N.
113 Sentenza 25 marzo
- 6 aprile 2004
Giudizio
di legittimità costituzionale in via incidentale.
Privilegio
- Privilegio generale sui mobili - Credito del lavoratore subordinato
per
danni da demansionamento subiti a causa dell'illegittimo
comportamento
del
datore di lavoro - Mancata inclusione tra i crediti aventi natura
privilegiata
- Irragionevole differenza rispetto ai crediti muniti del privilegio
per
disposizione di legge o a seguito di interventi della Corte
costituzionale -
Illegittimità
costituzionale in parte qua.
-
Codice civile, art. 2751-bis,
numero 1.
-
Costituzione, art. 3.
SENTENZA
N.113
ANNO
2004
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
-
Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
-
Valerio ONIDA Giudice
-
Carlo MEZZANOTTE "
-
Fernanda CONTRI "
-
Guido NEPPI MODONA "
-
Piero Alberto CAPOTOSTI "
-
Annibale MARINI "
-
Franco BILE "
-
Giovanni Maria FLICK "
-
Francesco AMIRANTE "
-
Ugo DE SIERVO "
-
Romano VACCARELLA "
-
Paolo MADDALENA "
-
Alfonso QUARANTA "
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel
giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2751-bis,
numero 1, del
codice
civile, promosso con ordinanza del 24 gennaio 2003 dal Tribunale di
Ferrara
nel procedimento civile vertente tra Albano Gozzi e il fallimento
Govoni
Sim
Bianca s.p.a., iscritta al n. 355 del registro ordinanze 2003 e
pubblicata
nella
Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno
2003.
Udito
nella camera di consiglio
del 25 febbraio 2004 il Giudice relatore
Francesco
Amirante.
Ritenuto
in fatto
Nel
corso del procedimento civile di opposizione al decreto di
esecutività
dello
stato passivo del fallimento Govoni Sim Bianca s.p.a. instaurato da
Albano
Gozzi
avverso la statuizione del suddetto decreto che aveva escluso la
riconoscibilità
del privilegio di cui all'art. 2751-bis,
numero 1, del codice
civile
in favore del proprio credito per danni da demansionamento
riconosciuti
con
sentenza nei confronti del datore di lavoro poi fallito, il Tribunale
di
Ferrara,
con ordinanza del 24 gennaio 2003, ha sollevato, in riferimento
all'art.
3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del
citato
art. 2751-bis,
numero 1, cod. civ., «nella parte in cui non munisce di
privilegio
generale sui mobili il credito del lavoratore subordinato per danni
da
demansionamento subiti a causa dell'illegittimo comportamento del
datore di
lavoro».
Per
quel che riguarda la rilevanza della questione il giudice remittente
osserva
che l'unico punto controverso del procedimento sottoposto al suo
esame
riguarda
proprio la graduazione del credito del ricorrente che il giudice
delegato
ha ritenuto di rango chirografario.
Quanto
al merito della questione, il Tribunale di Ferrara si sofferma, in
primo
luogo, sull'analisi delle diverse ipotesi di privilegio generale sui
mobili
previste dalla norma impugnata in favore dei crediti dei prestatori
di
lavoro
subordinato e ne desume che il credito da demansionamento non può
ricomprendersi
– neppure in virtù di interpretazione estensiva – in alcuna di
esse
a causa della loro precisa delimitazione e descrizione. Tale credito,
infatti,
non solo non è assimilabile alla retribuzione (non essendo
corrispettivo
di una prestazione contrattualmente prevista) o al trattamento di
fine
rapporto, ma non è certamente neppure affiancabile ai crediti per
danni
subiti
per effetto della mancata corresponsione dei contributi obbligatori,
di
licenziamento
inefficace, nullo o annullabile o di infortunio sul lavoro
(ipotesi,
quest'ultima, aggiunta dalla sentenza costituzionale n. 326 del 1983
con
i limiti ivi stabiliti). Il credito stesso, d'altra parte, non può
nemmeno
essere
inserito in via analogica nell'ambito della norma impugnata, dal
momento
che
le norme sui privilegi non sono suscettibili di tale integrazione,
essendo
derogatorie
rispetto al principio generale della par
condicio creditorum di cui
all'art.
2740 cod. civ.
La
suddetta esclusione determina, ad avviso del remittente, una
ingiustificata
disparità di trattamento in quanto, essendo i privilegi accordati
«in
considerazione della causa del credito» (art. 2745 cod. civ.), nella
comparazione
fra cause del credito sussisterebbe una sostanziale equivalenza tra
la
funzione sociale dei crediti gia inclusi nell'art. 2751-bis,
numero 1, cod.
civ.
– tutti accomunati dalla derivazione da comportamenti illeciti del
datore
di
lavoro incidenti sulla sfera personale e sui bisogni primari del
lavoratore
subordinato
– e, in particolare, tra quella del credito per danni da
licenziamento
illegittimo e la funzione del credito risarcitorio diretto ad
annullare
gli effetti del demansionamento del lavoratore subordinato.
Il
richiesto intervento additivo, univocamente determinato, non si
porrebbe
in
contrasto con il doveroso rispetto delle scelte economico-politiche
riservate
alla
sfera di discrezionalità del legislatore, in quanto esso avrebbe la
finalità
di dare più completa attuazione al fondamentale principio di
uguaglianza
nella materia dei privilegi, in linea con quanto recentemente deciso
da
questa Corte in merito all'estensione della disciplina di cui
all'art. 2749
cod.
civ. a tutti i crediti privilegiati anche in sede di procedure
concorsuali.
Osserva,
infine, il giudice remittente che nell'attuale assetto normativo il
credito
di cui si discute viene posposto non solo a quelli di cui all'art.
2751-
bis
cod. civ., ma anche a
tutte le altre prelazioni di cui alla graduazione
dell'art.
2778 cod. civ.
Considerato
in diritto
1.?
Il Tribunale di Ferrara in composizione collegiale ha sollevato, in
riferimento
all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art.
2751-bis,
numero 1, del codice civile, nella parte in cui non munisce del
privilegio
generale sui mobili il credito del lavoratore subordinato per danni
da
demansionamento subiti a causa dell'illegittimo comportamento del
datore di
lavoro.
2.––
La questione è fondata.
Questa
Corte si è pronunciata più volte in tema di legittimità
costituzionale
delle norme che attribuiscono privilegi – in particolare sotto il
profilo
della mancata inclusione di alcuni crediti nella categoria
privilegiata
–
enunciando principi i
cui contenuti si sono venuti via via precisando con le
successive
applicazioni.
In
primo luogo la Corte ha affermato che, in considerazione del
carattere
politico-economico
dei criteri che presiedono al riconoscimento della natura
privilegiata
di dati crediti, non è consentito utilizzare lo strumento del
giudizio
di legittimità costituzionale per introdurre, sia pure con riguardo
al
rilievo
costituzionale di un determinato credito, una causa di prelazione
ulteriore,
con strutturazione di un autonomo modulo normativo (v. sentenze n. 84
del
1992 e n. 40 del 1996).
Il
fondamento di tale enunciazione deve rinvenirsi anche nel rilievo che
il
sistema
delle cause di prelazione – derogatorio del principio della par
condicio
creditorum,
ancorché esse siano divenute sempre più numerose – va riguardato
tenendo
conto delle norme che regolano i rapporti tra i crediti che ne
godono,
ossia
della loro graduazione, sicché l'attribuzione della qualità
privilegiata
ad
un credito non può mai andar disgiunta dalla sua collocazione
nell'ordine dei
privilegi;
collocazione che richiede valutazioni economico-politiche, rimesse al
legislatore
nell'esercizio della propria discrezionalità.
Se
questa è la ratio del
principio generale enunciato, si comprende perché
la
Corte abbia anche affermato che è, invece, possibile sindacare,
all'interno
di
una specifica norma attributiva di un privilegio, la mancata
inclusione in
essa
di fattispecie omogenee a quelle cui la causa di prelazione è
riferita (v.
le
stesse sentenze n. 84 del 1992 e n. 40 del 1996).
In
tale ordine di idee la Corte, mentre, a titolo di esempio, ha
ritenuto
infondata
la questione della mancata assimilazione, ai fini del privilegio, dei
crediti
dei soci delle cooperative di produzione e lavoro per il lavoro
prestato
in
adempimento del contratto sociale a quelli dei lavoratori subordinati
(sentenza
n. 451 del 1998), ha dichiarato la illegittimità costituzionale
dell'art.
2751-bis,
numero 2, cod. civ., in quanto non comprendeva le
retribuzioni
dei prestatori d'opera non intellettuale dovute per gli ultimi due
anni
di prestazione, ritenendo tale credito omogeneo a quello dei
prestatori
d'opera
intellettuale (sentenza n. l del 1998).
In
altri casi la Corte ha indicato ai giudici ordinari la via
dell'interpretazione
adeguatrice per ritenere già ricompresi tra i privilegiati
alcuni
crediti non espressamente indicati dalle norme del codice. Ciò è
avvenuto
sia
in riferimento al credito di mantenimento del coniuge separato o
divorziato
rispetto
al credito per alimenti, espressamente fornito di privilegio in base
all'art.
2751, numero 4, cod. civ. (sentenza n. 17 del 2000), sia con riguardo
al
credito del dirigente per l'indennità dovutagli per licenziamento
ingiustificato
rispetto al credito per indennità comunque dovute al dipendente
non
dirigente per cessazione del rapporto di lavoro, incluso tra i
privilegiati
ai
sensi dell'art. 2751-bis,
numero 1, cod. civ. (sentenza n. 228 del 2001).
3.—
Per venire a ciò che più da vicino concerne la presente questione,
si
rileva
che, con la sentenza n. 326 del 1983, fu dichiarata la illegittimità
costituzionale
dell'art. 2751-bis,
numero l, cod. civ., «nella parte in cui non
munisce
del privilegio generale istituito dall'art. 2 della legge n. 426 del
1975
il credito del lavoratore subordinato nei confronti del datore, per
danni
conseguenti
ad infortunio sul lavoro, del quale quest'ultimo sia responsabile,
se
e nei limiti in cui il creditore non sia soddisfatto dalla percezione
delle
indennità
previdenziali e assistenziali obbligatorie dovute al lavoratore
subordinato
in dipendenza dello stesso infortunio».
A
tale pronuncia la Corte pervenne sul rilievo che l'articolo 2751-bis,
numero
1, cod. civ. muniva del privilegio generale sui mobili, tra gli
altri, il
credito
per risarcimento danni subiti per effetto di un licenziamento
inefficace,
nullo o annullabile «e soprattutto, in unisono stavolta con l'art.
2116
cod. civ., il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla
mancata
corresponsione
da parte del datore di lavoro dei contributi previdenziali ed
assistenziali
e non pure il credito de
quo».
Si
ritenne irragionevole e quindi in violazione dell'articolo 3 Cost. la
scelta
di non includere il credito per danni da infortunio tra i crediti
muniti
del
privilegio in discussione e di lasciarlo «nella schiera sempre meno
folta
dei
chirografari», e perciò preceduto, riguardo all'esigenza di
soddisfazione,
da
crediti nascenti da cause di minor rilievo.
Siffatto
orientamento è stato poi di recente seguito, per ragioni analoghe a
quelle
esposte, dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale
dell'articolo
2751-bis,
numero l, cod. civ., nella parte in cui non muniva del
privilegio
generale sui mobili il credito del lavoratore subordinato per danni
conseguenti
a malattia professionale della quale sia responsabile il datore di
lavoro
(sentenza n. 220 del 2002).
4.?
Nel caso in esame il remittente assume l'illegittimità della norma
dell'art.
2751-bis,
numero 1, cod. civ., in quanto, munendo del privilegio i
suindicati
crediti risarcitori del lavoratore nei confronti del datore per
violazione
di doveri nascenti a carico di quest'ultimo dal rapporto di lavoro,
non
include il credito di risarcimento dei danni da demansionamento,
benché tale
credito
abbia natura e fonte analoghe a quelle di alcuni dei crediti muniti
del
privilegio
già nel testo dell'articolo 2751-bis,
come introdotto dall'art. 2
della
legge 29 luglio 1975, n. 426, ed a quelle dei crediti oggetto degli
interventi
di questa Corte.
La
tesi deve essere condivisa.
L'articolo
2103 cod. civ., nel testo sostituito dall'art. 13 della legge 20
maggio
1970, n. 300, stabilisce nella prima parte del primo comma che il
prestatore
di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato
assunto
o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia
successivamente
acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime
effettivamente
svolte.
Nell'elaborazione
dei giudici ordinari è incontroverso che dalla violazione
da
parte del datore dell'obbligo di adibire il lavoratore alle mansioni
cui ha
diritto
possono derivare a quest'ultimo danni di vario genere: danni a quel
complesso
di capacità e di attitudini che viene definito con il termine
professionalità,
con conseguente compromissione delle aspettative di
miglioramenti
all'interno o all'esterno dell'azienda; danni alla persona ed alla
sua
dignità, particolarmente gravi nell'ipotesi, non di scuola, in cui
la
mancata
adibizione del lavoratore alle mansioni cui ha diritto si concretizza
nella
mancanza di qualsiasi prestazione, sicché egli riceve la
retribuzione
senza
fornire alcun corrispettivo; danni alla salute psichica e fisica.
L'attribuzione
al lavoratore di mansioni inferiori a quelle a lui spettanti o il
mancato
affidamento di qualsiasi mansione – situazioni in cui si risolve la
violazione
dell'articolo 2103 cod. civ (c.d. demansionamento) – può
comportare
pertanto,
come nelle ipotesi esaminate dalle sentenze n. 326 del 1983 e n. 220
del
2002, anche la violazione dell'art. 2087 cod. civ.
Si
deve pertanto riconoscere che tra il credito oggetto del giudizio a
quo e
quelli
già muniti del privilegio in questione sussiste l'omogeneità
richiesta
per
ritenere che la mancata inclusione del primo nel novero dei crediti
muniti
del
privilegio generale sui mobili costituisca violazione dell'articolo 3
della
Costituzione.
Per
questi motivi
LA
CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
l'illegittimità
costituzionale dell'art. 2751-bis,
numero 1, del
codice
civile, nella parte in cui non munisce del privilegio generale sui
mobili
il
credito del lavoratore subordinato per danni da demansionamento
subiti a
causa
dell'illegittimo comportamento del datore di lavoro.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta,
il 25 marzo 2004.
F.to:
Gustavo
ZAGREBELSKY, Presidente
Francesco
AMIRANTE, Redattore
Giuseppe
DI PAOLA, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 6 aprile 2004.
Il
Direttore della Cancelleria
F.to:
DI PAOLA
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