risultanze di altre indagini espletate dalla Guardia
di Finanza che non riguardavano la società di cui è responsabile
l'imputato.
2.4
Inosservanza ed errata applicazione degli art. 18, comma 5 bis, 18
comma 2, e 29 del D. Lgs n. 276/2003.
Nella
sostanza si ribadisce che il fatto accertato doveva essere ricondotto
all'Ipotesi dei contratto di appalto per la somministrazione di
servizi di cui ricorrevano, nel caso in esame, tutti i requisiti
secondo la definizione contenuta nell'art. 29 del D. Lgs n. 276/2003.
Considerato
in diritto
1.
E' esclusivamente fondato il secondo motivo di gravame relativo alla
omessa declaratoria di prescrizione parziale del reato ascritto
all'imputato, mentre sono infondati gli ulteriori motivi di ricorso.
2.
E' stato da tempo precisato da questa Suprema Corte, in tema di
intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro, che la
distinzione tra contratto di appalto e quello di somministrazione di
manodopera va operata non soltanto con riferimento alla proprietà
dei fattori di produzione ma altresì alla verifica della reale
organizzazione dei mezzi e dell'assunzione effettiva del rischio
d'Impresa, in assenza dei quali si configura una mera fornitura di
prestazione lavorativa che, se effettuata da soggetti non
autorizzati, configura il reato di cui all'art. 18 del D. Lgs. 10
settembre 2003 n. 276 (sez. 3, n. 861 del 2005, Rv. 230664).
Orbene,
Il giudice di merito ha correttamente applicato l'enunciato principio
di diritto, ritenendo integrata la fattispecie di reato ascritta
all'imputato.
E',
Infatti, emerso dall'accertamento di fatto, di cui si da
esaustivamente conto nella motivazione della sentenza, mediante
puntuali riferimenti alle risultanze probatorie (teste L.F. della
GG.FF.), che società A. D.O.O., che aveva fornito alla A. S.r.l. i
due lavoratori, non ha mai esercitato alcun potere direttivo o
organizzativo in ordine all'espletamento delle mansioni ad essi
affidate, né aveva assunto alcun rischio di impresa, operando, tra
l'altro, in un settore del tutto diverso da quello della società
assuntrice dei lavoratori, o apprestato alcuna reale organizzazione
di mezzi per l'esecuzione dei lavori formalmente affidati in appalto.
Alla
luce di tali risultanze, pertanto, il contratto di appalto si
configura con certezza come simulato, celando una mera fornitura di
prestazione lavorativa da parte della A. D.O.O., vietata in assenza
della prescritta autorizzazione.
L'utilizzatore
della mano d'opera è incorso, pertanto, nella sanzione di cui di cui
all'art. 18, comma 2, del citato D.Lgs n. 276/2003.
Orbene,
le censure di cui al primo, terzo e quarto motivo di gravame sono
esclusivamente fondate sull'assunto della effettiva esistenza di un
contratto di appalto di servizi, che è stata esclusa dalla sentenza.
Né
può essere censurata in sede di legittimità la valorizzazione da
parte del giudice di merito di determinate testimonianze a differenza
di altre ritenute meno attendibili sulla base di un'adeguata
motivazione.
3.
Come già rilevato è, invece, fondato il secondo motivo di gravame.
E'
noto che II reato di intermediazione ed interposizione nelle
prestazioni di lavoro ha natura permanente, protraendosi per tutto il
tempo del rapporto di lavoro quale oggetto di tutela della norma,
(sez. 3, sentenza n. 16381 del 26/01/2010, P.G. in proc. De Martiis,
Rv. 246754; Conformi: n. 8014 del 1989 Rv. 181490, n. 8546 del 1992
Rv. 191826, n. 23769 del 2001 Rv. 219695, n 25726 del 2004 Rv.
228957)
Orbene,
nel caso in esame, emerge dalla sentenza che l'imputazione e la
successiva affermazione di colpevolezza hanno ad oggetto due distinti
contratti di appalto, rispettivamente del 10 novembre 2004 e del 14
dicembre 2007, ognuno di essi della durata di 24 mesi.
Sicché
vi è stata certamente soluzione di continuità tra la
somministrazione di mano d'opera effettuata in base al primo
contratto di appalto simulato e quella di cui al secondo.
Dalla
data di cessazione della permanenza della somministrazione di mano
d'opera effettuata in base al primo contratto (10 novembre 2006) era
interamente decorso, alla data della pronuncia impugnata, il termine
di prescrizione di cinque anni di cui agli art. 157 e 160 c.p.,
sicché il giudice di merito avrebbe dovuto dichiararla.
Pertanto,
la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio
limitatamente alla condanna dell'imputato per le prestazioni
lavorative di cui al citato contratto di appalto, mentre il ricorso
va rigettato nel resto.
Deve
essere poi rimesso al giudice di merito la determinazione della pena
per le prestazioni lavorative di cui al secondo contratto di appalto.
P.Q.M.
Annulla
senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle prestazioni di
lavoro di cui ai contratto di appalto del 10 novembre 2004 perché il
reato è estinto per prescrizione. Rigetta nel resto il ricorso e
rinvia al Tribunale di Udine per la rideterminazione della pena.
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