REPUBBLICA
ITALIANA
In
nome del Popolo Italiano
LA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI
UNITE PENALI
n.
28451 – 19 luglio 2011 rac. Gen.
RITENUTO
IN FATTO
1.
Con ordinanza in data 11 giugno 2010 il Tribunale del riesame di Roma
ha confermato il decreto di sequestro probatorio di personal
computer,
di documentazione tributaria e di altri documenti relativi ad
indagini difensive, emesso dal pubblico ministero nei confronti dei
componenti della Agenzia Investigativa “Pedicone & partners”,
in relazione alle indagini per i reati di associazione per delinquere
finalizzata alla commissione di delitti di interferenze illecite
nella vita privata, corruzione, rivelazione di segreti di ufficio,
falsa testimonianza ed altro.
L’ordinanza
ha rigettato le eccezioni preliminari, con le quali il difensore
dell’istante per il riesame, Andrea Pedicone, aveva eccepito la
nullità della notifica dell’avviso dell’udienza camerale al
proprio assistito, per non essere stata eseguita mediante deposito
nella casa comunale del luogo di abitazione di tale Paolo Zili,
presso il quale il Pedicone aveva eletto domicilio, nonché per
essere stata eseguita la notificazione presso il difensore a mezzo
telefax.
Il
Tribunale del riesame ha rigettato, inoltre, le censure con le quali
era stata contestata, nel merito, la legittimità del titolo per
assenza dei presupposti di legge.
Avverso
l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore del Pedicone,
denunciando la inosservanza di norme stabilite a pena di nullità e,
in particolare, delle disposizioni di cui agli artt. 157 e 150 cod.
proc. pen..
Con
un unico mezzo il ricorrente ha riproposto le eccezioni di nullità
della notifica dell’udienza camerale dinanzi al Tribunale del
riesame, deducendo che la notifica al Pedicone doveva essere
eseguita, ai sensi dell’art. 157 cod. proc. pen., presso il
domicilio eletto dall’indagato e non presso il difensore, ai sensi
dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.. In ogni caso la notifica
dell’avviso dell’udienza camerale al Pedicone non poteva essere
effettuata a mezzo telefax, essendo tale modalità consentita solo
per la notificazione di atti dei quali il difensore sia direttamente
destinatario.
2.
La Sesta sezione penale della Corte di cassazione, con ordinanza del
13 gennaio 2011, ha rimesso la trattazione del ricorso alle Sezioni
Unite.
Nell’ordinanza,
premessa la ritenuta infondatezza della eccezione relativa alla
omessa notifica presso il domicilio eletto con le forme di cui
all’art. 157, comma 8, cod. proc. pen., si è rilevata l’esistenza
di un contrasto potenziale in ordine alla questione di diritto avente
ad oggetto la possibilità di eseguire la notificazione dell’avviso
destinato all’indagato, allorché venga disposta ai sensi dell’art.
161, comma 4, cod. proc. pen., a mezzo telefax, secondo la previsione
di cui all’art. 150 cod. proc. pen.
Nella
ordinanza di rimessione è stato rilevato che il contrapposto
indirizzo interpretativo espresso sul punto della legittimità della
notificazione al difensore per mezzo del telefax di atti di cui sia
destinatario l’imputato o indagato non attiene alla stessa materia,
essendo strettamente legato alla diversa fattispecie della notifica
presso il difensore, in quanto domiciliatario ai sensi dell’art.
161, commi 1 e 2, cod. proc. pen., nel qual caso la notificazione a
mezzo telefax è stata ritenuta illegittima; mentre nel caso della
notifica <<mediante
consegna al difensore>>,
ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., per impossibilità
di eseguirla presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi delle
disposizioni citate, detta modalità di trasmissione dell’atto è
stata ritenuta legittima (Sez. 3, n. 46703 del 03/11/2009, dep.
03/12/2009, Choukoukou, Rv 245406; Sez. 4, n. 41051 del 02/12/2008,
dep. 03/11/2008, Davidovits, Rv 241329; Sez. 1, n. 40324 del
24/09/2008, dep. 29/10/2008, Aboussad, Rv 241704; Sez. 5, n. 20586
del 12/04/2007, dep. 25/05/2007, Gatterer, Rv 236614).
Dalla
Sezione rimettente si esprimono, però, dubbi di legittimità in
ordine alla possibilità di adottare una diversa soluzione a seconda
che la notificazione a mezzo telefax sia eseguita nei casi di
espressa domiciliazione ovvero di notificazione per una delle ragioni
indicate dal comma 4 dell’art. 161 cod. proc. pen.
Si
osserva che la disposizione contenuta nell’art. 150 cod. proc. pen.
costituisce espressione della volontà di assicurare che la
notificazione all’imputato avvenga con modalità che assicurino
<<la
materiale, certa ed effettiva “cartolarità” dell’avviso>>.
Tale
esigenza non viene meno, né si affievolisce, in considerazione della
funzione difensiva del soggetto che viene a contatto con l’atto
<<non
a lui destinato in ragione di competenze funzionali personali
proprie>>.
I
limiti intrinseci dello strumento tecnico, se possono essere
considerati ragionevolmente recessivi rispetto al complessivo dovere
organizzativo che grava sul difensore in relazione alle attività che
gli sono proprie, rimangono tali quando l’atto è destinato in
proprio all’imputato.
Gli
eventuali difetti organizzativi e di diligenza del difensore non
potrebbero mai pregiudicare la posizione dell’imputato in ordine
all’aspetto essenziale della convocazione per il giudizio; né la
funzione difensiva è idonea a far mutare la qualità del difensore
da consegnatario a destinatario autonomo dell’atto.
3.
Il Primo presidente, con decreto in data 26 gennaio 2011, ha
assegnato il ricorso alle Sezioni unite, fissando per la trattazione
l’odierna udienza camerale.
CONSIDERATO
IN DIRITTO
1.
La questione sottoposta all’esame delle Sezioni Unite è la
seguente: <<Se
la notificazione di un atto destinato all’imputato o ad altra parte
privata, in ogni caso in cui la consegna debba essere fatta al
difensore, possa essere eseguita con telefax o con altri mezzi
idonei, a norma dell’art. 148, comma 2-bis,
cod. proc. pen.>>.
2.
Preliminare all’esame della indicata questione di diritto è, però,
la soluzione della pregiudiziale eccezione di nullità della notifica
eseguita presso il domiciliatario, senza l’osservanza
delle forme del deposito presso la casa comunale e degli avvisi
previsti dall’art. 157, comma 8, cod. proc. pen.
Sul
punto è stato già esattamente rilevato nell’ordinanza di
rimessione, mediante l’esame degli atti, che, secondo la relazione
dell’ufficiale giudiziario, il domiciliatario non è stato reperito
nel domicilio eletto, nonostante l’assunzione di specifiche
informazioni sul posto e presso il locale ufficio di anagrafe; né
risulta risiedere o abitare in quel Comune.
Un
indirizzo interpretativo, ormai datato, di questa Corte aveva
affermato che, quando il domicilio dichiarato sia stato individuato,
ma non vi sia stato reperito l’imputato o il domiciliatario da lui
nominato, né vi siano persone idonee a ricevere la copia dell’atto,
la notificazione deve avvenire mediante deposito nella casa comunale,
ai sensi dell’art. 157, comma 8, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 4033
del 21/02/1997, dep. 07/05/1997, Scarlato, Rv 207763; Sez. 6, n. 611
del 21/02/1995, dep. 24/05/1995, Sapienza, Rv 201883).
L’indirizzo
interpretativo più recente ha, invece, affermato che il mancato
reperimento dell'imputato presso il domicilio dichiarato ovvero del
domiciliatario da lui indicato, nel caso in cui le informazioni
raccolte nel vicinato non diano esito alcuno, si sostanzia in una
situazione di inidoneità o insufficienza della dichiarazione,
rendendo così legittima la notifica mediante consegna al difensore,
senza che sia consentito dar corso agli adempimenti di cui all’art.
157, comma 8, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 42399 del 18/09/2009, dep.
04/11/2009, Donà, Rv 245819; Sez. 2, n. 38768 del 10/11/2006, dep.
22/11/2006, Buongiorno, Rv 235311; Sez. 5, n. 23670 del 26/04/2005,
dep. 23/06/2005, Carbone, Rv 231908).
Tali
più recenti pronunce sono espressione della corretta interpretazione
dell’art. 161, commi 1, 2 e 4, cod. proc. pen.
Il
sistema delineato dagli artt. 161, 162, 163 e 164, cod. proc. pen.
per le notificazioni da eseguirsi presso il domicilio dichiarato o
eletto ovvero mediante consegna dell’atto al domiciliatario, si
palesa quale complesso di disposizioni esaustivo, ai fini del
perfezionamento della notificazione, e si pone come alternativo a
quello previsto dall’art. 157 cod. proc. pen. per la prima
notificazione all’imputato non detenuto; sistema che non può
essere contaminato con l’applicazione di disposizioni riguardanti
le ipotesi della prima notificazione, che risultino incompatibili con
esso.
Tale
sistema, in particolare, è fondato sul dovere dell’imputato, che
ne sia stato adeguatamente edotto, di dichiarare o eleggere domicilio
e di comunicare alla autorità giudiziaria ogni successiva variazione
ai sensi dell’art. 161, commi 1 e 2, cod. proc. pen.
E’
opportuno precisare sul punto che l’art. 163 cod. proc. pen.,
secondo il quale <<Per
le notificazioni eseguite nel domicilio dichiarato o eletto a norma
degli artt. 161 e 162 si osservano, in quanto applicabili, le
disposizioni dell’art. 157>>,
per la clausola di salvaguardia in esso contenuta, attiene alla
individuazione dei soggetti potenziali consegnatari dell’atto e non
al luogo o alle modalità della notificazione. Infatti,
le modalità di esecuzione della notifica stabilite dall’art. 157,
comma 8, cod. proc. pen., per il testuale riferimento della norma,
sono consequenziali al verificarsi delle situazioni ipotizzate dal
comma 7 del medesimo articolo (mancanza, inidoneità, rifiuto di
ricevere l’atto con conseguente obbligo di effettuare nuove
ricerche dell’imputato); situazioni di per sé preclusive della
possibilità di notificazione presso il domicilio dichiarato o eletto
ovvero presso il domiciliatario e idonee ad individuare l’ipotesi
prevista dall’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.
La
impossibilità di procedere alla notifica nelle mani della persona
designata quale domiciliatario, per il rifiuto di ricevere l’atto
ovvero per il mancato reperimento del domiciliatario o dell’imputato
stesso nel luogo di dichiarazione o elezione di domicilio o di altre
persone idonee, integra l’ipotesi della impossibilità della
notificazione ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.,
sicché non è consentito, in tali casi, procedere con le forme
previste dall’art. 157, comma 8, cod. proc. pen.
Pertanto,
nell’ipotesi in cui la notificazione presso il domicilio dichiarato
o eletto risulti impossibile per una delle cause previste dall’art.
157, comma 7, cod. proc. pen., la notificazione deve essere eseguita
ai sensi dell’art. 161, comma 4, stesso codice, mentre è preclusa
la possibilità di procedere con le forme previste dall’art. 157,
comma 8, cod. proc. pen.
Il
primo e pregiudiziale motivo di ricorso, pertanto, è infondato.
3.
La questione rimessa all’esame delle Sezioni Unite concerne la
legittimità delle notificazioni a mezzo telefax eseguite presso il
difensore, quale domiciliatario ex
lege dell’imputato,
nella impossibilità di notificazione presso il domicilio dichiarato
o eletto, ovvero, per quanto si preciserà in seguito, quale
domiciliatario nominato dallo stesso imputato.
Come
già osservato, nell’ordinanza di rimessione si dà atto che
l’esistenza di due contrapposti indirizzi interpretativi sulla
questione corrisponde, in effetti, a casistiche diverse.
Le
sentenze che hanno escluso la legittimità della notificazione a
mezzo telefax, diretta alla parte, ma eseguita presso il difensore,
si riferiscono a casi nei quali il difensore era stato nominato
domiciliatario dall’imputato o indagato (Sez. 2, n. 2827 del
10/12/2008, dep. 21/01/2009, Raimondi, Rv 242654; Sez. 2, n. 5648 del
11/02/2007, Kucukdemir, Rv 235818; Sez. 3, n. 16610 del 05/04/2005,
Pellegrini, Rv 232494, tutte rese nell’ambito di procedure di
riesame).
L’indirizzo
interpretativo citato ha fatto perno, in particolare, sulla
previsione dell’art. 150 cod. proc. pen., osservando che l’uso di
sistemi alternativi a quello ordinariamente previsto per le notifiche
è consentito dalla disposizione citata solo nell’ipotesi in cui la
notificazione sia destinata a <<persona
diversa dall’imputato>>.
Le
sentenze che hanno concluso per la legittimità di tale modalità di
notificazione si riferiscono, invece, tutte a casi nei quali la
notificazione è stata eseguita ai sensi dell’art. 161, comma 4,
cod. proc. pen., per la rilevata impossibilità di eseguire la
notificazione nel domicilio determinato
a norma del comma 2 ovvero di mancanza, insufficienza o inidoneità
della dichiarazione nei casi previsti dai commi 1 e 3. (Sez. 3, n.
46703 del 03/11/2009, dep. 03/12/2009, Choukoukou, Rv 245406; Sez. 1,
n. 40324 del 24/09/2008, dep. 29/10/2008, Aboussad, Rv 241704; Sez.
5, n. 20586 del 12/04/2007, dep. 25/05/2007, Gatterer, Rv 236614).
Alle
ipotesi prese in considerazione dal secondo indirizzo interpretativo
possono ovviamente essere equiparate quelle della irreperibilità
dell’imputato (art. 159, comma 1, cod. proc. pen.), della sua
dichiarazione di latitanza (art. 165, comma 1, cod. proc. pen.)
ovvero della ipotesi di imputato residente, dimorante o detenuto
all’estero, che non abbia ottemperato all’invito a dichiarare o
eleggere domicilio nello Stato (art. 169, comma 1, cod. proc. pen.).
Nella
ipotesi in cui la notifica a mezzo telefax è stata ritenuta
legittima - e cioè quella di cui all’art. 161, comma 4, cod. proc.
pen. - si è fatto riferimento alle modalità di notificazione
stabilite nei confronti dei difensori dall’art. 148, comma 2-bis,
cod. proc. pen., e si è sostenuto che, nel caso di impossibilità di
notificazione all’imputato ovvero al suo domiciliatario, il
difensore venga in rilievo non come soggetto fisico, designato per la
mera ricezione materiale della notificazione, ma in ragione del suo
specifico ruolo funzionale nel procedimento.
E’
opportuno, quindi, procedere, per un corretto ed esaustivo
inquadramento normativo della questione, all’interpretazione
dell’art. 148, comma 2-bis,
cod. proc. pen., individuando il rapporto di tale norma con quella di
cui all’art. 150 cod. proc. pen.
Il
comma 2-bis,
è stato inserito nell’art. 148 del codice di rito dall’art. 9,
comma 1, lett. b),
della legge 15 dicembre 2001 n. 438, di conversione, con
modificazioni, del d.l. 18 ottobre 2001 n. 374.
La
norma prevista dal decreto-legge citato, recante <<Disposizioni
urgenti per contrastare il terrorismo internazionale>>,
costituiva espressione del manifestato intento di “recuperare”
gli organi di polizia all’attività operativa di indagine, limitato
dalla possibilità, prevista dal codice di rito sin dalla sua
nascita, che le notifiche nei casi di procedimenti con imputati
detenuti venissero eseguite a mezzo della polizia giudiziaria.
Dopo
alterne vicende in sede di conversione del decreto-legge, legate alla
valutazione della omogeneità della norma con la materia disciplinata
dalla legislazione di urgenza, la stessa è stata definitivamente
inserita nella legge di conversione al dichiarato scopo di <<rendere
più semplice un procedimento che, a seguito, dell’art. 9 del
decreto-legge, vedeva perdere uno dei soggetti ai quali la legge
affida il compito di notificare gli atti giudiziari>>
(v.
Commissione Giustizia della Camera in sede referente, seduta dell’11
dicembre 2001, relazione orale dell’on. Pecorella, Resoconto, p.
29).
A
ben vedere, la norma costituisce la fisiologica evoluzione, in
relazione alle modificazioni e diffusione dei mezzi tecnici di
trasmissione degli atti intervenute nel corso del tempo, di quanto
già previsto dall’art. 150 cod. proc. pen. fin dalla data di
entrata in vigore del codice di rito, in attuazione di quanto
previsto dalla direttiva di cui all’art. 2, comma 1, n. 9, della
legge-delega
n. 81 del 1987, che prevedeva la <<semplificazione
del sistema delle notificazioni, con possibilità di adottare anche
nuovi mezzi di comunicazione>>.
La
natura innovativa di quanto previsto dall’art. 148, comma 2-bis,
cod. proc. pen. emerge evidente dal raffronto tra le due norme, che
induce altresì ad escludere che si tratti, come affermato in varie
sedi, di una mera duplicazione di disposizioni in materia di
notificazioni già previste dal codice di rito fin dall’origine.
Una
prima differenza tra le due norme, di particolare rilevanza, è data
dalla previsione contenuta nell’art. 150, comma 1, cod. proc. pen.
che le forme diverse di notificazione siano consigliate da
<<circostanze
particolari>>.
Nulla
dispone invece in proposito il comma 2-bis
dell’art.
148 codice di rito.
Ai
sensi dell’art. 150, inoltre, l’impiego, per la notificazione,
<<di
mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell’atto>>
deve
essere stabilita dal giudice con decreto motivato, che indichi (comma
2) <<le
modalità necessarie per portare l’atto a conoscenza del
destinatario.>>.
Il
comma 2-bis
dell’art.
148 cod. proc. pen. rimette, invece, alla discrezionalità
dell’autorità giudiziaria, comprendendo quindi anche il pubblico
ministero, il disporre che le notificazioni o (anche) gli avvisi
<<siano
eseguiti con mezzi tecnici idonei>>,
senza che sia necessario emettere un provvedimento che lo giustifichi
(Sez. 1, n. 34028 del 14/09/2010, dep. 21/9/2010, Ferrera, Rv 248184;
Sez. 2, n. 8031 del 09/02/2010, dep. 01/03/2010, Russo, Rv 246450).
Tale
ultima differenza è stata evidenziata anche dalla dottrina, la
quale, peraltro, non risulta essersi occupata specificamente della
questione giuridica in esame.
Le
modalità diverse di notificazione o comunicazione degli avvisi
stabilite dall’art. 148, comma 2-bis,
cod. proc. pen. sono utilizzabili esclusivamente per gli atti che
devono essere ricevuti dai difensori, mentre le notificazioni
previste dall’art. 150 cod. proc. pen. possono essere disposte nei
confronti di qualunque persona diversa dall’imputato.
E’
stato evidenziato in base al raffronto tra le due norme il carattere
di specialità della previsione contenuta nell’art. 148, comma
2-bis,
cod. proc. pen. rispetto a quella dell’art. 150 stesso codice (Sez.
4, n. 41051 del 02/12/2008, dep. 03/11/2008, Davidovits).
A
ben vedere, però, la specialità della previsione contenuta nel
comma 2-bis
deve
essere piuttosto riferita alla disciplina generale in materia di
organi e forme delle notificazioni dettata dall’art. 148 cod proc.
pen., mentre, a sua volta, l’art. 150 stesso codice costituisce una
norma speciale rispetto alla disciplina delle forme e mezzi ordinari
di notificazione di cui allo stesso art. 148.
Pertanto,
la prima delle disposizioni citate risulta esclusivamente applicabile
per gli atti che devono essere ricevuti dai difensori e prescinde
dalle prescrizioni formali dettate dal legislatore del 1988 per
rendere certa la ricezione dell’atto da parte del suo destinatario,
evidentemente in
considerazione delle qualità professionali del difensore, nonché
presumibilmente della maggiore affidabilità dei mezzi tecnici di
trasmissione degli atti intervenuta nel frattempo.
La
norma, peraltro, ripete sostanzialmente il contenuto di quanto già
previsto dall’art. 54, comma 2, disp. att. cod. proc. pen. per la
trasmissione all’ufficiale giudiziario degli atti da notificare.
Sicché
deve essere ravvisato un parallelo, di non secondaria importanza, tra
l’omogeneità della disciplina prevista per la trasmissione degli
atti tra organi dell’amministrazione giudiziaria e tra questi
ultimi e la categoria professionale degli avvocati.
Come
già rilevato il contenuto normativo del comma 2-bis
inoltre
è stato inserito nell’art. 148 cod. proc. pen., che disciplina gli
<<organi
e le forme delle notificazioni>>
con
disposizione di carattere generale.
Si
può, quindi, inferire da tale rilievo di natura sistematica e dal
dato letterale che il legislatore ha previsto l’uso di mezzi
tecnici idonei per le notificazioni o gli avvisi ai difensori quale
sistema ordinario, generalizzato, alternativo all’impiego
dell’ufficiale giudiziario o di chi ne esercita le funzioni (comma
1), purché sia assicurata l’idoneità del mezzo tecnico. (Sez. 2,
n. 8031 del 09/02/2010, dep. 01/03/2010, Russo).
La
mancata individuazione, in sede normativa, dei mezzi tecnici idonei
ad assicurare la effettiva conoscenza dell’atto (cosiddetta norma
aperta) è evidentemente legata all’esigenza di non rendere
necessario il continuo aggiornamento legislativo degli strumenti
utilizzabili, né in qualche modo obbligatorio il loro utilizzo,
tenuto conto della evoluzione scientifica e dell’effettivo grado di
diffusione di nuovi mezzi tecnici di trasmissione.
D’altra
parte la individuazione della categoria dei difensori quali
“naturali” possibili destinatari o consegnatari delle
notificazioni o avvisi con l’uso di mezzi tecnici idonei è
evidentemente legata all’esigenza di tale categoria professionale
di farne uso, come avviene generalmente con il telefax, per lo
svolgimento della propria attività.
Peraltro,
va ribadito che nessun obbligo è imposto dalla legge circa la
utilizzazione di particolari mezzi tecnici, quali il telefax,
essendone possibile l’impiego solo allorché il destinatario della
notificazione ai sensi dell’art. 148, comma 2-bis,
cod. proc. pen. abbia comunicato all’autorità giudiziaria il
proprio numero di telefax o lo abbia comunque reso di pubblico
dominio.
A
proposito del telefax, di cui nel caso in esame ci si occupa, va
ancora osservato che si tratta di uno strumento tecnico che dà
assicurazioni in ordine alla ricezione dell’atto da parte del
destinatario, attestata dallo stesso apparecchio di trasmissione
mediante il cosiddetto <<OK>>
o
altro simbolo equivalente (v. Sez. 2, n. 24798 del 03/06/2010, dep.
01/07/2010, Stankovic, Rv 247727, secondo la quale per il
perfezionamento della notificazione non è richiesta la conferma da
parte del destinatario dell’avvenuta ricezione, essendo all’uopo
sufficiente il rapporto di positiva trasmissione).
La
ricezione inoltre avviene su supporto cartaceo di immediata
percezione. 4.
Dalla interpretazione dell’art. 148, comma 2-bis,
cod. proc. pen., quale disposizione di carattere generale in ordine
alle modalità di notificazione degli atti o degli avvisi che devono
essere ricevuti dai difensori, e dalla individuazione dei rapporti di
tale norma con l’art. 150 stesso codice, come meglio si preciserà
in seguito, deriva necessariamente che anche le notificazioni
effettuate nei confronti del difensore, nella qualità di
domiciliatario, a qualsiasi titolo, dell’imputato o indagato,
possono essere eseguite ai sensi della disposizione citata.
Tale
interpretazione trova un riscontro, difficilmente sormontabile,
nell’art. 157, comma 8-bis,
cod. proc. pen. aggiunto dall’art. 2, comma 1, d.l. 21 febbraio
2005 n. 17, recante <<Disposizioni
urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei
decreti di condanna>>,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005 n. 60.
L’articolo
citato, nel prevedere che le notificazioni all’imputato non
detenuto, successive alla prima, sono eseguite, in caso di nomina di
difensore di fiducia, mediante consegna ai difensori, stabilisce che
per <<le
modalità della notificazione si applicano anche le disposizioni
previste dall’art. 148, comma 2-bis>>.
Orbene,
il riferimento all’art. 148, comma 2-bis,
cod. proc. pen. non può essere inteso come espressione della volontà
del legislatore di escludere la possibilità di effettuare la
notificazione con mezzi tecnici idonei, eseguita presso il difensore
ma diretta all’assistito, in ogni altro caso diverso da quello
previsto dal comma 8-bis
dell’art.
157, ma piuttosto nel senso di chiarire che tale modalità di
notificazione è generalmente impiegabile per le notifiche successive
alla prima di cui sia destinatario l’imputato e consegnatario il
difensore.
Tale
appare chiaramente l’intento dell’emendamento al testo dell’art.
157 cod. proc. pen. in sede di conversione del decreto-legge n. 17
del 2005 (v. Commissione Giustizia della Camera in sede referente,
seduta del 2 marzo 2005, intervento dell’on. Kessler, Resoconto
stenografico, p. 29, e seduta dell’8 marzo 2005, intervento del
relatore on. Ghedini, Resoconto stenografico, p. 23).
Non
è privo di rilievo osservare che la disposizione introdotta
dall’art. 157, comma 8-bis,
cod. proc. pen. è stata già sottoposta al vaglio di legittimità
costituzionale, sia pure non con specifico riferimento alle modalità
di notificazione degli atti, e la Corte costituzionale ha affermato
la infondatezza della questione, in relazione agli art. 111, terzo
comma, e 24 della Costituzione, con sentenza n. 136 del 5 maggio
2008.
In
particolare la pronuncia ha evidenziato che la norma <<si
ispira all’esigenza di bilanciare il diritto di difesa degli
imputati e la speditezza del processo, semplificando le modalità
delle notifiche e contrastando eventuali comportamenti dilatori e
ostruzionistici>>.
La
Corte costituzionale ha altresì rilevato che il rapporto fiduciario,
che lega l’imputato al suo difensore implica <<l’insorgere
di un rapporto di continua e doverosa informazione da parte di
quest’ultimo nei confronti del suo cliente, che riguarda
ovviamente, in primo luogo, la comunicazione degli atti>>.
5.
Anche la citata pronuncia della Corte costituzionale, come in
precedenza la giurisprudenza di legittimità, sia pure con specifico
riferimento all’onere del difensore di assicurare la funzionalità
degli apparecchi di cui è dotato il proprio studio professionale
(Sez. U, n. 39414 del 30/10/2002, dep. 22/11/2002, Arrisoli, Rv
222553; Sez. 6, n. 34860 del 19/09/2002, dep. 17/10/2002, Fisheku, Rv
222578), ha posto in rilievo l’onere di diligenza a carico del
difensore che sia consegnatario delle notificazioni.
Tale
dovere di informazione da parte del difensore nei confronti del
proprio assistito, sia pure riferito in generale alla illustrazione
dei diritti e facoltà dell’imputato e degli atti che lo
riguardano, era stato già affermato dalla Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo con sentenza in data 18 ottobre 2006 nel procedimento
Hermi contro Italia (§§ 92-97) e ribadito nella successiva sentenza
in data 28 febbraio 2008 nel procedimento Demebukov contro Bulgaria
(§§ 50-57).
Peraltro,
come implicitamente affermato dalla citata pronuncia della Corte
costituzionale, l’ordinamento giuridico non può farsi carico
dell’eventuale disinteresse dell’imputato per il processo,
allorché questi sia stato adeguatamente avvisato, cosa che avviene
mediante la prima notificazione eseguita ai sensi dell’art. 157
cod. proc. pen. ovvero è dimostrata dalla intervenuta nomina di un
difensore di fiducia.
Sicché,
tenuto conto delle qualità professionali del difensore e degli
obblighi derivanti dal mandato fiduciario ricevuto ovvero per
disposizione di legge, nel caso di nomina di ufficio per l’imputato
che ne sia sprovvisto, non sussistono ragioni per valutare
diversamente la sua idoneità a rendere adeguatamente edotto
l’imputato della natura giuridica dell’atto di cui sia
destinatario, a seconda che egli sia consegnatario dello stesso ai
sensi dell’art. 157, comma 8-bis,
cod. proc. pen. ovvero quale domiciliatario nominato ai sensi
dell’art. 161 stesso codice, indipendentemente dalle modalità con
cui l’atto è stato notificato al consegnatario.
La
prima disposizione citata attribuisce, in ogni caso, al difensore la
facoltà di comunicare immediatamente all’autorità giudiziaria che
non intende accettare le notificazioni per conto del suo assistito ed
all’imputato di porre nel nulla gli effetti della norma,
provvedendo alla dichiarazione o elezione di domicilio (Sez. U, n.
19602 del 27/03/2008, dep. 15/5/2008, Micciullo, Rv 239396, che ha
dichiarato la nullità, in tal caso, della notifica eseguita ai sensi
dell’art. 157, comma 8-bis,
cod. proc. pen. presso il difensore di fiducia).
Non
risulterebbe, pertanto, comprensibile, in ipotesi di una diversa
interpretazione, la ratio
del
sistema processuale in materia di notificazioni che consenta la
notifica dell’atto di cui sia destinatario l’imputato presso il
difensore, non domiciliatario ed al di fuori delle ipotesi di
irreperibilità, latitanza o della inidoneità di altra elezione di
domicilio, mediante l’uso di mezzi tecnici idonei, ai sensi
dell’art. 148, comma 2-bis,
cod. proc. pen., mentre non lo consenta allorché l’imputato abbia
anche eletto domicilio presso il difensore. Ovviamente
ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riferimento alle
notificazioni da eseguirsi presso i difensori, ai sensi dell’art.
154, comma 4, cod. proc. pen., nei confronti delle altre parti del
processo.
6.
Quanto fin qui argomentato rende evidente che non esiste antinomia
tra la previsione contenuta nell’art. 150 cod. proc. pen., che
esclude l’utilizzabilità di mezzi tecnici per le notificazioni di
cui sia destinatario l’imputato, ed il sistema normativo così
delineato in materia di notificazioni di cui sia destinatario
l’imputato e consegnatario il suo difensore.
Dalla
lettura sistematica delle norme che disciplinano la materia, stante
il già rilevato carattere generale delle previsioni in materia di
organi e forme della notificazione contenuta nell’art. 148 cod.
proc. pen., la disposizione dell’art. 150, per il suo carattere di
specialità rispetto alle forme ordinarie di notificazione, tra le
quali rientrano quelle eseguite nei confronti dei difensori con l’uso
di mezzi tecnici idonei, deve essere riferita ad ogni altra ipotesi
in cui la notificazione debba essere eseguita direttamente nei
confronti dell’imputato o di un domicilatario diverso dal
difensore, non dotato delle conoscenze professionali che sono proprie
di quest’ultimo.
7.
Alla stregua delle considerazioni svolte, va enunciato il seguente
principio: <<La
notificazione di un atto di cui sia destinatario l’imputato o altra
parte privata, in ogni caso in cui esso possa o debba essere
consegnato al difensore, può essere eseguita con telefax o altri
mezzi idonei a norma dell’art. 148, comma 2-bis,
cod. proc. pen.>>.
Sicché,
nel caso in esame, la notificazione eseguita a mezzo telefax dinanzi
al Tribunale del riesame all’imputato presso il suo difensore è
regolare.
Il
ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.
P.Q.M.
Rigetta
il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così
deciso il 28 aprile 2011
Il
Componente estensore Il Presidente
Alfredo
Maria Lombardi Ernesto Lupo
Depositata
il 19 luglio 2011
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