Cassazione
Sez. Lavoro n. 21621 del 21.10.2010
Svolgimento
del processo
Con
ricorso del 1 aprile 2005 Tizio dipendente della s.r.l. O. dal
19.10.xxx al 20.8.xxx [ndr 17 anni], conveniva in giudizio detta
societa' davanti al Tribunale di Taranto per ottenere la pronuncia di
nullita' ed inefficacia del licenziamento disciplinare inflittole, in
quanto non sorretto da giusta causa, ai sensi e per gli effetti
dell’art. 18 Stat.lav.
La
societa' convenuta si costituiva in giudizio invocando il rigetto
della domanda, la quale veniva accolta integralmente dal Tribunale
adito, con sentenza n. 9931 del 2005.
Detta
sentenza - avverso la quale proponeva appello la societa' convenuta -
veniva confermata dalla Corte di appello di Lecce con sentenza del 1
giugno 2007.
Nel
pervenire a questa conclusione, la Corte territoriale riteneva;
a)
che l’assenza della C. dal domicilio dichiarato durante le fasce
orarie di reperibilita' non assumeva in se' e per se' rilevanza
disciplinare;
b)
che tale assenza era giustificata sia dalla natura della patologia da
cui l’appellata era affetta (sindrome depressiva ansiosa), sia
dalla necessita' sopravvenuta di rivolgersi al suo sanitario di
fiducia, per l’insorgere improvviso - documentalmente provato - di
un evento morboso diverso da quello prima diagnosticato;
c)
che nessun rilievo disciplinare - per l’assenza di intento elusivo
- poteva assumere il non essersi presentata alla visita ambulatoriale
prescritta dal medico fiscale;
d)
che la buona fede della lavoratrice si desume anche dalla
certificazione prodotta in atti, dalla quale emerge che essa fu
sottoposta a visita di controllo il (…);
e)
che comunque vi e' una sproporzione tra addebiti e la sanzione
espulsiva adottata.
Avverso
tale sentenza la societa' datrice di lavoro propone ricorso per
cassazione affidato a due motivi, cui replica la C. con
controricorso.
Motivi
della decisione Col primo motivo denunciando la violazione e falsa
applicazione della L. n. 638 del 1983, degli artt.
1175,
1375 e 2687 c.c.; omessa e/o insufficiente motivazione sui punti
decisivi della controversia, carenza di indagine in merito alla
intenzionalita' della condotta della lavoratrice ed all’effettivo
ricorrere dei dati fattuali posti a fondamento del provvedimento
reso; violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. in
relazione all’art. 34 del c.c.n.l. di categoria all’epoca vigente
- assume la societa' ricorrente che le decisioni dei giudici di
merito sono censurabili almeno per quattro profili;
a)
per non avere essi conferito alcuna valenza probatoria - ai fini
della determinazione della oggettiva gravita' della condotta della
lavoratrice alla circostanza che la lavoratrice, gia' assente dal
domicilio dichiarato durante le fasce di reperibilita' in data
28.6.2004, non si era presentata al controllo ambulatoriale il
successivo giorno 29.6.2004, come prescritto dal medico fiscale; b)
per avere attribuito i Giudici di appello carattere di esimente
all’assenza della ricorrente nel domicilio dichiarato, stante la
natura della patologia denunciata (sindrome ansioso depressiva), la
quale, invece, non ammette deroghe all’obbligo di rispettare le
fasce di reperibilita';
c)
per non aver la lavoratrice provato - come era suo onere ex art. 2687
c.c. - che la visita medica cui era sottoposta presso il suo
sanitario di fiducia durante le fase di reperibilita', fosse
indifferibile;
d)
per avere, la Corte di appello ignorato l’ulteriore inadempienza,
posta in essere dalla reclamante, in materia di visite fiscali, per
aver violato l’art. 34, lett. b), terzo capoverso del ccnl di
categoria all’epoca vigente secondo il quale: “qualora il
lavoratore debba assentarsi dal proprio domicilio per sottoporsi a
visita specialistica o ambulatoriale ha comunque l’obbligo di
avvertire l’amministrazione entro le 19 dello stesso giorno. (Su
tale obbligo cfr. la dipendente non puo' limitarsi a produrre il
certificato medico attestante l’effettuazione di una visita
specialistica durante l’orario di reperibilita', ma deve dare
dimostrazione della loro urgenza ed indifferibilita' e cioe' di una
necessita' di effettuarli solo durante le ore della possibile visita
di controllo).
Si
tratta, dunque, per la societa' ricorrente, di rispondere al quesito
di diritto formulato con il ricorso principale, se debbono dirsi
violati dai giudici di merito i principi generali di correttezza e
buona fede, posti dall’art. 1375 c.c., la cui osservanza e'
indispensabile per assicurare la corretta esecuzione del rapporto
stesso, e se deve accertarsi il presupposto della intenzionalita',
decisivo ai fini di perseguire disciplinarmente la condotta della
dipendente.
Col
secondo motivo - denunciando la violazione o falsa applicazione
dell’art. 1362 c.c. in relazione all’art. 41 del CCNL, ed alla L.
n. 638 del 1983, art. 8; insufficiente e contraddittoria motivazione
circa punti decisivi della controversia; incongruita' ed illogicita'
delle conclusioni della Corte di appello per mancata ed erronea
valutazione delle risultanze processuali soprattutto in ordine alla
natura recidivante delle mancanze commesse e della maggiore
perseguibilita' di detta infrazione.
Valutazione
dei canoni legali di ermeneutica contrattuale; omessa o erronea
valutazione delle deduzioni avanzate dal convenuto Istituto su punti
decisivi della controversia - rileva la ricorrente che;
a)
i Giudici di merito non hanno conferito alcun rilievo al fatto che la
lavoratrice non si sia presentata alla visita di controllo
nell’ambulatorio medico disposta dal medico fiscale. Sul punto non
e' necessario ricordare (cfr. la sentenza appellata) la “buona fede
dell’appellata desumibile anche dal fatto che dalla certificazione
prodotta dal suo difensore emerge che essa fu sottoposta alla visita
di controllo in data 20.7.2004, e cioe' ben 22 giorni dopo il
verificarsi dell’assenza della lavoratrice dal domicilio dichiarato
durante le fasce di reperibilita';
b)
il Giudici di merito non hanno mai dato rilievo alla natura
recidivante delle ripetute mancanze poste in essere dalla C.,
influendo essa certamente sulla determinazione della sanzione
disciplinare adottata (cfr. Cass., 13536 del 2002; n. 7391 del 1999
ecc).
Entrambi
i motivi di ricorso sono infondati.
Le
motivate e argomentate valutazioni dei Giudici di merito, sia di
primo che di secondo grado, resistono decisamente alle critiche della
ricorrente le quali, in buona sostanza, integrano una richiesta di
diversa valutazione delle risultanze istruttorie e del materiale di
causa del tutto inammissibile in questa sede di legittimita'.
I
Giudici di merito hanno, invero, approfondito tutti i comportamenti
addebitati alla C., partendo dalle due contestazioni: la prima, del 5
luglio 2004 relativa alla sua assenza - alle ore 18,30 del 28 giugno
2004 - dal suo domicilio, in occasione del primo controllo medico
fiscale, e la seconda, per essere stata vista, nei giorni 6 ed 8
luglio 2004, rimanere in spiaggia per qualche ora.
A
differenza dei Giudici di merito, la societa' ricorrente ha
trascurato la gravita' dello stato patologico a carico della C. e le
sue manifestazioni di tipo emorragico, tutte richiedenti specifici
trattamenti terapeutici anche urgenti.
Questa
Corte ha piu' volte statuito - in casi simili - che “per
giustificare l’obbligo di reperibilita' in determinati orari non e'
richiesta l’assoluta indifferibilita' della prestazione sanitaria
da effettuare, ma e' sufficiente un serio e fondato motivo che
giustifichi l’allontanamento dal proprio domicilio”.
Anche
quanto alla seconda contestazione (l’essere stata vista recarsi al
mare, a trecento metri di distanza dal suo domicilio, e restare ivi
per qualche ora della mattinata), la decisione adottata dai Giudici
di merito appare del tutto ragionevole, una volta escluso, nel
particolare caso, che la breve esposizione al sole da parte della
lavoratrice potesse pregiudicare o ritardare la sua guarigione.
La
sentenza impugnata ha altresi' compiuto una attenta disamina della
complessiva condotta della C., prima e dopo la malattia. Cio' ha
consentito - da una parte - di evidenziare la sua totale
incensuratezza, oltre all’assenza di precedenti addebiti a suo
carico, nell’intero arco di 17 anni di carriera lavorativa alle
dipendenze della societa' ricorrente, e dall’altra, il suo spirito
collaborativo nel manifestare la sua disponibilita' a sottoporsi ad
una serie di visite fiscali anche a distanza di un giorno l’una
dall’altra, il che depone chiaramente per la sua buona fede e
l’assenza di intenti elusivi.
Ma
anche a non voler trascurare qualche aspetto negativo della sua
condotta, resta inconfutabile la sproporzione esistente tra la
medesima condotta ed il licenziamento disciplinare il quale
costituisce la estrema ratio (cfr. Cass., n. 21213 del 2005).
In
conclusione, una volta escluso che possano ritenersi sussistenti le
condizioni individuate dalla giurisprudenza, al fine di considerare
gravemente inadempiente la condotta complessiva del lavoratore che si
allontani dal luogo in cui questi deve trascorrere il periodo di
malattia, appare condivisibile il giudizio espresso dalla Corte di
appello di Lecce, secondo cui la breve assenza della resistente non
assume rilevanza in se' e per se', in mancanza di altri elementi che
ne evidenzino l’influenza negativa sia sullo stato di salute, che
sull’assetto funzionale del rapporto di lavoro.
Sulla
base di quanto precede, il ricorso non merita accoglimento e, dunque
va respinto con onere a carico della societa' ricorrente, delle spese
del presente giudizio.
P.Q.M.
La
Corte respinge il ricorso. Pone a carico della societa' ricorrente le
spese del presente giudizio pari ad Euro 41,00 oltre ad Euro 2.500,00
per onorari, e spese, IVA e CPA. Cosi' deciso in Roma, nella Camera
di consiglio, il 22 settembre 2010.
Depositata
in Cancelleria il 21.10.2010
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.