Cassazione
n. 11798 del 12 luglio 2012
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 28.5/25.6.2010 la Corte di appello di
Lecce , in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava l'illegittimità
del licenziamento intimato a M.M. dalla Cooperativa E. s.c.. di cui era stata
dipendente.
Osservava in sin-tesi la Corte territoriale che i fatti
contestati, e precisamente l'omessa tempestiva comunicazione della prosecuzione
della malattia, doveva ritenersi giustificata in considerazione del compromesso
equilibrio psicologico della lavoratrice, integrando tale situazione un
comprovato e giustificato impedimento, idoneo, in base alla disciplina
collettiva applicabile, a escludere la sanzionabilità disciplinare dei
comportamenti addebitati.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la
Cooperativa estense con due motivi.
Resiste con controricorso l'intimata.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, svolto ai sensi dell'art. 360 n. 3
cpc, la società ricorrente lamenta violazione degli artt. 115 e 116 cpc, nonché
vizio di motivazione ed, al riguardo, osserva che La Corte territoriale aveva
affermato che la lavoratrice versava in una situazione di squilibrio
psicologico, senza che tale valutazione trovasse riscontro nella documentazione
medica acquisita agli atti, la quale, in realtà, non faceva menzione della
compromissione delle facoltà intellettive e volitive della stessa.
Con il secondo motivo, prospettando ancora violazione di
legge (art. 360 n. 3 cpc in relazione agli artt. 2119, 1218 c.c., agli artt.115
e 116 cpc, all'art. 5 della L. n. 604 del 1966, ed agli artt. 1362 e 1363 c.c.
in relazione agli artt. 127, 177, 178 e 179 CCNL 1.1.1999) e vizio di
motivazione (art. 360 n. 5 cpc), la società ricorrente rileva che i giudici di
appello avevano ritenuto quale causa di oggettiva attenuazione della gravità
della mancanza addebitata il fatto che il datore di lavoro ben poteva prevedere
che la malattia sarebbe proseguita e che lo stesso non avesse sollecitato la
visita fiscale, con conseguente illegittima inversione dell'onere probatorio
previsto dalla legge e dalla contrattazione collettiva in caso di assenza per
malattia ed illegittima configurazione di tali circostanze quali elementi
costitutivi della fattispecie di inadempimento dell'obbligo di tempestiva
comunicazione e documentazione della malattia, posto dalla legge e dalla
contrattazione collettiva esclusivamente a carico del lavoratore.
2. Il primo motivo è infondato.
Ha accertato la Corte territoriale, facendo riferimento alla
"copiosa documentazione versata in atti", che la lavoratrice
"già almeno da un anno precedente la data del suo licenziamento (anzi,
addirittura a far tempo dal 2000) soffriva di disturbi d'ansia e di
adattamento, con attacchi di panico, labilità emotiva esasperata,
progressivamente aggravatasi fino ad evolvere in vera e propria sintomatologia
depressiva...all'epoca del licenziamento stesso...".
Osserva la società ricorrente che tale valutazione non trova
riscontro nella documentazione medica acquisita agli atti, dalla quale, in
realtà, non potrebbe desumersi la compromissione delle facoltà intellettive e
volitive della stessa, e, comunque, il perdurare della malattia sin dal 2000.
Ma sul punto si deve considerare che il riferimento ad una
sintomatologia depressiva emerge dalle stesse diagnosi richiamate, anche se
solo per cenno, in seno al ricorso e che del tutto irrilevante appare che la
malattia perdurasse dal 2000, laddove è, invece, decisivo che la stessa si era
già manifestata al tempo del licenziamento, per come attestato dai certificati
che si erano susseguiti "ininterrottamente dal 19.11.2001 al
3.8.2002" (così nel ricorso).
Ed, in ogni caso, si deve rilevare che il motivo si fonda
sull'asserita erronea valutazione di documenti che né risultano trascritti, per
come prescritto dalla regola della necessaria autosufficienza del ricorso per
cassazione, né risultano indicati nella loro esatta collocazione fra i
documenti di causa, per come previsto dal combinato disposto degli artt. 366,
primo comma n. 6 e 369 secondo comma n. 4 cpc.
Deve al riguardo, infatti, ribadirsi che, in tema di ricorso
per cassazione, l'art. 366, primo comma, n. 6 cpc, novellato dal decr. leg.n.
40 del 2006, oltre a richiedere l'indicazione degli atti, dei documenti e dei
contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso (e, quindi, la
descrizione specifica di tali atti secondo il canone dell'autosufficienza del
ricorso per cassazione: cfr. ad es. Cass. n. 18854/2010) , esige, altresì, che
sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale
prescrizione va correlata all'ulteriore requisito di procedibilità di cui
all'art. 369 secondo comma n. 4 cpc, per cui deve ritenersi, in particolare,
soddisfatta, qualora il documento sia stato prodotto, nella fase dì merito,
dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo dello stesso, mediante la
produzione del fascicolo, purché nel ricorso si specifichi che il fascicolo è
stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; ovvero, qualora il
documento sia stato prodotto dalla controparte, mediante indicazione che il
documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di tale parte, pur se
cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento in copia, ai
sensi dell'art. 369 comma 2 n. 4 cpc, per il caso in cui la controparte non si
costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo
o il documento; infine, qualora si tratti di documento non prodotto nella fase
di merito relativo alla nullità della sentenza o all'ammissibilità del ricorso
(art. 372 cpc) oppure dì documento inerente alla fondatezza del ricorso e
formato dopo la fase di merito e comunque dopo l'esaurimento della possibilità
di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione ed
indicazione della produzione stessa nell'ambito del ricorso (cfr. SU ord. n.
7161/2010; v. anche SU n. 22726/2011).
Per il resto, basta osservare che le considerazioni svolte
dalla Corte territoriale circa la giustificazione che l'omessa comunicazione
della protrazione dell'assenza troverebbe nella effettiva prosecuzione della
malattia appaiono svolte solo in via aggiuntiva, al fine di apprezzare
ulteriormente l'effettiva gravità del comportamento censurato, laddove la
ragione giustificativa essenziale della decisione è, in realtà, rinvenibile
nell'esistenza di un comprovato e giustificato impedimento, idoneo, in base
alla disciplina collettiva applicabile, a escludere la sanzionabilità
disciplinare dei fatti addebitati.
3. Il secondo motivo, che si fonda sulla corretta
interpretazione di norme contrattuali (artt. 127, 177, 178 e 179 CCNL 1.1.1999)
e sulla incidenza che la corretta interpretazione di tali disposizioni riflette
sulle norme legali richiamate, va dichiarato improcedibile.
Deve, infatti, ribadirsi come non possa la Corte provvedere
alla valutazione della correttezza dei risultati interpretativi cui è pervenuto
il giudice di merito, come anche dell’insufficienza della motivazione ai sensi
dell’art. 360, n. 5 c.p.c., per non avere la parte ricorrente depositato il
contratto collettivo de quo, la cui produzione è imposta, appunto a pena di
improcedibilità, dall’art. 369, secondo comma, n. 4, c.p.c. allorché si tratti,
come nella specie, di contratti collettivi nazionali di diritto privato,
secondo quanto precisato dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte ormai in
molteplici pronunce e da ultimo anche a Sezioni Unite con la sentenza n. 20075
del 23.9.2010, chiarendosi, altresì, come tale disposizione nella parte in cui
onera il ricorrente (principale o incidentale), a pena di improcedibilità del
ricorso, di depositare i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si
fonda, deve interpretarsi nel senso che , allorché il ricorrente impugni con
ricorso immediato per cassazione, ai sensi del secondo comma dell'art. 420 bis
cpc, la sentenza che abbia deciso in via pregiudiziale una questione
concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole di un
contratto o accordo collettivo nazionale, ovvero denunci, con ricorso
ordinario, la violazione o falsa applicazione di norme del contratto o accordi
collettivi nazionali di lavoro ai sensi dell'art. 360 primo comma n. 3 cpc, il
deposito suddetto deve avere per oggetto, a pena di improcedibilità, non già
solo l'estratto recante le singole disposizioni collettive su cui il ricorso si
fonda, ma anche il testo integrale del contratto o accordo collettivo di
livello nazionale contenente tali disposizioni. Nel caso in esame, la società
resistente non sì è attenuta ai principi richiamati, avendo depositato solo uno
stralcio del contratto, e va, pertanto, dichiarata in parte qua
l'improcedibilità del ricorso.
4. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al
pagamento delle spese che liquida in euro 60,00 per esborsi ed in euro 3.000,00
per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA.
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