Cassazione
civile, sez. II, sentenza 05 aprile 2011, n. 7785
FATTO
E DIRITTO
1)
Il 5 novembre 2008 il tribunale di Bolzano, sez. staccata di Merano,
in riforma della sentenza resa il 26 febbraio 2007 dal giudice di
pace di Merano, accoglieva l'appello proposto da B.M., la quale aveva
proposto opposizione al verbale di accertamento di violazione
dell'art. 142 C.d.S., comma 8, verificata il 20 gennaio 2005 alle
19:37 dalla polizia municipale di Lagundo.
Per
quanto ancora qui interessa, il tribunale riteneva fondata la censura
attinente alla necessità di taratura dell'apparecchiatura
elettronica utilizzata per il rilevamento e all'onere
dell'amministrazione di dar prova della relativa operazione,
necessaria per la regolarità della rilevazione.
Riteneva,
inoltre, viziato il verbale di accertamento, perché
l'Amministrazione si era avvalsa di una ditta privata per la gestione
degli apparecchi di rilevamento e aveva affermato che l'attività di
quest'ultima era stata svolta sotto la supervisione della Polizia
Municipale, senza però specificare in cosa consistesse la
supervisione e senza indicare concretamente come fosse stato
organizzato il collegamento tra l'attività di rilevamento delle
infrazioni ed il soggetto preposto al servizio di Polizia.
2)
Notificata la sentenza in data 10 dicembre 2008, il Comune di Lagundo
ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 5 febbraio 2009.
L'opponente
è rimasta intimata.
Il
giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto
per il procedimento in camera di consiglio.
3)
Il ricorso consta di due motivi, volti a confutare le due rationes
decidendi che sorreggono la decisione.
Quanto
al primo motivo, come ha rilevato la relazione depositata ex art. 380
bis c.p.c., è manifesta la fondatezza della censura esposta in
ricorso.
Questa
Corte ha da tempo ritenuto che, in tema di sanzioni amministrative
per violazioni al codice della strada, le apparecchiature
elettroniche regolarmente omologate utilizzate per rilevare le
violazioni dei limiti di velocità stabiliti, come previsto dall'art.
142 C.d.S., non devono essere sottoposte ai controlli previsti dalla
L. n. 273 del 1991, istitutiva del sistema nazionale di taratura.
Tale sistema di controlli, infatti, attiene alla materia metrologica,
diversa rispetto a quella della misurazione elettronica della
velocità ed è competenza di autorità amministrative diverse,
rispetto a quelle pertinenti al caso di specie (Cass. 23978/07;
29333/08; 9846/2010).
Ne
consegue che non deve essere fornita dall'amministrazione alcuna
prova della esecuzione dell'operazione di taratura e va comunque
ribadito che, in materia di violazione delle norme del codice della
strada relative ai limiti di velocità, l'efficacia probatoria dello
strumento rivelatore del superamento di tali limiti opera fino a
quando sia accertato, nel caso concreto, sulla base di circostanze
allegate dall'opponente e debitamente provate, il difetto di
costruzione, installazione o funzionamento del dispositivo
elettronico (Cass. 10212/05; 287/05).
4)
Diversa valutazione occorre, invece, dare per il secondo motivo, che
denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 12 C.d.S.
Il
Collegio ritiene che né il motivo, né tantomeno il quesito riescono
a censurare convenientemente le ragioni della decisione.
Per
il giudice di appello, dal verbale di accertamento non emergeva
adeguatamente che il rilevamento, cioè "l'elaborazione della
rilevazione", avveniva ad opera di un agente preposto al
servizio di polizia stradale, unico abilitato ad attribuire fede
privilegiata all'accertamento. In particolare, il tribunale aveva
sottolineato che l'Amministrazione aveva ammesso di aver affidato
"l'intera gestione" degli apparecchi alla ditta T. e aveva
solo genericamente asserito che la supervisione veniva svolta dalla
Polizia municipale; in tal modo sarebbe rimasto indimostrato lo
svolgimento di quell'elemento di certezza e legalità che "solo
la presenza del pubblico ufficiale può garantire al cittadino".
Il
comune ricorrente doveva confutare tale convincimento, dimostrando
che l'assistenza tecnica di un privato operatore era limitata
all'installazione ed all'impostazione dell'apparecchiatura, secondo
le indicazioni del pubblico ufficiale; che la gestione delle
apparecchiature elettroniche per l'accertamento delle infrazioni
(art. 345 reg. esec. C.d.S., comma 4) era rimasta riservata ai
pubblici ufficiali (art. 11 e 12 C.d.S.); che l'assistenza tecnica
dell'operatore privato era configurabile come un ruolo subordinato a
quello dei vigili urbani (Cass. 7306/96; 5378/97).
Parte
ricorrente si duole della statuizione della sentenza impugnata, che
avrebbe negato valore alle attestazioni dell'accertamento in ordine
allo svolgimento del servizio da parte dell'organo di polizia
municipale, sebbene ciò si evincesse "dal verbale di
contestazione, il quale oltre ad indicare il responsabile del
procedimento informatico ai sensi del D.Lgs. n. 39 del 2003, art. 3,
comma 2, veniva sottoscritto dall'agente verbalizzante", così
dimostrando il "collegamento tra l'attività espletata dalla
ditta privata e l'organo preposto al servizio di polizia stradale".
Il
motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: "dica la
S.C. se l'affidamento del procedimento relativo all'elaborazione dei
dati risultanti dalle apparecchiature elettroniche utilizzate
dall'amministrazione comunale per il rilevamento di infrazioni ex
art. 142 C.d.S., sia o meno in contrasto con le disposizioni di cui
agli artt. 11 e 12 C.d.S.".
In
tal modo, come è evidente, il Comune si limita a sostenere che
sarebbe stato affidato ai privati solo il procedimento relativo
all'elaborazione dei dati e che ciò sarebbe legittimo, senza
cogliere - e senza confutare - il rimprovero maggiore, cioè che il
rilevamento non era attribuibile alla forza pubblica, perché era
rimasto indeterminato il necessario ruolo di preminenza di essa,
posto che non era stato specificato in cosa consistesse la
"supervisione" dei vigili.
Il
ricorso ha espressamente concentrato la sua attenzione su un profilo
attinente la violazione di legge (artt. 11 e 12 C.d.S., in relazione
all'art. 360 c.p.c., n. 3) che non era controverso. Doveva esserne
dimostrata l'osservanza, censurando la valutazione della sentenza
impugnata in ordine alla prova del ruolo svolto dagli agenti
verbalizzanti. A tal fine, doveva essere denunciato un vizio di
motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) della sentenza, in relazione alla
omessa o cattiva valutazione di una qualche risultanza processuale,
dalla quale doveva emergere che l'attività della forza pubblica era
stata solo supportata e non sostanzialmente sostituita dall'operatore
privato.
Tale
censura non è stata svolta. Inoltre, il generico riferimento al
verbale di accertamento, del quale, violando il principio di
autosufficienza del ricorso per cassazione, non è stato neppure
trascritto in ricorso il contenuto, impedisce di tenerne conto,
poiché questa Corte non ha accesso agli atti di causa in relazione
ai vizi in iudicando (art. 360 c.p.c., n. 3) e alle censure sulla
motivazione. Ne consegue che una delle due autonome rationes
decidendi resta valida ed è sufficiente a giustificare la decisione
di merito.
Al
rigetto del ricorso non fa seguito la pronuncia sulle spese di lite,
in mancanza di attività difensiva dell'intimata.
P.Q.M.
La
Corte rigetta il ricorso.
Così
deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda
Civile, il 25 novembre 2010.
Depositato
in Cancelleria il 5 aprile 2011
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.