Cassazione
III civile del 28 settembre 2012, n. 16540
In
fatto e in diritto
1.
B.N. convenne in giudizio davanti al Giudice di Pace di Cagliari il
Comune di Cagliari, esponendo che l'11.6.2001, mentre alla guida del
proprio ciclomotore stava percorrendo il (OMISSIS) , a causa della
presenza di ghiaia sull'asfalto, aveva perso il controllo del mezzo
ed era caduto al suolo, riportando danni al ciclomotore e lesioni
personali; chiese, pertanto, la condanna del Comune al risarcimento
di tutti i danni subiti. Il Comune di Cagliari, costituitosi,
contestò il fondamento delle pretese ed eccepì il proprio difetto
di legittimazione passiva, deducendo che nel luogo del sinistro si
stavano svolgendo lavori di miglioramento della viabilità, commessi
in appalto alla Saromar s.r.l., contrattualmente responsabile per
eventuali danni cagionati a terzi. L'Amministrazione comunale chiese,
pertanto, il rigetto della domanda e l'autorizzazione alla chiamata
in giudizio della Saromar, al fine di essere tenuta indenne in caso
di accoglimento delle domande dell'attore. La Saromar s.r.l.,
costituitasi, contestò il fondamento delle domande e chiese,
comunque, l'autorizzazione alla chiamata in giudizio della Società
Cattolica di Assicurazione cooperativa a r.l., con la quale aveva
stipulato un contratto di assicurazione per danni a terzi. La
predetta compagnia assicuratrice, costituitasi, chiese il rigetto
delle domande proposte nei suoi confronti e delle domande proposte
dall'at. Il Giudice di Pace condannò il Comune al pagamento, in
favore dell'attore, della somma di 6 609,15 e rigettò la domanda
proposta dal Comune nei confronti della Saromar.
2.
Con la sentenza oggetto della presente impugnazione, depositata il 15
febbraio 2006, il Tribunale di Cagliari ha accolto l'appello del
Comune e rigettato la domanda del B. , sul presupposto che, nella
specie, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, nel
caso di specie non trovava applicazione la presunzione di
responsabilità per danni cagionati da cose in custodia ex art. 2051
c.c., dovendosi ritenere le strade beni che, per la loro estensione e
per l'uso generale e diretto da parte dei cittadini, non consentono
una vigilanza ed un controllo idonei ad evitare l'insorgenza di
situazioni di pericolo. La responsabilità della p.a. per danni
conseguenti a difetto di manutenzione delle strade era dunque
configurabile quando fosse risultato violato il principio generale
del neminem laedere ex art. 2043 c.c. e, particolarmente, quando le
strade, per le condizioni in cui erano state tenute, presentassero
per l'utente che fa ragionevole affidamento sulla loro apparente
regolarità una situazione di pericolo occulto (c.d. insidia o
trabocchetto), caratterizzata congiuntamente dall'elemento oggettivo
della non visibilità del pericolo e da quello soggettivo della non
prevedibilità, ovvero dell'impossibilità di avvistarlo
tempestivamente per poterlo evitare (Cass. n. 366/2000; Cass.
5772/98; Cass. n. 340196). Il danneggiato, pertanto, può agire per
il risarcimento soltanto in base all'art. 2043 c.c., per cui gli
incombe il relativo onere probatorio, anche in relazione
all'esistenza della situazione di pericolo occulto. Dalle deposizioni
dei testi escussi nel primo grado del giudizio, era emerso che in
prossimità del punto ove il B. perse il controllo del ciclomotore vi
era un cantiere aperto dallo Saromar, ove per le lavorazioni si
utilizzava sabbia, ghiaia e calcestruzzo, e che nella zona nello
stesso periodo vi erano altri lavori in corso, relativi al
rifacimento di fognature, nonché un transito di autocarri e
betoniere con materiali diversi. Il teste Solla, poi, aveva precisato
che i detriti sulla strada erano formati da pietre, ghiaia e cemento,
che si sbriciolavano al passaggio delle autovetture; auto che, al
momento del sinistro, procedevano incolonnate. Avuto riguardo alle
predette risultanze, il Tribunale riteneva che la presenza sulla sede
stradale di detriti frantumati, non era chiaro se in tutto o in
parte, fosse pienamente visibile, anche a distanza, considerato
altresì che il sinistro avvenne in ora diurna. Invero, proprio
perché si trattava di residui di lavorazioni stradali, non pareva
che gli stessi fossero di minima ed insidiosa quantità, nascosta
alla vista dell'utente della strada; né poteva sostenersi che la
presenza di ghiaia fosse occultata dalla presenza, davanti al B. , di
auto incolonnate, in quanto sarebbe stato sufficiente tenere la
distanza di sicurezza per poter avere una chiara visione delle
condizioni della strada davanti a sé. Per altro verso, non era
condivisibile l'argomentazione del primo giudice, secondo il quale la
ghiaia, se non costituisce una situazione di pericolo per
un'autovettura, ha la caratteristica di insidia per il ciclomotore,
che passando sopra la stessa perde aderenza; infatti, la c.d. insidia
stradale non muta la sua natura secondo il mezzo che percorre la
strada, ma, come sopra rilevato, consiste in una situazione di
pericolo oggettiva, laddove non visibile ed evitabile. Di
conseguenza, ogni utente di comune diligenza avrebbe ben potuto
tempestivamente avvistare la situazione dei luoghi e, quindi,
procedervi sopra con prudenza ovvero evitare il transito il quel
tratto della strada.
3.
Il B. propone ricorso per cassazione sula base dei seguenti motivi;
resiste il Comune con controricorso e chiede dichiararsi
inammissibile e, comunque, rigettarsi il ricorso; gli altri intimati
non hanno svolto attività difensiva.
3.1.
- Violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 c.c., in relazione
all'art. 360 n. 3 c.p.c., per aver ritenuto non applicabile al caso
di specie l'art. 2051 c.c. - che prevede la responsabilità del
custode per i danni cagionati dalle cose che egli ha in custodia,
salvo che provi il caso fortuito - richiamando un orientamento di
questa Corte (n. 5990/98, 921/88) relativo a fattispecie diverse da
quella da decidere (strade di difficile controllo - autostrade -
strade statali di notevole estensione), nonché basandosi su
decisioni ormai datate. La più recente giurisprudenza della Corte ha
precisato che l'art. 2051 c.c. è applicabile anche alla P.A. nei
casi in cui è possibile "un concreto esercizio del potere di
controllo e di vigilanza sulla res" e cioè sulla strada che,
nel caso di specie è inserita nella rete urbana dei Comune di
Cagliari e non è di notevole estensione (Cass. Civ. sez. III,
23.7.2003 n. 11446).
Secondo
Cass. 13 gennaio 2003 n. 298 e 15 gennaio 2003 n. 488, l'esclusione
dell'applicazione dell'art. 2051 c.c. trova il proprio fondamento
soltanto nella impossibilità, per l'ente proprietario della strada
pubblica, di evitare l'insorgenza di situazioni di pericolo derivanti
dal bene, e quindi non già nella sola natura demaniale del bene,
soggetto all'uso diretto da parte della generalità degli utenti, ma
anche nella coesistenza dell'altro elemento di fatto della notevole
estensione del bene stesso. Tale orientamento è conforme a quello
espresso in motivazione dalla sentenza Corte Cost. 10.5.1999 n. 156).
Nel caso di specie, la strada ove si è verificato l'incidente, e
cioè il (OMISSIS) , è notoriamente inserita nella rete urbana di
Cagliari, ha uno sviluppo di pochi chilometri, è soggetta al limite
di velocità di 50 Km, è percorsa giornalmente dai mezzi adibiti al
trasporto pubblico, dai mezzi della Nettezza urbana, dai mezzi dei
Comune di Cagliari addetti al Controllo del traffico e da quelli
incaricati della cura del verde pubblico. Non avrebbe potuto certo
ritenersi unM'impossibilità" del Comune di evitare l'insorgenza
di situazioni di pericolo derivanti dal bene. Per di più i lavori
stradali all'origine dei detriti, causa della caduta della B. , erano
stati commissionati proprio dal Comune, che avrebbe in ogni caso
dovuto e potuto eliminare tempestivamente ogni situazione di
potenziale pericolo, per lo meno segnalando, con opportuni cartelli,
i lavori in corso, trattandosi di elementi che avrebbero dovuto
essere accertati e valutati dal Giudice di merito, a cui spetta di
motivatamente stabilire se sussisteva o meno la possibilità oggetti
va del Comune di esercitare un potere continuo di controllo sulle
condizioni della strada (Cass. 23.7.2003 n. 11446). Ma il Tribunale
di Cagliari non si sarebbe posto alcun problema ed avrebbe deciso in
base ad un principio di diritto astratto, palesemente superato ed
errato, se riferito alla fattispecie, ignorando che questa Corte di
Cassazione, in funzione della estensione delle strade e della
concreta possibilità che abbia a P.A. di effettuare la vigilanza e
il controllo sul bene in custodia, ha stabilito, invece, che l'art.
2051 e. e. non è applicabile nel caso di danni cagionati da, una
strada pubblica solo quando sia oggettivamente impossibile la parte
dell'ente pubblico che ne è proprietario, l'esercizio di un continuo
ed efficace controllo idoneo ad impedire situazioni di pericolo per
gli utenti" (Cass. 23.7.2003 n. 11446; Cass. 13.1.2003 n. 298;
Cass. 15.1.2003 n. 488).
3.2.
- Motivazione insufficiente e non coerente, illogicità consistente
nell'attribuire agli elementi di giudizio significati estranei al
senso comune; in relazione alla applicabilità al caso concreto
dell'art. 2043 c.c. e 149 Codice della Strada. Dopo avere escluso che
al caso di specie fosse applicabile l'art. 2051 c.c. il Giudice
dell'appello ha argomentato avverso la decisione del giudice di Pace,
escludendo qualunque responsabilità del Comune di Cagliari ex art.
2043 c.c. per l'assenza della così detta "insidia stradale";
in definitiva affermando che l'incidente era addebitabile
esclusivamente al comportamento del B. . Per motivare e giustificare
la sua tesi il giudice attribuisce agli elementi di giudizio
significati estranei al senso comune e rende incoerenti le varie
ragioni esposte. Ipotizza che al B. sarebbe stato sufficiente tenere
"la distanza di sicurezza" per poter avere una chiara
visione delle condizioni della strada davanti a sé ed evitare la
caduta. L'art. 149 del Codice della Strada dispone che "Durante
la marcia i veicoli devono tenere, rispetto al veicolo che precede,
una distanza tale, che sia garantita in ogni caso l'arresto
tempestivo e siano evitate collisioni con i veicoli che precedono".
Nel caso di specie, nessuna infrazione è stata contestata al B. , né
è avvenuta alcuna collisione con i veicoli che lo precedevano,
perciò l'affermazione del Giudice appare inconferente, capziosa e
priva di qualunque riscontro con la realtà dei fatti. I
convincimenti del giudice d'appello sarebbero illogici e irrazionali;
contrasterebbero con il comune buon senso e con la quotidiana
esperienza di chi circola su uno scooter e con le oggettive ed
indiscutibili differenze tecniche e fisiche che deve affrontare chi
viaggia su due ruote rispetto all'utente delle quattro ruote o al
pedone. Dalla sentenza non emergerebbe attraverso quali elementi di
giudizio sia stato possibile determinare la quantità e la visibilità
dei detriti stradali, in essa difetterebbe totalmente ogni specifica
analisi delle pur acquisite risultanze probatorie, alla cui disamina
il giudice non può sottrarsi allorché ritenga che esse valgono a
giustificare l'accoglimento della pretesa fatta valere in giudizio,
risultando altrimenti impossibile il controllo logico della
decisione.
4.
- Il primo motivo è fondato, sussistendo l’error in indicando con
esso dedotto, ed il suo accoglimento assorbe ogni decisione in ordine
al secondo, stante il nuovo motivato esame che il giudice di rinvio
dovrà condurre alla luce dei principi che si ribadiscono qui di
seguito.
4.1.
- Erroneamente la Corte territoriale ha fatto discendere
l'inapplicabilità dell'art. 2051 ex. in modo automatico
dall'estensione della rete viaria e dall'uso di essa da parte della
collettività. Infatti, secondo la più recente ed ormai consolidata
giurisprudenza di questa Corte (Cass. 1.10.2004, n. 19653; Cass.
13.1.2003, n. 298, entrambe in motivazione), che si condivide e si
riallaccia alla sentenza 10.5.1999, n. 156, della Corte
Costituzionale, un tale effetto non costituisce riflesso
incondizionato ed automatico delle indicate caratteristiche della
strada, le quali rappresentano meri indizi dell'impossibilità di un
concreto esercizio del potere di controllo e di vigilanza sulla
strada; impossibilità che può essere ritenuta non già in virtù
del semplice riferimento alla natura demaniale ed all'estensione
della strada, ma a seguito di un'indagine condotta dal giudice con
riferimento al caso concreto. In definitiva, l'estensione della
strada e l'uso generale di essa da parte della collettività rilevano
nell'indagine che il giudice è tenuto a compiere caso per caso per
verificare se l'esercizio del potere di controllo e di vigilanza
della strada da parte dell'ente che ne è proprietario sia risultato
in concreto possibile, dovendo altrimenti escludersi il rapporto di
custodia e ritenersi non configurabile la responsabilità di cui
all'art. 2051 c.c..
4.2.
- Questa Corte ha anche precisato il concetto di custode, quale
titolare del potere di custodia (di diritto, ma anche come
disponibilità di fatto), che è potere funzionale, potere esigibile;
ma tale funzione ed esigibilità deve essere valutata in concreto, e
non tradursi in un principio astratto di esenzione di una parte forte
(concessionario di autostrada, ente pubblico territoriale con
gestione della rete stradale di appartenenza, o di altro servizio
pubblico o di bene demaniale). Questo potere di accertamento della
qualità e quantità di custodia, appartiene alla cognizione del
giudice che deve applicare la norma ed il suo ambito, senza creare
posizioni di vantaggio per la parte danneggiante, ma secondo un
prudente apprezzamento delle circostanze e tenendo conto che la norma
pone un rilevante onere della prova a carico della parte che risponde
della responsabilità oggettiva (Cass. 2.3.2007 n. 4962; Cass.
26.9.2006 n. 20823; Cass. 6.7.2006 n. 15383).
4.3.
- Pertanto, il fattore decisivo per l'applicabilità della disciplina
ex art. 2051 c.c. deve individuarsi nella possibilità o meno di
esercitare un potere di controllo e di vigilanza sui beni demaniali,
con la conseguenza che l'impossibilità di siffatto potere non
potrebbe ricollegarsi puramente e semplicemente alla notevole
estensione del bene e all'uso generale e diretto da parte dei terzi,
da considerarsi meri indici di tale impossibilità, ma all'esito di
una complessa indagine condotta dal giudice di merito con riferimento
al caso singolo, che tenga in debito conto innanzitutto gli indici
suddetti. In questa direzione si è orientata negli ultimi anni la
giurisprudenza di questa Corte, i cui più recenti arresti (v. Cass.
18.10.2011 n. 21508) hanno segnalato, con particolare riguardo al
demanio stradale, la necessità che la configurabilità della
possibilità in concreto della custodia debba essere indagata non
soltanto con riguardo all'estensione della strada, ma anche alle sue
caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di
assistenza che lo connotano, agli strumenti che il progresso
tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche acquistano
rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti, rilevando
ancora, quanto alle strade comunali, come figura sintomatica della
possibilità del loro effettivo controllo, la circostanza che le
stesse si trovino all'interno della perimetrazione del centro abitato
(v. Cass. n. 21328 e 21329/10; 12695/10; 24529/09; 9546/09; 15384/06;
3651/06). Occorre, invero, avvertire che, se si tratta di strada
comunale all'interno della perimetrazione del centro abitato (L. n.
1150 del 1942, art. 41 quinquies e succ. mod.), la localizzazione
della strada è indice della possibilità di vigilanza e controllo
costante da parte del Comune.
4.4.
- La sentenza d'appello va cassata perché non conforme agli indicati
principi. Il Tribunale di Cagliari, in diversa composizione,
procederà a nuovo motivato esame, alla luce di tali principi, e
provvederà sulle spese, anche in relazione a quelle del presente
giudizio.
P.Q.M.
Accoglie
il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza
impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Cagliari in
diversa composizione.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.