Consiglio
di Stato sez. III 24/11/2012 n. 5953
FATTO
e DIRITTO
1.
Con ricorso dinanzi al Tar Liguria, la dottoressa D.Z., in servizio
dal 1° dicembre 1990 fino al 3 dicembre 1992 presso il Servizio di
Neurochirurgia dell’Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure con la
qualifica di assistente medico, premesso di aver espletato durante il
suddetto periodo n.1078 ore di lavoro straordinario e di non avere
ricevuto la relativa retribuzione, chiedeva l’accertamento del
proprio diritto ad ottenerne la corresponsione, con interessi e
rivalutazione monetaria, con conseguente condanna delle resistenti
amministrazioni al pagamento degli stessi.
A
sostegno della dedotta pretesa faceva presente che sebbene le
ripetute prestazioni non fossero state previamente autorizzate,
tuttavia, dalla documentazione versata agli atti risultava che le
stesse erano state espletate per esigenze di servizio.
Inoltre
faceva presente che un’autorizzazione in sanatoria poteva essere
individuata nella nota dell’intimata Usl n.4263 del 30 maggio 1994
con cui l’Usl, in esito all’istanza della ricorrente del
22/4/1994, non avrebbe disconosciuto che le prestazioni straordinarie
erano state espletate per esigenze di servizio.
Il
Tar, prescindendo dalle eccezioni di rito sollevate dalla resistenti
amministrazioni, respingeva il ricorso compensando le spese di
giudizio.
Nell’atto
di appello la ricorrente sottolinea che il principio che non possa
essere liquidato alcun compenso per lavoro straordinario quando
manchi una previa autorizzazione da parte dell’amministrazione,
fatto proprio dal Tar per respingere il ricorso, subisce eccezioni
per i casi in cui la prestazione eccedente non consegua ad una libera
scelta del dipendente, ma costituisca un obbligo che nasca da ragioni
organizzative cogenti e in qualche modo ascrivibili alla
amministrazione, situazione che ricorre nel caso in cui il dipendente
risulti essere l’unico addetto ad un servizio o quando il lavoro
svolto sia indispensabile e non dilazionabile.
Si
è costituita in appello la Azienda sanitaria Locale n.2 Savonese
insistendo per una pronunzia di carenza di legittimazione passiva
della Usl n.2 evocata in giudizio davanti al Tar, in quanto estranea
ai fatti di causa: infatti ai sensi degli artt. 44 e 45 della legge
regionale n.42/94, soggetto legittimato passivo della pretesa fatta
valere in giudizio, concernente i rapporti giuridici pregressi in
relazione al periodo di riferimento e alla struttura dell’Ospedale
S. Corona, sarebbe stata la Usl V del Finalese e l’Azienda
Ospedaliera Ospedale S. Corona di Pietra Ligure ove era costituita
una Gestione Liquidatoria ai sensi della legge regionale n.53/95 e
della legge n.549/95.
Sono
state depositate ulteriori memorie difensive.
Alla
pubblica udienza del 26 ottobre 2012 la causa è stata trattenuta dal
Collegio per la decisione.
2.
Il Collegio ritiene che, anche assorbendo l’esame dei profili di
inammissibilità per carenza di legittimazione passiva dei soggetti
evocati in giudizio in primo grado, nel merito il ricorso in appello
non possa trovare accoglimento.
Come
rilevato da risalente giurisprudenza, nell’ambito del rapporto di
pubblico impiego, la retribuibilità delle prestazioni di lavoro
straordinario è condizionata all’esistenza di una formale e
preventiva autorizzazione allo svolgimento di tali prestazioni di
lavoro eccedenti l’orario d’ufficio: detta autorizzazione svolge
una pluralità di funzioni, tutte riferibili alla concreta attuazione
dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento cui, ai
sensi dell’articolo 97 Costituzione, deve essere improntata
l’azione della pubblica amministrazione.
In
generale, infatti, la preventiva autorizzazione implica la verifica
in concreto delle ragioni di pubblico interesse che rendono
necessario il ricorso a prestazioni lavorative eccedenti l’orario
normale di lavoro e rappresenta lo strumento per evitare che,
attraverso incontrollate erogazioni di somme di danaro per
prestazioni di lavoro straordinario, si possano superare i limiti di
spesa fissati dalle previsioni di bilancio con grave nocumento
dell’equilibrio finanziario dei conti pubblici.
Per
altro verso, la normativa intende escludere che i pubblici dipendenti
siano assoggettati a prestazioni lavorative che, eccedendo quelle
ordinarie, individuate come punto di equilibrio fra le esigenze
dell’amministrazione e i rispetto delle condizioni psico-fisiche
del dipendente, possano creare per l’impiegato nocumento alla sua
salute ed alla sua dignità di persona.
Sotto
ulteriore profilo, la formale preventiva autorizzazione al lavoro
straordinario deve costituire, per l’amministrazione, anche lo
strumento per la valutazione delle concrete esigenze delle proprie
strutture quanto al loro concreto funzionamento, alla loro effettiva
capacità di perseguire i compiti assegnati ed espletare le funzioni
attribuite dalla legge, nonché all’organizzazione delle risorse
umane ed alla loro adeguatezza, onde evitare che il sistematico ed
indiscriminato ricorso alle prestazioni straordinarie costituisca
elemento di programmazione dell’ordinario lavoro.
Deve
anche aggiungersi, non da ultimo, che come peraltro già accennato,
la preventiva autorizzazione costituisce assunzione di
responsabilità, gestionale e contabile, per il dirigente che la
emette, al fine di rispettare i ristretti limiti finanziari entro cui
è consentito liquidare siffatto genere di prestazioni attesa anche
la sopra evidenziata loro eccezionalità.
La
giurisprudenza ha affermato, a volte, che il principio della
indispensabilità della previa autorizzazione allo svolgimento del
lavoro straordinario subisce eccezione quando l’attività sia
svolta per obbligo d’ufficio (al riguardo si parla di
autorizzazione implicita), ma, nel rispetto dei principi
costituzionali sopra ricordati, ha ribadito che deve pur sempre
trattarsi di esigenze indifferibili ed urgenti e che, in ogni caso, è
sempre necessaria una successiva autorizzazione, sia pure ex post.
3.
Sulla scorta di tali consolidati principi l’appello in esame non
può trovare favorevole considerazione risultando in punto di fatto
che le prestazioni di lavoro straordinario di cui l’interessata
chiede il pagamento non sono mai state autorizzate, né in via
preventiva, come di norma dovrebbe avvenire, né successivamente, in
via di sanatoria, come pure è ammesso in casi eccezionali, dal
titolare amministrativo dell’ente che ne abbia assunto anche la
relativa responsabilità contabile con imputazione della relativa
spesa.
Non
può ritenersi a tal fine utile la circostanza che le prestazioni
svolte siano state rese in esecuzione di appositi turni di servizio o
tabulati, atteso che, atti di tale genere, come rilevato dalla
giurisprudenza della Sezione, non possono automaticamente valere,
anche sotto il ripetuto profilo della compatibilità finanziaria,
come provvedimenti autorizzatori allo svolgimento di lavoro oltre
l’orario d’obbligo essendo comunque necessaria una formale
autorizzazione postuma a sanatoria del responsabile amministrativo
dell’ente (da ultimo, Cons. Stato, Sez. III, 15 febbraio 2012, n.
783; VI, 9 novembre 2010, n.8626).
Né
appare ammissibile in appello la singolare richiesta istruttoria al
fine di poter “accertare l’effettiva utilità pubblica delle ore
di lavoro straordinario effettuate…”, ed anche il deposito di
ulteriori nuovi documenti non prodotti nel giudizio di primo grado
tanto più che i nuovi documenti, consistenti sempre in tabulati,
ordini di servizio o altro, quindi irrilevanti per i motivi sopra
evidenziati, era conoscibili dall’interessata usando la ordinaria
diligenza già in primo grado (Cons. Stato, Sez. VI, n.265 del 20
gennaio 2009).
4.
Quanto alla domanda subordinata, non esaminata dal giudice di prime
cure, volta all'attribuzione di una somma a titolo indennitario per
l'ingiustificato arricchimento dell'amministrazione, che si sarebbe
avvalsa di attività riconducibili a prestazioni di lavoro
straordinario dell'interessata non retribuendole con ciò
arricchendosi indebitamente, essa è priva di fondamento, giacché,
come affermato dalla giurisprudenza, il necessario presupposto dell'
azione non è l'infruttuoso esperimento di uno specifico rimedio
giudiziario, ma la sua inesistenza e la sussidiarietà dell’azione
va apprezzata in astratto, là dove manchi qualsivoglia tutela
giuridica, mentre irrilevante risulta in concreto la circostanza del
vano esperimento della specifica azione diretta prevista
dall'ordinamento ad esempio per essere stata giudizialmente respinta
o dichiarata prescritta, atteso che se altra azione in astratto è
esperibile essa è in grado di esaurire qualsivoglia tutela offerta
dall'ordinamento .
Nella
circostanza è pacifico che la ricorrente abbia esperito l' azione a
sostegno delle proprie ragioni risultandone in primo grado
soccombente mentre la circostanza che ciò sarebbe avvenuto per una
erronea valutazione del primo giudice è fatto privo di qualsiasi
rilievo ai fini dell’esperimento dell’azione (ex plurimis, Cass.
Civ. Sez. II, 22 marzo 2012 n. 4620; vedi anche Cons. St., sez. V, 3
novembre 2010, n. 7755).
5.
n conclusione l’appello non merita accoglimento.
6.
Spese ed onorari tuttavia per la natura del petitum possono essere
compensati.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese
compensate .
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2012
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