Corte di Cassazione , sentenza n. 34735 del 26 settembre 2011
Ragioni della decisione
1. Nel contesto di un complesso
procedimento penale che vedeva contestati a più soggetti reati di corruzione e
turbata libertà degli incanti nell'ambito di forniture di materiale e
strumentazione del settore della raccolta e del trattamento del sangue a vari
enti pubblici ospedalieri, giungono al giudizio di questa Corte di legittimità
parti delle vicende relative a:
- capo 1, appalto dell'Azienda
ospedaliera di (…) , aggiudicata a H. I. SRL , imputati A.L. (responsabile
vendite di B. Italia spa), M.E. (agente di H.I.), T.G. (direttore commerciale
di H.I.), insieme con F.G. (agente H.I.) processato separatamente: consumazione
dal (…) ;
- capo 2, istigazione alla
corruzione di SC.Lu. , primario dell'azienda di (…) , imputato T. , consumazione
del (…) ;
- capo 3, appalto dell'Ospedale
di (…), imputato T. (insieme con V.I. , R.P. e RO.Al. , processati
separatamente), consumazione dal (...) ;
- capo 4, appalto dell'Ospedale
di (...), imputati T. e M. (insieme con V. e R. ), quantomeno dall'(...) ;
- capo 5, corruzione di Me.Fr. -
deceduto - primario dell'ospedale di (...) , imputati T. e D.R.F. (legale
rappresentante di H.I.), consumazione dal (...) ;
- capo 7, corruzione di Me. ,
imputati D.C.G. (legale rappresentante di Im. Italia Spa) e ST.Gi. (legale
rappresentante di società che agiva in nome e per conto di ella Im. Italia
spa), sino al (...) ;
- capo 9, corruzione di S.G.
(primario dell'Ospedale Maggiore Policlinico di (...) da parte di D.C. per Im.
Italia, imputato S. , dal (...) ;
- capo 10, speculare al 9,
imputato D.C. ;
- capo 11, corruzione di S. in
favore della società O. C. Diagnostic, imputato S. , fatti dal (...) ;
- capo 12, corruzione di S. in
favore di K. L. Incorporation, imputato S. , dal (...) ;
capo 13, appropriazione indebita
continuata e aggravata di somme in denaro contante (per complessivi almeno
100.000 franchi svizzeri e 30.000 Euro) in danno della Fondazione Il S.,
imputati S. e G.R. (rispettivamente segretario tesoriere e presidente del
consiglio di amministrazione), sino al (...) ;
- capo 15, illecito
amministrativo ex art. 25 d.lgs. 231/2001 in relazione ai fatti di cui al capo
5, dal (...) .
Il Tribunale di Milano (sentenza
in data 17.4-15.7.2008):
- condannava A. , M. e T. per il
capo 1; T. per i capi 2 e 3; M. e T. per il capo 4; D.R. e M. per il capo 5;
D.C. e ST. per il capo 7; S. per i capi 11 (fatti successivi al ...), 12 e 13;
Ha. Italiaper il capo 15;
dichiarava prescritti i reati di
cui ai capi 9 (S. ), 10 (D.C. ), 11 fino al 2000 (S. ).
- condannava A. , M. e T. al
risarcimento dei danni in favore dell'Ospedale di Garbagnate, assegnando
provvisionali.
Con sentenza del 3.3-26.5.2010 la
Corte di Appello di Milano, in parziale riforma:
- assolveva M. dal capo 1;
- assolveva S. dal reato del capo
12 e dichiarava prescritti i residui fatti di cui al capo il;
- in relazione al capo 13 (S. e
G. ) dichiarava prescritti i fatti precedenti l'ultimo versamento del febbraio
2004;
- confermava nel resto.
2. Questi i ricorsi, con i
rispettivi motivi.
2.1 A. (avv. Sa.; con riferimento
al capo 1, turbativa d'asta all'ospedale di (...) :
- mancanza e/o contraddittorietà
della motivazione con riferimento alla posizione del ricorrente sul punto
specifico della turbativa d'asta avvenuta “in corso di gara”, perché la Corte distrettuale
avrebbe immotivatamente privilegiato la sola deposizione C. , trascurando
quelle B. , Vi. e Sc. favorevoli all'imputato, in ordine ai tempi
dell'episodio;
mancanza, contraddittorietà ed
illogicità della motivazione con riferimento alle dichiarazioni rese nel corso
del procedimento dal F. : la Corte ambrosiana non avrebbe risposto alle
articolate censure difensive sull'inattendibilità del F. , invertendo il senso
della doglianza sulla mancata originaria sua denuncia dei fatti e rispondendo
solo in modo apparente sul punto dei riscontri, con una ricostruzione
complessivamente inverosimile tenuto conto della peculiarità della gara;
mancanza di motivazione con
riferimento alla consulenza tecnica del prof. Be. , che aveva escluso
l'interesse e la possibilità economica della Ba. di partecipare ad una gara con
base d'asta così bassa;
- intervenuta prescrizione del
reato dopo la lettura del dispositivo e prima del deposito della sentenza
d'appello, quindi, secondo il ricorrente, ancora durante la pendenza della fase
di merito.
2.2 M. (avv. Sa.);
1- quanto al reato sub 1,
violazione di legge per l'omessa riduzione della provvisionale posta a carico
del ricorrente, in ragione dell'esclusa solidarietà con i coimputati A. e T. e
dell'assoluzione per questo capo;
2- quanto al reato sub 4
(turbativa d'asta all'ospedale di (...);
2/1. mancanza della motivazione
con riferimento alla consulenza tecnica del prof. Be. , che aveva escluso la
possibilità economica della Ba. di partecipare ad una gara con base d'asta così
bassa;
2/2. mancanza della motivazione
con riferimento all'assenza di poteri in capo al ricorrente.
2.3 D.R. (avv. De. S.;
riferimento al capo 5):
1- violazione di legge e nullità
del decreto che dispone il giudizio relativamente al capo 5, per indeterminatezza
degli elementi costitutivi della fattispecie, perché esso avrebbe omesso di
indicare quando e dove la promessa del presunto accordo corruttivo sarebbe
sorta, anche in ordine ai singoli tre assegni in dollari, all'esatta
individuazione della società capogruppo e dei soggetti effettivamente operanti;
2- violazione dell'art. 268.7
c.p.p. e nullità della testimonianza del m.llo (…) all'udienza 11.10.2007
aventi per oggetto il contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali,
perché avendo lo stesso deposto senza che le trascrizioni fossero ancora a
disposizione, il contraddittorio sarebbe stato non "pieno e
consapevole" e, in ogni caso, non avrebbe potuto mai deporre sul contenuto
delle conversazioni; precisa il ricorrente che la doglianza riguarderebbe
"non tanto la legittimità della testimonianza assunta, quanto la
legittimità dell'operazione con la quale i risultati dell'intercettazione sono
introdotti nel processo";
3- violazione dell'art. 522
c.p.p. per omessa correlazione tra accusa e sentenza, in relazione al ritenuto
generale asservimento (mercimonio) della funzione pubblica da pare del Me. , da
intendersi come fatto storico diverso, a fronte di due specifici e soli
atti/contratti indicati nell'imputazione, il che spiegherebbe l'omessa motivazione
sulla circostanza per il ricorrente determinante, dedotta in appello,
dell'avere altri ospedali acquistato prodotti H. I. con trattativa privata, e
vizierebbe comunque la decisione, di fatto non risultando argomentati episodi
specifici oggetto del mercimonio comunque necessari, sicché la conclusione -
nuova - di tale asservimento risulterebbe illegittimamente sganciata dai
singoli episodi in contestazione, diversamente da quanto aveva invece fatto il
Tribunale,- in definitiva, oggetto dell'accusa, e della condanna d'appello,
sarebbe divenuta la sola contiguità tra Me. e H. I.;
4- mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione: la Corte distrettuale avrebbe omesso di
rispondere ai motivi d'appello, contestualmente indicando un percorso
argomentativo diverso da quello del Tribunale, nonostante il dichiarato
iniziale richiamo, in particolare in ordine:
al significato delle
intercettazioni telefoniche ed ambientali e delle e mail, che si era dedotto
non riferibili a pagamenti corrispondenti all'aumento della fornitura o al
contratto biennale; la Corte le avrebbe ritenute prova della “nuova”
imputazione sostanziale di costante disponibilità ad assecondare gli interessi
di H. I., fatto diverso dalla contestazione specifica, senza mai argomentare
specificamente ed indicare prove del rapporto sinallagmatico relativo alle due
specifiche forniture, al di fuori del richiamo alla conversazione 152/2003;
al carattere fittizio dei
rapporti di consulenza tra Me. e la H. I., in relazione alle deduzioni
d'appello, anche con richiamo a prove testimoniali e documentali,
sull'effettività, pubblicità e liceità del rapporto di consulenza (anche
secondo la normativa del contratto collettivo e l'episodio ... ), con
argomentazione contraddittoria sul punto della promozione dei prodotti, ammessa
come oggetto effettivo dell'accordo documentato, della sovrapposizione tra le
tematiche della sussistenza e quella della irregolarità per omessa
comunicazione all'azienda ospedaliera, nonché tra quelle della qualità dei
soggetti che parlavano della retribuzione rispetto al soggetto formalmente
stipulante la consulenza e della natura commerciale-professionale anziché di
tipo scientifico; in definitiva il Giudice ambrosiano avrebbe indugiato ad un
giudizio etico/morale, irrilevante a fondare la responsabilità penale per il
fatto contestato;
la Corte distrettuale avrebbe
altresì omesso la motivazione sui punti devolutile, con specifici richiami
documentali e testimoniali, del rapporto tra la nascita del rapporto di consulenza
e il suo ruolo di primario, del ritenuto incremento di forniture di H. I.,
della fornitura di questa all'Avis, anche travisando il dato della consulenza
Ga. e ignorando la deposizione m.llo (…) sul punto dell'incremento del
fatturato;
al significato delle
dichiarazioni di esclusività (risultata non effettiva ma comunque idonea a
eliminare procedure di evidenza pubblica), con travisamento delle dichiarazioni
del teste v. , solo dubitative nel caso specifico e confermanti la prassi in
generale, con omessa motivazione sul punto dell'essere stati i prodotti de
quibus oggetto di acquisto a trattativa privata anche da parte di altri
ospedali italiani;
5- mancata riqualificazione del
fatto ai sensi dell'art. 323 c.p., in ragione della possibile incompatibilità tra
i due rapporti paralleli in essere, secondo il ricorrente, quello tra H. S. sa
e Me. , come consulente esterno, e quello tra costui e l'Azienda Ospedaliera
(…), come primario, tenuto conto dell'irregolarità della mancata
formalizzazione del rapporto con l'Ospedale e quando si ravvisasse il dolo
intenzionale di procurare vantaggio a terzi, essendo la relazione economica non
correlata direttamente alla commissione dell'atto contrario ai doveri
d'ufficio;
6- violazione dell'art. 319 bis
c.p. e omessa motivazione sul mantenimento di tale aggravante specifica,
conseguente alla modifica della struttura della contestazione, che ora
prescinderebbe da singoli episodi corruttivi;
7- omessa motivazione sul
trattamento sanzionatorio, quanto ad entità della pena e riconoscimento
dell'attenuante ex art. 62 n. 6 c.p., perché la motivazione non darebbe conto
"sufficientemente preciso" delle ragioni di reiezione delle richieste
d'appello, con riferimento al risarcimento operato nei confronti dell'Ente
ospedaliere, prima costituito parte civile per questo capo di imputazione.
2.4 T. (avv. G., capi da 1 a 5):
1- nullità del decreto che
dispone il giudizio (e conseguentemente dell'ordinanza 5.6.2007 e della
sentenza d'appello) relativamente al capo 5, per indeterminatezza degli
elementi costituivi della fattispecie, in ordine in particolare ai soggetti che
concretamente avevano concluso i contratti di consulenza con il Me. , disposto
e poi eseguito i pagamenti, alle modalità fattuali e temporali di tali momenti,
alla correlazione causale all'attività di consulenza quale scienziato di fama
mondiale piuttosto che come primario, ai fatti/atti contrari ai doveri
d'ufficio, al luogo di consumazione (rilevante per la procedibilità). Le
risposte della Corte sarebbero mancanti o apparenti o illogiche (in particolare
l'eccezione sul luogo afferendo alla competenza e non alla sussistenza del
reato);
2- nullità dell'ordinanza
5.6.2007, e conseguentemente della sentenza d'appello che quella confermava,
quanto all'ammissione delle intercettazioni trascritte come prova, decisiva,
anche per il capo 4 (art. 353 c.p.), non rientrante tra quelli previsti a norma
dell'art. 266 c.p.p.: tali intercettazioni erano state autorizzate per vicende
corruttive con ipotesi provvisoria poi archiviata; la Corte distrettuale
erroneamente avrebbe richiamato l'art. 270 c.p.p., travisando il contenuto
dell'eccezione, che aveva devoluto appunto il diverso tema della possibilità di
estendere, all'interno del medesimo procedimento, i risultati delle
intercettazioni telefoniche a reati diversi dai reati presupposto e per i quali
le intercettazioni non erano consentite; l'assunto difensivo troverebbe
sostegno nella sentenza di questa Corte 12562/2010 in caso strutturalmente
analogo;
3- nullità dell'ordinanza
11.10.2007, e della sentenza d'appello che la confermava, "concernente la
possibilità di effettuare riferimenti ai brogliacci delle intercettazioni
telefoniche da parte del teste m.llo r. , benché non fossero state ancora
depositate le trascrizioni peritali delle conversazioni telefoniche
intercettate". Il ricorrente deduce che il teste sarebbe stato
"essenziale per la ricostruzione dei fatti principali del processo" e
che la Corte distrettuale gli ha attribuito l'aver riferito "i termini ed
i modi degli accertamenti che portavano alle odierne contestazioni" e
precisa che all'udienza dell'11.10.2007 il teste avrebbe ricostruito i fatti di
indagine "facendo per gran parte riferimento alle trascrizioni delle
intercettazioni contenute nei brogliacci" di polizia giudiziaria: ma -
sembra essere la deduzione specifica -ciò avrebbe violato la regola per la
quale unico e insostituibile mezzo per trasferire correttamente il contenuto
fonico delle intercettazioni in un documento cartaceo ritualmente utilizzabile
sarebbe solo la perizia di trascrizione integrale, ai sensi dell'art. 268.7
c.p.p.. La deposizione avrebbe quindi violato tale norma, perché intervenuta
basando le dichiarazioni e il recupero del ricordo su "documento non
utilizzabile", sorto al di fuori di ogni contraddittorio e senza la regola
della perizia. E poiché la stessa Corte distrettuale avrebbe dato atto che la
trascrizione peritale delle conversazioni è stata depositata dopo la
deposizione (…) , sarebbe illogica e contraddittoria la motivazione del non
avere quel teste deposto in assenza del dato probatorio - trascrizione delle
intercettazioni. L'assenza del documento avrebbe impedito il contraddittorio
efficace nell'esame del teste e solo suggestivo sarebbe stato il rilievo che
comunque i difensori avevano potuto confrontare le dichiarazioni (…) con i
contenuti delle intercettazioni trascritte, essendo quelle dichiarazioni
originariamente invalide perché utilizzanti documenti che utilizzabili non
erano. Successivamente il ricorrente precisa che "il problema non investe
tanto la legittimità della testimonianza assunta, quanto la legittimità
dell'operazione con la quale li risultati delle intercettazioni sono introdotti
nel processo";
4- in relazione al capo 1,
erronea applicazione della legge penale, contraddittorietà ed illogicità della
motivazione, quanto all'erronea valutazione dell'origine dell'iniziativa del
dr. Sc. , all'aver ritenuto le dichiarazioni di questi concordi con quelle di
F. che era invece la fonte anche delle prime e per aver citato deposizioni del
tutto contrarie, all'indicazione e valutazione dei riscontri al F. , con
particolare riferimento al contenuto del verbale di negoziato 31.10.2002 in
relazione all'incidenza sul punto delle diverse successive offerte ed alle due
telefonate fatte a T. ; la Corte distrettuale avrebbe specialmente ignorato i
punti dell'appello relativi: alla consulenza Be. , al cartello Ba. – H. I.,
all'accordo tra le due società, al problema dell'ordine di chiamata,
all'assenza di movente da parte degli agenti Ba., aspetti tutti invece coerenti
con la spiegazione del F. nel suo interrogatorio;
5- prescrizione del reato di cui
al capo 1;
6- erronea applicazione della
legge penale e vizi di motivazione in ordine al reato di cui al capo 2, per la
lacunosità della motivazione del Giudice d'appello rispetto ai motivi
devolutile, quanto alle differenze tra le narrazioni di Sc. , C. e F. ,
all'interpretazione autentica data da T. alle proprie parole, all'assenza del
dolo specifico in quanto il fraintendimento dei destinatari non poteva
fondarlo; la Corte avrebbe poi omesso di trattare i profili di diritto
afferenti la configurabilità dell'art. 322 c.p., con riferimento all'esistenza
dell'offerta di denaro finalisticamente collegata ad atti futuri, alla serietà
della stessa ed all'immediata reazione del destinatario;
7- violazione degli artt. 521.2 e
522 c.p.p. e vizi della motivazione che ha confermato la responsabilità, con
riferimento al capo 3, perché rispetto ad una contestazione ancorata sulla
condotta del partecipare alla redazione del capitolato d'appalto con il
soggetto incaricato di predisporlo (secondo il ricorrente smentita dal
contenuto dell'atto), la Corte avrebbe confermato la condanna richiamando
conversazioni successive al capitolato e una condotta di costante affiancamento
per raccogliere informazioni utili per la decisione sul prezzo da offrire
successiva all'atto, quindi una condotta di indirizzamento. Oltretutto in punto
responsabilità, su questa diversa ipotesi, la Corte distrettuale non avrebbe
argomentato i profili dedotti dalla difesa nell'appello, l'intercettazione
richiamata in sentenza risultando disattesa da contrari riscontri
dibattimentali (la non corrispondenza del capitolato alle aspettative, le
dichiarazioni Ro. e R. , la conversazione R. - V. );
8- erronea applicazione della
legge penale, contraddittorietà e illogicità della motivazione, in relazione al
capo 4, perché la Corte distrettuale "incredibilmente" non avrebbe
condiviso le argomentazioni di natura economica svolte nella consulenza Be. e
nei motivi d'appello, sulla spiegazione della mancata partecipazione della soc.
Ba. alla gara, con un "totale travisamento" nell'aver giudicato la
Ba. apparentemente favorita dalle condizioni di gara. E perché mancherebbe
motivazione sul ritenuto concorso di T. con M. e V. ;
9- violazione dell'art. 522
c.p.p., in ordine al capo 5; il testo riproduce il testo del motivo terzo del
ricorso D.R. ;
10- erronea applicazione della
legge penale in ordine al capo 5, illogicità e contraddittorietà della
motivazione; il testo riproduce il testo del motivo quarto del ricorso D.R. ;
11- inosservanza o erronea
applicazione della legge penale e mancata riqualificazione del fatto nella
fattispecie ex art. 323 c.p.; il testo del ricorso riproduce il testo del
motivo quinto del ricorso D.R. ;
12- violazione dell'art. 319 bis
c.p. e omessa motivazione sul mantenimento di tale circostanza aggravante; il
testo del ricorso riproduce il testo del motivo terzo del ricorso D.R. ;
13- mancanza, contraddittorietà
ed illogicità della motivazione sul punto della responsabilità civile per i
reati di cui ai capi 1 e 2, in ordine alla sussistenza dei danni, patrimoniali
e non, ai vizi formali delle conclusioni scritte, all'ambito della delibera di
procura speciale limitato al solo capo 1, all'omessa motivazione sul danno
morale e sulla quantificazione della provvisionale;
14- "incongruità" delle
pene comminate e mancanza di "adeguata" motivazione sul punto.
2.4.1 Con motivi aggiunti il
ricorrente chiede dichiararsi la prescrizione dei reati di cui ai capi l
(richiesta già dedotta con il quinto motivo del ricorso originario), 2 e 5 (per
quest'ultimo da ritenersi alla data del 13.5.2011, in relazione alle date di
consegna degli assegni, essendo irrilevante l'effettivo compimento o meno
dell'atto del pubblico ufficiale contrario ai doveri d'ufficio), ed annullarsi
con rinvio per la rideterminazione della pena per i capi 3 e 4.
2.5 H. I. Srl (avv. Va.):
1- totale carenza di motivazione,
per l'inidoneità del richiamo per relazione alla motivazione relativa agli
imputati, in ragione della non piena sovrapponibilità della responsabilità
penale dei singoli alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche
ex d.lgs. 231/2001; in particolare sarebbe stata omessa la motivazione sui temi
dell'interesse e del vantaggio, con i conseguenti risultati effettivi ottenuti
dall'agente, in ordine alle vicende del capo 5 (contratti e forniture
all'Ospedale …), richiamato dal capo 15 ascritto alla ricorrente, nonostante le
specifiche deduzioni d'appello sull'insussistenza di un concreto esito di
vantaggio;
2- carenza e illogicità della
motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità, perché tra H.
Corporation (società multinazionale di diritto statunitense, in cui favore il
prof. Me. avrebbe svolto attività di consulenza), S.A. di Signy (persona
giuridica, di diritto svizzero, che aveva corrisposto il prezzo della
corruzione per ottenere il vantaggio) e H. I. srl non sarebbe esistito alcun
rapporto.
2.6 D.C. (avv. S. e B.;
riferimento al capo 7):
1- mancanza di motivazione sul
primo motivo d'appello, relativo all'eccezione di nullità della deposizione del
m.llo (…) ;
2- erronea applicazione dell'art.
319 e mancanza e contraddittorietà della motivazione in relazione alla
sussistenza del requisito della contrarietà dell'atto ai doveri d'ufficio con
riferimento alla ed vendita della funzione, perché il metodo seguito e
dichiarato dalla Corte d'appello si concretizzerebbe nella totale mancanza di
valorizzazione del requisito normativo della contrarietà ai doveri d'ufficio;
non sarebbe stato dato conto compiuto delle ragioni di contrarietà
dell'attività e degli atti del prof. Me. e del pregiudizio concreto per
l'ospedale, come per la contestazione della favorevole divulgazione dei
prodotti Im. a collega di altro ospedale, rimasta priva di motivazione; sarebbe
mancata la risposta alle censure d'appello relative alle singole condotte
ascritte (pag. 9 - 14 ricorso), essendo inidonei la citazione di brani delle
deposizioni, espressamente oggetto di deduzioni d'appello per la loro
interpretazione, ed il richiamo alla ricostruzione dei fatti operata dal
Tribunale, pure contestata; in particolare la Corte distrettuale non avrebbe
spiegato i criteri di selezione delle dichiarazioni di Me. , da alcune delle
quali, specificamente indicate e commentate nell'atto di appello, si sarebbe
invece evinta la mera riconduzione dell'attività dello stesso con la Im. . a
una collaborazione scientifica (pag. 14) e la legittimità dei suoi rapporti con
gli omologhi primari degli altri ospedali; sul punto è stata depositata
successiva memoria, con il commento di alcune telefonate e deduzioni di
illogicità dell'interpretazione;
3- erronea applicazione dell'art.
319 c.p., inosservanza dell'art. 522.2 in relazione all'art. 521 c.p.p., omessa
motivazione per la mancata applicazione dell'art. 531 c.p.p.. La Corte
ambrosiana avrebbe stravolto il capo di imputazione, articolato su una
pluralità di specifiche condotte e di singoli fatti di corruzione, in
continuazione tra loro, pervenendo ad un fatto nuovo di vendita della funzione,
mai contestato e rispetto al quale non è stata svolta difesa. Per la revoca
della prima e per la seconda aggiudicazione avrebbe dovuto esser dichiarata la
prescrizione, collocandosi tali condotte entro il 2001, così come per gli eventuali
pagamenti ritenuti sussistere prima di quello di 13.500 Euro accertato nel
marzo aprile 2004;
4- erronea applicazione dell'art.
319 c.p., mancanza e contraddittorietà della motivazione in relazione alla
sussistenza dell'accordo corruttivo e alla natura della remunerazione percepita
dai pubblici ufficiali, in particolare quanto al collegamento cronologico tra
attività e remunerazione ed all'autonomia del patto corruttivo rispetto alle
dazioni, secondo il ricorrente non rinvenibile nel solo testo delle
intercettazioni riportate nella sentenza d'appello; sarebbe irrilevante in sé
il pagamento all'estero, alla luce del contenuto della deposizione V. ,
riportato nell'atto d'appello, sulla prassi di avvalersi della collaborazione
dei rappresentanti delle ditte nella redazione tecnica dei capitolati,
contenuto che, non essendo stato espressamente oggetto di motivazione, avrebbe
determinato un travisamento della prova. In ordine alla remunerazione, la
motivazione si sorreggerebbe su tre affermazioni inidonee, in ordine ai punti
della ritenuta discordanza delle dichiarazioni di ST. , della rilevanza data al
parziale ricordo, delle modalità di pagamento, ed avrebbe omesso il confronto
argomentativo con le deduzioni d'appello relative alle deposizioni Fe. e m. e con
la dedotta distanza temporale tra i momenti dell'accordo e del pagamento;
5- mancanza, contraddittorietà e
illogicità della motivazione in relazione alle dichiarazioni della Ve. ,
esaminata ai sensi dell'art. 210 c.p.p., per l'omesso confronto con le deduzioni
del corrispondente motivo d'appello afferenti le vicende penali e il
contenzioso con la Im. e per l'inesistenza di riscontri diversi dal fatto
dell'accertato unico pagamento e relativi agli altri fatti narrati dalla donna;
sul punto è stata depositata successiva memoria, che tratta in particolare gli
aspetti della predisposizione della seconda lettera e dell'allontanamento di
altre persone dell'organo direttivo;
6- mancanza, contraddittorietà e
illogicità della motivazione in relazione al coinvolgimento del ricorrente, per
l'inidoneità logica dei due elementi (coinvolgimento nello specifico pagamento,
consapevolezza dei pagamenti in genere operati dalla ditta) a dar conto della
partecipazione al generale accordo corruttivo, per la non motivata rilevanza
della conversazione ST. - Me. sulla posizione D.C. , e per la non considerata
assenza di un apprezzabile vantaggio economico di Im. dall'intera vicenda; su
tale ultimo punto la memoria successiva svolge deduzioni di contestazione dei
riferimenti al ricorrente, sui rapporti tra lo stesso e ST. e sulla
strumentalità delle dichiarazioni di quest'ultimo.
2.7 ST. (avv. Ca.; riferimento al
capo 7):
1- violazione e falsa
applicazione degli artt. 187, 192 e 533 c.p.p., in punto sussistenza della
responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio, perché la Corte distrettuale
avrebbe valorizzato, anche con dubbia legittimità in relazione alla specifica
imputazione (secondo il ricorrente imperniata solo sul versamento di 13.500
Euro già giustificata per la partecipazione al convegno di Assago), congetture
e spunti inesistenti e autoalimentanti la propria veridicità, senza valutare
con congrua motivazione gli elementi forniti dalla difesa e dalla stessa accusa
pro reo e quelli obiettivamente risultanti dai fatti di causa;
2- violazione e falsa
applicazione degli artt. 125.3 e 546 c.p.p., 111 Cost., perché in definitiva il
passaggio motivazionale essenziale (la struttura della condotta illecita
articolata su accordo con promessa di plurimi pagamenti di cui uno solo accertato)
sarebbe rimedio per salvare l'imputazione, affermando un insussistente
asservimento dell'intera funzione mai contestato e pagamenti ulteriori del
tutto privi di prova; l'intera motivazione sarebbe squilibrata, soffermandosi
su fatti riconducibili a singolo episodio ed invece poi ricavandone meri indizi
utilizzate come prove della diversa condotta complessiva;
3- violazione dell'art. 319 c.p.,
alla luce degli insegnamenti di Cassazione sentenze 34417/2008 e 20016/2008,
perché la Corte milanese avrebbe argomentato di un generico asservimento,
forzando generiche condotte non trasparenti e ignorando i soli quattro fatti
specifici contestati come condotte in concreto contrarie ai doveri d'ufficio,
sulle quali il ricorrente (pag. 12 e 13 dell'atto di ricorso) ripropone le
proprie valutazioni. È stata depositata memoria sul punto della necessaria
indicazione di qualità e caratteristiche dell'attività specifica che sarebbe
stata compravenduta e della determinabilità dell'atto;
4- violazione degli artt. 132,
133, 62 bis e 81 c.p., 27 Cost., e difetto di motivazione in ordine alla misura
della pena, per l'eccessività della pena e la non giustificazione del giudizio
di sola equivalenza delle circostanze, in relazione al caso.
2.8 S. (avv. De., capi 11 e 13):
1- con riferimento al capo 11
(dichiarato prescritto in appello), erronea applicazione della legge penale e
contraddittorietà, illogicità ed apparenza della motivazione, perché:
1/1. il corruttore avrebbe
eventualmente dovuto essere individuato nella persona del dr. B. , responsabile
all'epoca dei fatti della J. C., che aveva confermato di essere a conoscenza
dell'attività di consulenza svolta dal ricorrente, ed invece sentito come
teste;
1/2. non sarebbe stata accertata
e motivata la conformità o meno dei comportamenti del S. rispetto ai propri
doveri d'ufficio o servizio e la relazione causale tra atto ed utilità, in
particolare essendosi valorizzata la mancanza documentale rispetto alle
dichiarazioni sul contenuto orale dei frequenti pareri, ignorandosi trasparenza
dei compensi ed autorizzazione delle consulenze annuali, e contraddicendosi con
le argomentazioni usate per il capo 9;
2- con riferimento al capo 13,
violazione di legge e vizi di motivazione sulla configurabilità del reato di
cui all'art. 646 c.p.:
2/1. in relazione al momento (e
tempo) di consumazione del delitto, secondo il ricorrente da collocare al
momento dell'accesso presso la filiale della banca svizzera per decidere della
gestione del denaro depositato e degli interessi, quindi il reato sarebbe stato
interamente consumato all'estero, mancando la condizione di procedibilità;
2/2. per la mancata
riqualificazione ai sensi dell'art. 2634 c.c., da considerarsi norma speciale
rispetto al 646 c.p., in presenza del conflitto di interessi configurabile per
l'accusa di distrazione dei fondi non nell'interesse della Fondazione e per un
sostanziale tradimento della fiducia, ed improcedibile per mancanza di querela,
avendo tra l'altro il Consiglio di amministrazione ratificato l'operato del
ricorrente e del coimputato G. ;
3- omessa motivazione in ordine
alle richieste di diminuzione della pena ed applicazione della sospensione
condizionale della pena e della non menzione; illogicità della motivazione sul
diniego della prevalenza delle riconosciute attenuanti generiche in ragione
della maggior gravità della condotta rispetto a quella del coimputato G. È stata depositata memoria sul punto della
configurazione dell'art. 319 c.p..
3.1 Il ricorso di A. è infondato.
L'impugnata sentenza va tuttavia annullata senza rinvio nei suoi confronti,
essendo intervenuta la prescrizione del reato a lui ascritto sub 1.
I primi due motivi si risolvono
in censure di merito. La Corte d'appello ha argomentato specificamente sui
punti dedottile, spiegando con motivazione né apparente né manifestamente
illogica o contraddittoria (in particolare pagg. 36, 39) le ragioni per cui ha
ritenuto le dichiarazioni di C. e F. soggettivamente ed oggettivamente
determinanti in relazione alle alternative ricostruttive proposte
dall'appellante, le argomentazioni in ricorso in realtà sollecitando una
rivisitazione del contenuto di merito di quell'apprezzamento.
Il terzo motivo è infondato,
giacché la Corte ha specificamente trattato la questione, sia pure nel contesto
del capo 4 (pag. 73).
Il quarto motivo è infondato.
Nel processo con rito
dibattimentale, anche nel caso di sentenza redatta con motivazione non
contestuale, il grado di giudizio si chiude con la lettura del dispositivo, che
costituisce il momento di deliberazione irrevocabile della decisione e quindi
quello della pronuncia della sentenza.
È quindi la deliberazione del
dispositivo, e non il deposito del testo della sentenza completo della
motivazione, il momento rilevante ad esempio anche ai fini dell'art. 303
c.p.p., oltre che per l'operatività delle disposizioni transitorie della legge
251/2005 (SU, sent. 47008/2009; Sez.6, sent. 8983/2010, che in motivazione
indica come data dell'emissione della sentenza quella della deliberazione).
L'infondatezza del ricorso, a
fronte di una doppia conforme condanna nella fase di merito, assorbe ogni
valutazione residuale ai sensi dell'art. 129 c.p.p. ed impone la conferma, ai
sensi dell'art. 578 c.p.p., della condanna ai fini civili.
3.2 Il ricorso di M. è infondato.
Quanto al primo motivo, è vero
che l'imputato è stato assolto in appello dall'imputazione relativa al capo l e
che per tale reato il Tribunale aveva condannato il M. a corrispondere alla
parte civile, a titolo di provvisionale suddivisa con gli altri due coimputati
(pag. 138 s., statuizione non impugnata dalle altre parti interessate), la
somma di Euro 20.000. Ma la revoca/inesistenza di tale precedente statuizione
di contenuto civilistico è già automaticamente conseguente all'assoluzione
penale dal capo, che assorbe ogni statuizione civilistica che ha come
necessario presupposto l'affermazione di responsabilità (arg. ex art. 574.4
c.p.p. e, del resto, in tal senso induce la stessa sentenza impugnata, p. 44
ultimo paragrafo).
I motivi relativi al capo 4 sono
manifestamente infondati ed al tempo stesso diversi da quelli consentiti. La
Corte distrettuale ha espressamente argomentato in ordine alla non determinante
rilevanza della consulenza tecnica Be. (pag. 73) ed alle ragioni di reiezione
della prospettazione difensiva secondo la quale M. non avrebbe avuto poteri
decisionali autonomi nella vicenda (pagg. 68ss - 73), con motivazione non
apparente, congrua ai dati probatori richiamati, non manifestamente illogica o
contraddittoria. Le censure del ricorso su tale capo, pertanto, si risolvono
nella rinnovata prospettazione di una rivalutazione di quel materiale
probatorio, rispetto al duplice conforme apprezzamento dei due Giudici della
fase di merito: censure precluse in sede di legittimità.
3.3 Il ricorso di D.R. , che
risponde del solo capo 5, è infondato.
Come già esposto nella prima
parte della sentenza, alcuni dei motivi di questo ricorrente sono
sovrapponibili a quelli del coimputato T. (quanto a questo specifico capo di
imputazione, così potendo essere trattati congiuntamente in questa sede).
Il primo motivo (indeterminatezza
del capo di imputazione) è manifestamente infondato: contrariamente alle
deduzioni difensive (anche del coimputato T. ), la Corte distrettuale (e il
Tribunale con l'ordinanza 5.6.2007) hanno spiegato con motivazione né apparente
né viziata ai sensi della lettera E dell'art. 606.1 c.p.p. l'irrilevanza degli
aspetti concreti secondari afferenti le dazioni delle somme di denaro e degli
assegni, alcioni di questi tra l'altro esattamente indicati e pertanto per sé
idonei a consentire ogni difesa, e comunque l'avvenuta indicazione sufficiente
degli elementi costitutivi e della loro contestualizzazione spazio-temporale.
Le censure della difesa T. sul contesto territoriale appaiono sostanzialmente
generiche e diverse dal consentito, non risultando proposta - e comunque
coltivata specificamente - una tempestiva inequivoca contestazione della
questione di competenza territoriale, o di procedibilità, per questo capo
(l'ordinanza 5.6.2007 da atto di una eccezione corrispondente solo per i capi 3
e 4, per il 5 da subito essendosi contestata, da parte delle difese, solo
l'aspetto afferente l'indeterminatezza del contenuto fattuale
dell'imputazione), comunque l'aspetto afferente la procedibilità (in ipotesi
non soggetto a termine preclusivo) essendo dedotto in termini generici ed
eventuali.
Il secondo motivo (afferente la
deposizione del teste … e comune a più difese) è manifestamente infondato. In
definitiva risulta dalle sentenze di merito che questo teste è colui che si è
limitato a fornire in dibattimento la spiegazione della complessiva evoluzione
delle indagini sull'intera vicenda, non costituendo affatto il veicolo, e
neppure uno dei veicoli, di introduzione nel processo del contenuto probatorio
proveniente dalle intercettazioni, poi utilizzato trattando le singole
posizioni. In particolare, il richiamo al contenuto delle intercettazioni
utilizzate volta per volta dai Giudici del merito per apprezzare le singole
posizioni processuali risulta sempre avvenuto esclusivamente attraverso la immediata
citazione dei testi di trascrizione delle conversazioni, mentre i riferimenti
del teste al contenuto delle telefonate - per come risulta nella parte
descrittiva delle due sentenze - sono avvenuti solo per spiegare il perché
delle successive iniziative di indagine. Se si considera che questo è stato
l'ambito dei richiami, che gli stessi sono avvenuti utilizzando atti di
indagine presenti negli atti e quindi noti o conoscibili dalle difese, che la
deposizione del teste non risulta mai richiamata dalla Corte d'appello per
sorreggere, e in modo determinante, la ricostruzione specifica dei fatti
addebitati ai singoli imputati, ed in particolare a D.R. e T. , alla manifesta
infondatezza si aggiungono ragioni di difetto nella deduzione specifica (ai
sensi dell'art. 581 e 606.1 c.p.p.) della necessaria decisività dell'eccezione
al fine della decisione.
Il terzo motivo è infondato. In
sostanza la critica difensiva contesta che la Corte d'appello abbia finito con
il punire il generico rapporto tra Me. ed H. I. (e i singoli imputati a questa
riconducibili in ragione del proprio specifico ruolo), sganciandosi da ogni
esame sulla effettiva sussistenza di specifici rapporti di corruzione, in
particolare ovviamente quelli indicati nell'imputazione. La lettura del capo di
imputazione impone innanzitutto di constatare come la condotta contestata non
sia mai stata quella solo relativa ai tre assegni (misura non inferiore a, e
riferimento quale data di inizio del periodo considerato il 2001, a fronte di
condotte esemplificative che sono contestualmente indicate come consumate dal
2003), il che da conto della coerenza all'imputazione della valutazione del
Giudice d'appello, secondo il quale (p. 103) nella specie non si fa riferimento
a un delitto continuato di corruzione ma solo a una corruzione la cui condotta
risulta connotata sia da una consistente durata che da remunerazioni plurime
riferite all'unico accordo corruttivo. E la lettura della motivazione d'appello
sul capo assegna in realtà il motivo alla critica di fatto nell'apprezzamento
del materiale probatorio disponibile.
Invero, la Corte distrettuale ha
condiviso la ricostruzione in fatto della vicenda in termini di attività
deviata dagli interessi commerciali che si risolveva anche in una condotta di
forte orientamento del potere discrezionale nell'ambito dell'attività collegata
all'Ospedale ed all'esercizio di poteri e competenze propri della qualità
direttiva (p. 83, 103, 118), con una costante remunerazione volta a favorire
nel tempo (con tale uso distorto dei poteri discrezionali funzionali) la H. I.,
che trovava occasioni ripetute di concretizzazione, tra le quali quelle
indicate nell'imputazione costituendo esempi di modalità o attività. In
definitiva, un unico accordo collusivo strutturato come messa a disposizione o
vendita della funzione dietro compenso, concretizzatosi tra l'altro negli
episodi esemplificati nell'imputazione, che - differentemente da quanto dedotto
dal ricorrente - sono stati espressamente oggetto di valutazione nella loro
specificità (pure con il doveroso confronto con le censure difensive) e nel
loro collegamento/inserimento nell'accordo complessivo ed unico (pag. 119 ss.).
Le articolate deduzioni del
quarto motivo si risolvono in censure di fatto, volte a sollecitare una
valutazione diversa delle risultanze probatorie, a fronte invece di una
motivazione che ha rinnovato l'apprezzamento probatorio, concordando con quello
del Tribunale solo in esito a specifica contingente spiegazione, motivazione né
apparente né viziata da manifesta illogicità o contraddittorietà (in
particolare pag. 112 e precedenti, 115 s, 108 s., 119).
Il quinto motivo è manifestamente
infondato, presentandosi anche come intrinsecamente contraddittorio, perché
delle due l'una, o le singole scelte erano obiettivamente volte al meglio, e
quindi non sarebbe stata configurabile alcuna rilevanza penale della condotta,
ovvero tali scelte sono state condizionate (come giudicato nei due gradi del
giudizio di merito) alle e dalle corresponsioni ricevute e sollecitate (ed
allora non è certo configurabile il mero abuso d'ufficio).
Il sesto motivo è manifestamente
infondato, perché per le ragioni dette la Corte distrettuale non ha modificato
la struttura della contestazione.
Il settimo motivo è inammissibile
perché diverso da quelli consentiti, svolgendo deduzioni di merito sulle
articolazioni del trattamento sanzionatorio.
3.4 Il ricorso di T. è infondato.
L'avvenuta prescrizione dei reati di cui ai capi 1 e 2 impone tuttavia
l'annullamento della sentenza relativamente agli stessi, ferme le statuizioni
civili e con la rideterminazione della pena come da dispositivo, dovendosi
eliminare gli aumenti di pena principale che i Giudici del merito avevano
quantificato per tali capi, ritenuti in continuazione e non più gravi, e la
stessa pena accessoria. Nel resto il ricorso va rigettato.
Quanto ai motivi primo
(indeterminatezza del capo di imputazione), terzo (deposizione mar. r. ), nono,
decimo, undicesimo, dodicesimo (afferenti il capo 5), vale quanto argomentato
sui punti corrispondenti del ricorso del coimputato D.R. . Il reato di cui al
capo 5 non è prescritto, perché dalle pagine 86-89 della sentenza d'appello (in
particolare 88 e 89) risultano condotte ancora in atto quantomeno nell'(...) .
3.4.1 Il secondo motivo,
afferente l'utilizzazione delle intercettazioni trascritte come prova decisiva
anche per il capo 4 (che riguarda il delitto di cui all'art. 353.1 c.p.,
rispetto al quale né il titolo di reato né l'entità della pena avrebbe
consentito un autonomo provvedimento autorizzativo), è infondato nei termini
che seguono.
Per come meglio ricostruito nel
motivo d'appello (pag. 11s atto, 3943S atti), l'ipotesi prospettata è quella
dell'intercettazione ritualmente disposta per un reato che la consente, nel
corso della quale emerge un ulteriore reato, che per sé non avrebbe consentito
l'autorizzazione e quindi l'uso di tal mezzo di indagine, ma che è
caratterizzato da connessione e collegamento, anche soggettivo quanto alla
persona del medesimo imputato, con delitti contro la pubblica amministrazione
per cui si stava procedendo (pag. 67 sentenza Corte d'appello).
Sul punto, non sussistono ragioni
per discostarsi dall'insegnamento di questa Corte secondo il quale quando
l'intercettazione è già ritualmente autorizzata nell'ambito di un procedimento,
i suoi esiti possono essere utilizzati anche per i reati diversi ma
soggettivamente ed oggettivamente connessi o collegati, che siano emersi dalla
medesima attività di intercettazione, anche quando il loro titolo o il loro
trattamento sanzionatorio non avrebbero consentito un autonomo provvedimento
autorizzativo (Sez.3, sent. 39761/2010; Sez. 3, sent. 794/1996).
Si tratta del principio che, in
realtà, è anche confermato proprio dalla sentenza di questa Corte che il
ricorrente ha invece richiamato a sostegno della propria tesi (Sez. 3, sent.
12562/2010). In effetti, tale pronuncia riguardava una situazione di fatto
diversa da quella nostra (come sopra individuata) e nel corso della motivazione
era espressamente precisato che il principio affermato per risolvere quel
diverso caso (e poi massimato) non si riferiva al caso (appunto, il nostro)
"in cui nell'ambito dello stesso procedimento vengano giudicati reati
diversi, connessi tra loro, per alcuni dei quali le intercettazioni telefoniche
o ambientali erano consentite, sicché ne risulti legittima l'utilizzazione. Si
palesa opportuno osservare sul punto che i concetti di utilizzazione in altri
procedimenti, contenuto nell'art. 270 c.p.p. e di inutilizzabilità di cui
all'art. 271 c.p.p. appaiono identificativi dell'uso processuale del mezzo di
prova (cfr. sent. Corte cost. n. 366 del 1991), sicché una volta che le
intercettazioni telefoniche o ambientali sono legittimamente entrate a far
parte del processo, sia nell'ipotesi in cui vengano utilizzate per l'accertamento
di un reato connesso, indipendentemente dall'esito del relativo giudizio, sia
nell'ipotesi in cui il reato per il quale erano state disposte successivamente
venga diversamente qualificato, non possono essere dichiarate inutilizzabili
con riferimento alla fattispecie per la quale non sarebbero state
consentite".
Ed in effetti la giurisprudenza
di questa Corte ha espressamente valorizzato l'indicazione normativa fornita
dall'art. 271 c.p.p. che, collegando la sanzione dell'inutilizzabilità dei
risultati all'evenienza che le intercettazioni siano state eseguite fuori dei
casi consentiti dalla legge o senza l'osservanza delle disposizioni di cui agli
artt. 267 e 268 commi 1 e 3 c.p.p., la pone in relazione a vizi del momento
genetico dell'attività di intercettazione (Sez. 6, sentenze 50072/2009 e
24966/2011). Sicché, quando le intercettazioni siano state autorizzate nel
medesimo procedimento ed in relazione al medesimo soggetto, sia pure per fatti
distinti ma connessi o collegati, le esigenze proprie della riservatezza delle
comunicazioni, che ne limitano rigorosamente la lesione, risultano di fatto
venute meno, sicché il bilanciamento ricordato dalla stessa Corte
costituzionale (per tutte, sent. 81/1993) tra l'inderogabile esigenza di
prevenire e reprimere reati e quella di inviolabilità e segretezza delle
comunicazioni può assumere; aspetti diversi rispetto al caso
dell'intercettazione dalla quale emerga occasionalmente il fatto autonomo del
terzo estraneo (Sez. 6, 24966/2011).
La conclusione viene confortata
anche dall'osservazione che la lettera stessa degli artt. 266 e 270 c.p.p. non
presenta indicazioni opposte o incompatibili, anzi tale lettera fornendo almeno
due indicazioni con essa coerenti.
Da un lato, infatti, l'art. 266
c.p.p. non disciplina espressamente l'ipotesi del concorso di reati nel
medesimo procedimento, per escludere l'utilizzabilità dei risultati delle
intercettazione per i reati diversi da quelli positivamente lì indicati; e ciò,
pur essendo l'ipotesi di concorso di reati fenomeno del procedimento del tutto
usuale e frequente. La locuzione "nei procedimenti relativi ai seguenti
reati" deve allora, per esigenze di intrinseca coerenza sistematica (in
definitiva l'esigenza di valutazione unitaria, coerente e complessiva del
materiale probatorio acquisito legittimamente al processo), essere interpretata
nel senso della sufficienza della; presenza di uno dei reati di cui all'art.
266 c.p.p. all'interno del procedimento. Del resto, sarebbe paradossale dover
invece pervenire alla conclusione che l'art. 266 c.p.p. disciplini solo i casi
in cui il singolo procedimento tratta uno solo, o più, dei reati che
espressamente indica.
D'altro lato l'art. 270 c.p.p.,
quando deve individuare i parametri per legittimare l'utilizzazione dei
risultati delle intercettazioni in altri procedimenti, non richiama
l'elencazione tassativa dell'art. 266 c.p.p., ma ne indica uno nuovo e diverso
(l'indispensabilità per l'accertamento e che si proceda per delitti per i quali
è obbligatorio l'arresto in flagranza), certamente non sovrapponibile né
coincidente con la clausola generale di cui all'art. 266.1 lett. A) c.p.p.
In definitiva, sia la lettera che
il contesto sistematico in cui si collocano gli artt. 266 e 270 c.p.p.
dimostrano che il legislatore si è posto il problema della utilizzazione dei
risultati di intercettazioni legittimamente disposte per uno dei reati indicati
nell'art. 266 c.p.p., trattando esplicitamente solo il caso dell'utilizzazione
extraprocedimento e tuttavia riconoscendo in quel caso la possibilità di utilizzazione
secondo parametri diversi da quelli indicati nell'art. 266 c.p.p. Ma nuovamente
paradossale sarebbe interpretare le due norme nel senso che, avendo il
legislatore evitato di dare esplicita disciplina per i reati diversi da quelli
ex art. 266, ma interni al medesimo procedimento, per essi mai sarebbero
utilizzabili gli esiti delle intercettazioni, addirittura neppure nei casi in
cui essi lo sarebbero invece in un procedimento diverso.
Lettera e contesto sistematico di
tali due norme, allora, impongono l'interpretazione per la quale quando
l'intercettazione è legittimamente autorizzata all'interno di un determinato
procedimento nel quale si tratta di uno dei reati ex art. 266 c.p.p., i suoi
esiti sono utilizzabili anche per tutti gli altri reati trattati nel medesimo
procedimento, senza condizione alcuna; mentre, quando si tratta di reati
oggetto di diverso procedimento, l'utilizzazione è subordinata alla,
sussistenza dell'articolato parametro indicato espressamente dall'art. 270
c.p.p. (indispensabilità e obbligatorietà dell'arresto in flagranza).
3.4.2 Quanto al capo 1, i motivi
diversi dalla richiesta di prescrizione sono inammissibili. Il motivo attinente
l'affermazione di colpevolezza (quarto) propone censure afferenti
l'apprezzamento delle dichiarazioni del teste SC. e del coimputato separato F.
che, in realtà, si risolvono nella sollecitazione ad una rivalutazione del
merito di tale apprezzamento. Con motivazione tutt'altro che apparente, immune
poi dai vizi di manifesta illogicità e contraddittorietà - che soli rilevano in
questa sede -, la Corte distrettuale ha espressamente spiegato, con ripetuti ed
organizzati richiami a materiale probatorio non incoerente con l'apprezzamento,
perché, e in conforme lettura con il primo Giudice del merito (di cui ha dato
pure puntuale ricostruzione), ha ritenuto quelle dichiarazioni affidabili e
determinanti, confrontandosi con le censure difensive, superandole con
motivazione specifica ed immune dai due vizi logici soli rilevanti, in
definitiva pervenendo ad una valutazione del materiale probatorio che faceva
seguito ad un apprezzamento rinnovato rispetto a quello del Giudice di merito,
con attenzione sia allo spessore intrinseco delle prove che al nucleo delle
censure difensive (pag. 36-40).
Anche in ordine al capo 2 le
censure si risolvono in critiche all'apprezzamento di merito del materiale
probatorio, invece argomentato in modo tutt'altro che apparente e con rigoroso
richiamo a elementi di prova non incongrui agli assunti, con specifico
confronto con l'essenza dei motivi d'appello (pagg. 42 - 43 sent.).
Il motivo relativo al capo 3
(settimo) è manifestamente infondato. La Corte d'appello ha spiegato perché la
valutazione del Tribunale, che essa ha confermato, non costituisse immutazione
del fatto, indicando le conversazioni e le condotte che avevano preceduto la
delibera che allegava il capitolato speciale e la successiva scadenza del
termine per il deposito delle offerte, con un apprezzamento che trova conferma
sia nei fatti come ricostruiti [che vedono una costante articolata
partecipazione alla determinazione del concreto contenuto del bando (pag. 57 e
58) e poi all'individuazione del prezzo utile a vincere la gara, non
illegittimamente valutati insieme, i secondi contribuendo al senso probatorio
delle prime condotte che nello stesso capo di imputazione che richiama comunque
anche il fatto dell'aver pilotato l'esito della gara, esattamente
corrispondente agli aggiustamenti successivi (pag. 59s.), sui quali piena
difesa è stata svolta. Le censure probatorie attengono al merito
dell'apprezzamento, a fronte di una ricostruzione in sentenza che richiama
contenuti di prova non incongrui alla valutazione scelta, esposta con
motivazione né apparente né manifestamente illogica né contraddittoria.
Anche il motivo relativo al capo
4 (ottavo) è inammissibile perché diverso da quelli consentiti, prospettando
censure di merito volte a proporre una ricostruzione alternativa, in tesi
difensiva più convincente, ma estranea a questa sede di legittimità a fronte di
motivazione non incongrua ai dati probatori richiamati, non apparente e non
viziata ai sensi dell'art. 606.1 lett. e) c.p.p.
In ordine alle determinazioni
civilistiche (motivo 13), a pag. 43 s. - trattando il tema in risposta alle
contrapposte censure della parte civile e tenendo presente quanto argomentato
dal Tribunale alle pagine 136 e 137 - la Corte distrettuale ha trattato il
punto con motivazione non apparente ed immune dai vizi logici soli rilevanti il
punto del risarcimento. Sul punto delle carenze formali/sostanziali in ordine
al capo 2, in realtà il motivo è generico e inosservante il principio di
autosufficienza del ricorso, laddove pare indicare l'introduzione (in sede di
discussione di primo grado, come precisato nel motivo di appello pertinente) di
questione (l'impossibilità per la parte civile di concludere anche per il capo
2), che in realtà si risolve nella richiesta di esclusione della stessa parte
civile, oltre il termine di cui all'art. 80.3 c.p.p. Invero, dal punto di vista
sistematico ogni costituzione di parte civile si giustifica e presenta come
richiesta di esercizio dell'azione civile rispetto a determinati fatti/reato
dedotti come produttivi di danno (o imponenti restituzioni). La costituzione di
parte civile, quindi, da subito deve indicare quali sono i fatti per i quali
l'azione civile viene esercitata ed è quello il momento in cui le parti contro
interessate possono, e quindi debbono ai sensi della norma richiamata,
formulare la propria richiesta di esclusione (eventualmente parziale, nel senso
appunto di limitata ad alcuni dei fatti/reato oggetto della costituzione
medesima).
Il motivo sul trattamento
sanzionatorio è generico e diverso da quelli consentiti, prospettando censure
di merito.
3.5 Il ricorso di H. I. srl deve
essere rigettato.
il primo motivo è infondato. H.
I. risponde del capo 15 in stretta e necessaria correlazione con il capo 5. La
Corte distrettuale ha trattato esaurientemente il capo 5, dovendo lì affrontare
anche le questioni poste da H. I., in quanto strettamente connesse a quelle
proposte in particolare dal D.R. e dal T. (soggetti con funzioni di
rappresentanza e amministrazione all'interno della società), in ordine alla
esistenza di attività corruttiva che ha portato vantaggi non alla persona
fisica di quell'imputato ma alla società di cui aveva la rappresentanza legale.
Il rinvio formale che il Giudice d'appello ha quindi fatto alle argomentazioni
svolte trattando il capo 5, dopo aver dato ampio e compiuto conto delle
argomentazioni del Tribunale e dei motivi d'appello della società (pag.
126-133), non costituisce motivazione omessa o apparente.
Il secondo motivo è diverso da
quelli consentiti, svolgendo censure che, a fronte della puntuale motivazione
della Corte d'appello sui diversi aspetti della vicenda (in particolare pagg.
127, 130, 134 e 108, 110 e soprattutto 117, poi 118-120), si risolvono nella
sollecitazione alla preclusa rivalutazione del materiale probatorio in ordine
al coinvolgimento di questa compagine sociale (rispetto all'articolazione con
le società omonime di diritto statunitense e di diritto svizzero) ed ai suoi
interessi e vantaggi, punti della decisione invece trattati con argomenti
congrui ai dati probatori richiamati, in un contesto di motivazione tutt'altro
che apparente ed immune dai vizi di manifesta illogicità e contraddittorietà.
3.6 Il ricorso di D.C. è
infondato.
Sul primo motivo rileva quanto
argomentato per il secondo motivo del ricorso D.R.
Il quinto motivo è inammissibile,
perché - a fronte di una specifica motivazione della Corte d'appello, non
incongrua ai dati probatori richiamati, non apparente ed immune dai vizi di
manifesta illogicità e contraddittorietà, unici rilevanti in questa sede di
legittimità - propone censure che sono in realtà volte ad ottenere un diverso
apprezzamento dell'apporto probatorio attribuibile alle dichiarazioni della
V.E.
È infatti pacifico l'insegnamento
di questa Corte secondo il quale l'indagine di legittimità sul discorso
giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il
sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato a riscontrare
l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione
impugnata, senza possibilità di verificare la miglior adeguatezza possibile
delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare
il proprio convincimento. Esula quindi dai poteri della Corte di cassazione
quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice
di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze processuali (S.U., Sent.6402/1997). Sicché questa Corte non
può non solo sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a
quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche saggiare la tenuta logica della
pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l'apparato
argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento
mutuati dall'esterno (S.U., Sent. 12/2000), tra cui ovviamente quelli diversi
eventualmente dedotti dal ricorrente. Ciò, perché nel momento del controllo
della motivazione la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di
merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di
apprezzamento (Sez. 4, Sentenza n. 4842/2004).
Nel caso di specie la Corte
d'appello alle pagine 188-192 non ha trascurato gli aspetti essenziali
caratterizzanti la natura delle dichiarazioni della VE. , il suo ruolo ed il
contesto afferente i rapporti con Im., fornendo una spiegazione del proprio
apprezzamento di merito che, come detto, risulta immune dai soli vizi che
potrebbero rilevare in questa sede.
Le considerazioni appena svolte,
sui limiti della cognizione della Corte di legittimità, rilevano anche per i
motivi secondo, terzo e quarto, che vanno trattati congiuntamente per le
evidenti connessioni del loro contenuto.
Già con la sentenza Sez. 6,
2894/1998 questa Corte ha affermato che il reato di corruzione sussiste
ogniqualvolta si accerti che la consegna del denaro al pubblico ufficiale è
avvenuta in ragione delle funzioni da lui in concreto esercitate e per
retribuirne i favori. Per questo non è necessaria l'individuazione specifica
dell'atto d'ufficio oggetto dell'accordo corruttivo, perché la nozione di atto
va intesa anche in senso non formale, comprendendo tale locuzione qualsiasi
comportamento che comunque violi i doveri di fedeltà, imparzialità, onestà,
perseguimento esclusivo dell'interesse pubblico, propri di chi esercita una
pubblica funzione. Rileva in proposito anche la funzione di controllo (Sez. 6,
sent. 21192/2007). Se per atto d'ufficio può quindi ritenersi anche il
comportamento che concretizza la funzione assegnata alla competenza del
singolo, è tuttavia necessario che sia individuabile, e provato, un concreto
atteggiamento diretto a vanificare la funzione demandata (Sez. 6, sentt.
34417/2008 e 20046/2008).
Orbene, la Corte d'appello ha
spiegato di aver giudicato sussistere nella fattispecie non la continuazione
tra singoli episodi di corruzione, bensì la vendita della funzione di primario
con poteri peculiari nel determinare i processi decisionali dell'azienda
ospedaliera (in particolare nelle procedure per le acquisizioni di forniture),
nella forma del mercimonio della discrezionalità (nei termini strutturali
propri anche del capo 5); una vendita della funzione caratterizzata, nel suo
complesso, da una costante condotta di agevolazione della Im. dietro
remunerazione, articolata su un accordo con promessa di plurimi pagamenti di
cui almeno uno accertato, ma, esso, non unico oggetto dell'accordo stesso (il
che segnava la diversità in fatto di questa situazione rispetto a quella
oggetto dell'insegnamento di Sez. 6, sent. 34415/2008). L'impostazione della
Corte distrettuale è corretta sul piano dell'interpretazione della norma e non
incongrua al capo di imputazione quale in fatto concretamente contestato,
essendovi espressamente richiamate condotte varie e promesse ulteriori rispetto
al singolo versamento.
Il Giudice d'appello ha quindi
esaminato (pagg. 174-185) le censure difensive, dopo averne dato ampio e
specifico conto, spiegando perché confermava l’interpretazione delle
conversazioni intercettate nel senso già apprezzato dal Tribunale - di rapporti
permanenti (pag. 179) non corretti tra il primario - in ragione delle sue
responsabilità e funzioni specifiche nella struttura pubblica e degli interessi
pubblici soli rilevanti, e - quanto a questa imputazione - la Im. ., con S.T.
che aveva agito nella consapevolezza e con l'approvazione del D.C. (pag. 180).
Rapporti non riconducibili alla mera collaborazione scientifica, avendo
conseguenze ed effetti concreti, immediati ed efficaci, nell'impostazione della
gestione degli acquisti per l'ospedale dove Me. era primario (p. 176; 193-200,
201). Sul punto la Corte territoriale ha anche specificamente spiegato perché
doveva escludersi la riferibilità di alcuni pagamenti all'attività
convegnistica e scientifica, comunque di lecita collaborazione autonoma e
indifferente all'orientamento della discrezionalità della funzione pubblica
esercitata (pag. 183, 184, 185; 193), evidenziando la rilevanza in concreto e
anche motivando specificamente sulle deposizioni Fe. , m. e Ra. . In definitiva
vi è un apprezzamento di merito articolato, che si salda con quello del
Tribunale, specificamente richiamato dal Giudice d'appello negli aspetti di
valutazione del singolo elemento probatorio, attento al nucleo delle censure
difensive d'appello, sorretto da motivazione non apparente, non incongrua ai
dati probatori volta per volta richiamati, né manifestamente illogica o
contraddittoria.
Sono quindi palesemente infondate
anche le deduzioni volte ad ottenere la dichiarazione di prescrizione dei
singoli episodi.
Altrettanto infondato è il motivo
volto a contestare la motivazione sulla ritenuta compartecipazione consapevole
del ricorrente D.C. all'accordo corruttivo. La Corte distrettuale ha trattato
specificamente il punto, tenendo conto del nucleo essenziale della deduzione
difensiva, e, in conformità alle conclusioni del primo Giudice, con apprezzamento
rinnovato all'esito del confronto argomentativo svolto con costante indicazione
degli elementi probatori ritenuti assorbenti, ha disatteso la censura, con
motivazione non apparente e immune dai vizi di cui all'art. 606.1 lett. E
c.p.p. (evidenziando in particolare sia la decisività del ruolo di D.C. nella
struttura Im. per quanto atteneva ai
pagamenti - pag. 173 -, sia - con specifici riferimenti a determinati e
determinanti interventi, pag. 179s., 183 - la personale consapevolezza del
peculiare (e complesso sul piano delle forme della retribuzione) rapporto con
Me. (180, 190, 202), spiegando anche altrettanto specificamente perché dovesse
essere esclusa alcuna strumentalità nelle dichiarazioni di ST. (186, 189s.).
Sicché, in definitiva, anche sotto
questo profilo il ricorso finisce con il sollecitare precluse rivalutazioni
articolate del merito probatorio.
3.7 Il ricorso di S.T. va
rigettato.
Il primo motivo è generico e
svolge sostanzialmente censure di merito afferenti il contenuto dell'apprezzamento
probatorio delle prove.
Il secondo motivo è infondato.
Richiamando le considerazioni appena svolte trattando la posizione del
coimputato D.C. , va appunto rilevato come nel capo di imputazione siano
espressamente richiamate condotte varie e promesse ulteriori rispetto al
singolo versamento: dovendosi pertanto escludere alcun problema di legittimità
della statuizione, il resto diviene questione di esistenza ed adeguatezza della
prova, e quindi questione di merito, una volta che la Corte distrettuale abbia
(come si evince in particolare dalle argomentazioni alle pag. 169, 176 e 185)
spiegato non con argomenti solo apparenti e con percorso logico immune dai soli
vizi di manifesta illogicità e contraddittorietà le ragioni della ritenuta
sussistenza di un accordo corruttivo di mercimonio dell'esercizio della
funzione pubblica afferente la qualità ed attività di primario, quanto
all'influenza nella determinazione degli acquisti di macchinari e strumenti.
Il terzo motivo è infondato,
perché la Corte distrettuale, proprio argomentando perché l'accordo corruttivo
andasse oltre i singoli episodi ma si fosse concretizzato anche in singole
attività volte a privilegiare la Im. . rispetto alle concorrenti, si è
confrontata pure con le condotte indicate esemplificativamente in epigrafe (tra
l'altro, pag. 176, 178, 197s, 200s), in ogni caso non esaustive della
contestazione.
Il quarto motivo, afferente il
trattamento sanzionatorio, svolge censure in realtà di puro merito.
3.8 Il ricorso di S. è fondato
limitatamente al motivo sull'omessa motivazione in ordine alla richiesta dei
benefici di legge.
Effettivamente il quinto motivo
d'appello richiedeva, ed argomentava a sostegno, la rideterminazione della pena
nel minimo edittale, con la concessione della sospensione condizionale, la
contestuale revoca dell'indulto applicato dal Tribunale e la concessione anche
del beneficio della non menzione della condanna ex art. 175 c.p.. La Corte
d'appello ha ridotto la pena a cinque mesi di reclusione e 600 Euro di multa,
quindi sanzione potenzialmente compatibile con i benefici richiesti
nell'impugnazione, ma non ha poi argomentato le ragioni dell'obiettivo diniego,
di fatto non provvedendo sulla specifica articolata richiesta. Sul punto,
pertanto, l'impugnata sentenza va annullata con rinvio ad altra sezione della
Corte ambrosiana, per nuovo giudizio sul punto.
Nel resto il ricorso va
rigettato.
Quanto al capo 11, dichiarato
integralmente prescritto in appello, in assenza oltretutto di pertinenti
statuizioni civili l'apprezzamento non può che essere limitato alla ricorrenza
delle condizioni per attestare come evidente una situazione probatoria che
impone il proscioglimento nel merito. Che palesemente non sussiste, a fronte di
due sentenze di merito conformi nella condanna e di deduzioni, la prima
sostanzialmente irrilevante (laddove lamenta la mancata estensione dell'azione
penale sul versante Janssen Cilag) e la seconda manifestamente infondata e
generica, laddove non si confronta con la motivazione specifica del Giudice
d'appello e afferma presupposti in fatto diversi da quelli accertati ed
argomentati dai Giudici del merito (es. la presenza costante di autorizzazioni
annuali).
In ordine al capo 13, entrambe le
deduzioni sono generiche, perché nuovamente non vi è confronto argomentativo con
quanto effettivamente ritenuto dalla Corte d'appello, che ha spiegato come
risultasse in fatto trattarsi di reato concorsuale con accordo intervenuto in
Italia (pag. 299) e con direttive che avevano origine in Italia (pag. 300),
nonché (pag. 304) perché nella fattispecie concreta mancasse un preventivo
attuale ed obiettivo conflitto di interessi tra il soggetto attivo e l'ente
(Sez.5, sent. 15879/2008 e Sez.5, sent. 40921/2005).
4. Consegue alla reiezione dei
ricorsi di H. I. S.r.l., M. , D.R. , D.C. e ST. , la loro condanna al pagamento
delle spese processuali.
A. e T. , in ragione della
soccombenza civile confermata, debbono rimborsare in solido alla parte civile
le spese del presente giudizio che, tenuto conto dei valori della tariffa
professionale penale e dell'apporto in concreto fornito, vanno liquidati in
complessivi Euro 3.778, oltre IVA e CNPA.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza
impugnata nei confronti di A. , perché il reato è estinto per prescrizione,
ferme restando le statuizioni civili.
Annulla senza rinvio la sentenza
impugnata nei confronti di T. , limitatamente ai reati di cui ai capi 1 e 2,
perché estinti per prescrizione, ferme restando le statuizioni civili.
Ridetermina per T. la pena in anni due e mesi dieci di reclusione ed elimina la
pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici, rigetta nel resto il
ricorso di T.
annulla la sentenza impugnata nei
confronti di S. limitatamente alla sospensione condizionale della pena ed alla
non menzione della condanna nel certificato penale e rinvia per nuovo giudizio
sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. Rigetta nel resto
il ricorso di S.
Rigetta i ricorsi di H. I. s.r.l., M. , D.R. , D.C. e S.T. , che
condanna al pagamento delle spese processuali.
Condanna A. e T. a rimborsare in
solido alla parte civile le spese del presente giudizio, che liquida in
complessivi Euro 3.778, oltre IVA e CNPA.
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